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Destiny 2 – Bungie ha imparato la lezione? | Speciale

Fenomeno di massa, punto di riferimento per le nuove generazioni di videogiocatori, maestoso colosso nato dai creatori di Halo. Destiny, sin dal suo annuncio nel 2013 arrivato dopo quasi 3 anni di sviluppo, seppe catalizzare su di sé un livello di attenzione mediatica che difficilmente ha avuto precedenti nel mondo videoludico. Vuoi per la quantità esagerata di pubblicità che Activision ha deciso di destinare (scusate il gioco di parole) a Destiny, le cui stime parlano di circa 300 milioni di dollari per il marketing; vuoi per il concept fantascientifico, capace di regalare panorami mozzafiato e mondi affascinanti da esplorare non più in solitaria ma in compagnia di altri Guardiani; vuoi per la novità, quantomeno nel campo delle console. Un FPS ambientato in un mondo perennemente online e nel quale possiamo incontrare altri giocatori come noi, alla stregua di un MMO, nel quale inoltre il gioco di squadra risulta fondamentale. Fattori, questi, che hanno tutti contribuito a rendere Destiny già una pietra miliare di Activision, primo titolo di un piano a lungo termine che difficilmente non verrà rispettato visti i clamorosi introiti fino ad oggi.

Il biglietto da visita di Destiny 2, che verrà mostrato per la prima volta giovedì 18 maggio, non è certamente quello di un novellino ovviamente. La fanbase è cresciuta esponenzialmente dalla data di rilascio del primo capitolo, un gioco che, seppur mascherandolo molto bene, era un pericoloso recipiente di problemi. Molto pochi sono stati i pareri estremamente positivi da parte della stampa internazionale, inesistenti o quasi i punteggi che rasentano la perfezione. Pareri discordanti, come in tanti giochi, certo, ma l’esordio di Destiny non fu sicuramente facile, figlio di iniziative e decisioni in fase di sviluppo che hanno segato le gambe a quello che avrebbe potuto essere ricordato come una delle nuove IP più riuscite di sempre.

Come più volte abbiamo avuto modo di discutere anche qui su Uagna.it, le certezze e i valori di Destiny sono stati tanti. Allo stesso modo, però, i difetti hanno condizionato molto di ciò che è risultato essere il gioco nella sua forma conclusiva. Dopo il debutto a settembre 2014 su PS4, Xbox One, PS3 e Xbox 360, con queste ultime console che hanno inevitabilmente limitato il livello tecnico del gioco come del resto avvenuto per tante altre produzioni, nel giro di circa un mese il gioco era già in grado di mostrare i suoi evidenti limiti. Una splendida mitologia mal utilizzata attraverso una storia poco ispirata pur concentrandosi sulla razza forse più enigmatica della galassia, i Vex. Poca, pochissima narrazione, ancora meno le cutscene e i risvolti ai quali assistere: un viaggio attraverso i vari pianeti, scoperte qua e là con l’ausilio del Viaggiatore e dello Spettro, e tutto si conclude nel Giardino Nero nell’indifferenza generale. Tanta lore, certo, su questo non ci piove. Ma non a tutti va a genio dover andare a spulciare il Grimorio per conoscere qualcosa di più sui vari Crota e compagnia.

Il titolo di Bungie cercava di recuperare sul fronte di un ampio ma non abbastanza PvE, e di un PvP ricco di fin troppi glitch e trucchetti che ancora oggi risultano un problema di difficile risoluzione per gli sviluppatori. Loot poco generoso e lasciato alla frustrante randomizzazione più totale (non so se mi spiego, 6 mesi per ottenere il Gjallarhorn… 6 mesi), ripetitività alle stelle (ma in effetti il cuore di un MMO è anche questo, nel bene e nel male), e pecche sul fronte della varietà, davvero limitata. E mentre alcuni utenti decantavano già entusiasti la grandezza di Destiny, la critica e un’altra abbondante fetta del pubblico si lanciavano in oggettivi dibattiti di coraggiosa denuncia su ciò che non andava nel gioco, a costo di andare anche contro la più pericolosa categoria di videogiocatori: i fan. Che dire, a quanto pare i dubbiosi, gruppo al quale anche io appartenevo, non avevano tutti i torti. Bungie ha ampliato, con DLC ed eventi vari, il suo universo, rendendolo più vivo e via via più vario, novità che sono state però pagate a caro prezzo dagli utenti. Tralasciando espansioni dimenticabili come Il Casato dei Lupi  (e mettiamoci pure L’oscurità dal profondo, della quale si salva solo la splendida Incursione), gli Anni 2 e 3 con Oryx prima e i Tecnosimbionti dopo hanno finito col cambiare in meglio le fondamenta del gioco, chiaro segno di un avvicendamento in cabina di regia in corsa.

Più personalizzazione, più attività che si accumulavano col tempo (e coi soldi), più ambientazioni. Questo comprendeva mappe multiplayer, assalti, nuove porzioni di storia. Eppure più passava il tempo, più Bungie sembrava dimenticarsi di tutte quelle componenti che hanno aiutato a rendere grande e riconosciuto Destiny, come la Volta di Vetro e il suo leader Atheon. Sedotti e abbandonati, è forse così che si sono sentiti gli utenti dopo che, con l’arrivo de Il re dei Corrotti, si sono visti di fatto privare di una delle attività più apprezzate del gioco per l’oggettiva inutilità pratica delle sue vecchie ricompense, tralasciando l’aspetto puramente completista di chi voleva ottenere tutte le armi possibili. Una dura critica alla quale Bungie solo recentemente ha saputo rispondere, con Era di Trionfo, ma anche qui occorre aprire una parentesi: perché così tardi? Il pubblico è rimasto generalmente sorpreso negativamente dalla gestione di Anno 2, periodo che ha visto il solo aggiornamento su Oryx e alcuni brevissimi eventi successivi come la Sparrow League, del tutto ininfluenti per il titolo e che hanno avuto il solo merito di spezzare per qualche giorno una monotonia divenuta eccessiva. Con l’anno successivo, le cose sono cambiate ancor più per il meglio, e anzi un giocatore che si dovesse approcciare oggi a Destiny acquistando una edizione completa si ritroverebbe davanti ad un titolo davvero gigantesco, da apprezzare dall’inizio alla fine.

È da qui che Bungie deve riuscire a ripartire. La nuova storyline, che vede i Guardiani costretti a combattere l’Impero Cabal che è riuscito a prendere possesso della Cittadella e della Torre, riserverà sicuramente qualche sorpresa, e la sceneggiatura in mano agli stessi responsabili de Il re dei Corrotti fa ben sperare. Allo stesso modo il game design è stato affidato allo stesso team di Anno 2, la rivoluzione più importante è significativa nella storia di Destiny, che tra pochi mesi raggiungerà i 3 anni di onorato servizio tra alti e bassi. L’importante è però,  per il bene dei videogiocatori, non ripetere di nuovo gli stessi errori. Attività aggiornate a intervalli regolari, rivisitazione significativa di Assalti e Incursioni anche dopo l’uscita di nuovi DLC (è probabile che pure Destiny 2 durerà altri circa 3 anni), e una maggiore attenzione in generale a quelli che sono i bisogni di una comunità sempre più esigente. Dobbiamo ammetterlo, la fiducia in Bungie non è allo stesso livello del primo capitolo, ovviamente per i vari inconvenienti riscontrati al lancio ma sistemati con i mesi. Ma ciò non ci impedisce di sognare un Destiny 2 ancora più grande, fantascientifico, ispirato ed avventuroso, pronto ad accogliere nuovi plotoni di Guardiani in grado di aiutare la causa.

Bungie avrà imparato la lezione? È molto probabile, e la naturale evoluzione che Destiny ha subito negli ultimi 2 anni è la diretta conseguenza dei tanti feedback e critiche giunti dal pubblico. Per saperne di più, però, dobbiamo forzatamente attendere il prossimo 18 maggio, quando avremo anche un assaggio della versione PC del gioco. La serie, inoltre, abbandonerà ufficialmente le console old gen. Per questo motivo, e per molti altri, auspichiamo anche un upgrade grafico di buon livello.

Scritto da
Andrea "Geo" Peroni

Entra a contatto con uno strano oggetto chiamato "videogioco" alla tenera età di 5 anni, e da lì in poi la sua mente sarà focalizzata per sempre sul mondo videoludico. Fan sfegatato della serie Kingdom Hearts e della Marvel Comics, che mi divertono fin da bambino. Cacciatore di Trofei DOP.

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