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[Recensione] Fallout 76 – Il Fallout che non ti aspetti (ma è davvero un Fallout?)

A poco più di una settimana dalla nostra anteprima di Fallout 76, abbiamo avuto modo finalmente di mettere mano sulla versione completa e ufficiale del nuovo survival post-apocalittico di Bethesda, che in questi giorni sta facendo chiacchierare i videogiocatori in modo piuttosto acceso.

Più che chiacchiere, sembrano essere lamentele quelle provenienti dall’utenza. Molti di voi avranno sicuramente letto della pioggia di voti negativi su Metacritic per questo nuovo Fallout: noi in ogni caso non ci siamo lasciati influenzare da questi numeri (perché pur sempre di numeri si parla) e abbiamo giocato Fallout 76 privi di ogni pregiudizio.

Anticipiamo che la nostra opinione rispetto all’anteprima non può essere cambiata di molto, perché già la B.E.T.A. conteneva il gioco completo e rispecchiava quindi il 99% del titolo disponibile dal debutto ufficiale. Questa recensione verrà accompagnata da altri articoli successivi, a creare una sorta di “recensione per tappe” che seguirà qualsiasi nuovo sviluppo di Fallout 76 (il gioco riceverà espansioni, eventi e DLC gratuiti).

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Alla scoperta della rigogliosa e colorata Appalachia

Come già accennato nell’anteprima, Fallout 76 propone una trama che funge da prequel di qualsiasi altro Fallout finora uscito. Narrativamente il gioco comincia con la creazione del proprio personaggio. Se già nell’anteprima vi avevamo detto che il sistema di creazione del volto del proprio protagonista è del tutto identica al precedente capitolo, riconfermiamo questa sentenza: Bethesda ha letteralmente riciclato l’editor da Fallout 4 (e in larga parte anche da Skyrim) riproponendolo in blocco in questo nuovo capitolo.

Al di fuori del Vault ci ritroviamo in un mondo, l’Appalachia, che dobbiamo ammettere ci ha sorpreso visivamente. La mappa è davvero grande, e soprattutto propone paesaggi piuttosto variegati e talvolta bellissimi da vedere. Le tonalità sono di certo molto più accese rispetto a Fallout 4, e propongono un mondo colorato su tinte primaverili e autunnali. Non mancano le classiche location fortemente apocalittiche, dove l’ambientazione torna ai fasti dei precedenti Fallout.

Una volta scoperti alcuni luoghi è possibile compiere il viaggio rapido (come vi abbiamo spiegato nel dettaglio in questa guida). Le varie quest vengono proposte tramite gli iconici segnalini tipicamente utilizzati da Bethesda, rivisitati per grafica e funzionalità, che permettono di raggiungere e trovare facilmente i punti dove si svolgono le missioni. Ad oggi non ci è capitato di incappare in problematiche relative a questo, come accadeva invece in Fallout 4.

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Una trama che getta le fondamenta, senza costruirne la struttura

Una volta creato il PG, l’avventura comincia a tutti gli effetti dopo l’uscita dal Vault, e ovviamente dopo aver ricevuto le prime indicazioni su come muoversi, interagire con il mondo e così via. Fuori dal Vault prende il via il nostro pellegrinaggio nel colorato mondo dell’Appalachia. Non abbiamo usato il termine “pellegrinaggio” a caso, ma riteniamo sia l’espressione più ideale per rappresentare lo svolgimento della storia. Fallout 76 ci è sembrato un banale susseguirsi di missioni piuttosto piatte: il giocatore viene continuamente rimbalzato da un punto all’altro della mappa, senza ispirare alcun vero interesse nello svolgere tali missioni. Cosa si deve fare in sostanza? Raccogliere oggetti, svolgere compiti irrisori come analizzare l’acqua o rinvenire il corpo di uno sconosciuto esploratore morto in guerra, leggere database da terminali e poco altro. L’essenza delle missioni è quasi tutta qui.

Riconfermiamo oltretutto la stessa pessima sensazione avuta dalla B.E.T.A.: la totale assenza di NPC appiattisce definitivamente la narrazione, togliendo tutto il pathos emozionale che solo una storia raccontata da persona a persona riuscirebbe a garantire. Il difetto è amplificato, come già detto, dal fatto che tutta la storia è raccontata su olonastri, foglietti, lettere e terminali informatici sparsi in giro per le strutture.

Nonostante la lore sia complessivamente ricchissima di dettagli e di piccole “storie nella storia” da sviscerare a più non posso, talvolta risulta davvero noioso dover ascoltare olonastri di cinque minuti in sottofondo, oppure leggere lettere su lettere che poco si addicono ai filoni narrativi che i giocatori hanno potuto vivere nei precedenti capitoli di Fallout. Detto in estrema sintesi, non c’è possibilità di amare/odiare alcun personaggio, perché non ne esistono, dal momento che esistono solo “per sentito dire” o comunque tramite lunghissime registrazioni vocali. Questo secondo noi è il difetto più grande per quanto riguarda la trama, tuttavia ci sono alcune riflessioni da fare: ve le proponiamo tra qualche paragrafo.

Questo gioco l’ho già visto, da qualche parte…

Altro punto già esplicato nell’anteprima, e che ora riconfermiamo. Il gameplay è precisamente identico a Fallout 4, trascinando con sé tutti i pregi e soprattutto i (molti) difetti di cui soffrivano già i Fallout precedenti. Non è cambiato praticamente nulla: proprio come l’editor del proprio personaggio, Bethesda ha riciclato in blocco l’intera struttura di gameplay, proponendo di fatto una sorta di “Fallout 4 multiplayer”.

Se già le missioni risultano noiose e piatte sul piano della narrazione, a peggiorare tutto il clima di noia e piattezza ci pensa proprio lo stesso gameplay, che si rivela un’arma a doppio taglio. Non si fa altro che passare di abitazione in abitazione, di villaggio in villaggio alla ricerca di loot e nemici da sconfiggere, trasformando il tutto in un grande sandbox paragonabile ai tanti “cloni” survival presenti in rete. La differenza è che, essendo praticamente identico a Fallout 4, tolta la trama si ha la sensazione di rigiocare per l’ennesima volta allo stesso titolo, con le stesse modalità e le stesse cose da fare.

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Fino ad oggi gli eventi a tempo e la possibilità di costruire ovunque (il C.A.M.P.) non sono serviti a salvare la situazione. Gli eventi a tempo non aggiungono nulla di così clamoroso da meritare di essere giocati (anzi, talvolta alcuni nemici si incastrano dentro oggetti della mappa e la missione resta aperta finché non li si trova), così come il sistema C.A.M.P. non trova praticamente mai motivo di essere sfruttato. Apprezziamo la creatività che il sistema concede, ma il tutto è male inserito nel contesto, risultando di fatto un’aggiunta effimera.

Oltretutto non riusciamo a capire il lieve ritardo nell’arrecare danni ai nemici quando si attacca. Per chiarire, vi assicuriamo che quando si spara ad un nemico la vita scende dopo una manciata di millisecondi, un fattore che crea sicuramente fastidio in quanto abbatte ulteriormente la credibilità del gioco.

C’è una goccia che fa traboccare il vaso: dal web è emerso che il frame-rate incide sulla velocità delle animazioni del giocatore. E’ imbarazzante, se si pensa che su PC basta smanettare sul file .ini per sbloccare il frame-rate e abilitare in questo modo una sorta di speedhack (chi su console ha migliori connessioni risulta avantaggiato rispetto agli altri).

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L’ombra del Far West oscura i cieli dell’Appalachia

A sferzare il colpo definitivo ci pensa il comparto tecnico, anch’esso ripreso al 99,9% da Fallout 4 e riproposto in Fallout 76 con praticamente zero migliorie. L’unica differenza che abbiamo notato è un leggero effetto foschia in distanza e qualche animazione diversa, per il resto sotto il profilo grafico e fisico ci troviamo dinanzi ad un clone perfetto del precedente capitolo.

Il Creation Engine ormai ha sparato tutte le cartucce a sua disposizione, finendo per diventare a dir poco fuori luogo rispetto alla concorrenza sull’attuale generazione. Vi dice qualcosa Red Dead Redemption 2? E’ indubbio che Fallout 76 abbia ampiamente risentito del debutto sul mercato avvenuto dopo l’ultima fatica di Rockstar Games. Passare da Red Dead Redemption 2, o da molti altri titoli tecnicamente dieci spanne superiori (Horizon: Zero Dawn, per restare nel post-apocalisse) a Fallout 76 fa riflettere sull’effettiva necessità di questo gioco. Forse Bethesda avrebbe potuto risparmiare il denaro investito in questo titolo e concentrare tutta l’attenzione sul prossimo Fallout next-gen.

Non ci soffermiamo nemmeno sui bug, glitch e crash totalmente casuali dei server che emergono ogni giorno dal Web e in cui noi stessi siamo incappati, più di una volta. Bethesda ha promesso di supportare Fallout 76 a lunghissimo termine, dunque almeno sotto questo aspetto siamo fiduciosi che si riesca a sistemare la maggior parte delle magagne tecniche. Resta solo da dire che un gioco così, purtroppo, risulta improponibile nel 2018, a due anni (o forse anche meno) dall’uscita della nuova generazione di console.

Una riflessione conclusiva: cosa rappresenta Fallout 76?

Riprendiamo, in queste righe conclusive, il messaggio che vi avevamo lanciato alla fine del paragrafo inerente alla trama. Prima di dare una sentenza definitiva su Fallout 76 ci siamo posti in particolare un paio di domande: cosa rappresenta Fallout 76 per il mercato odierno? Ma soprattutto, qual è l’approccio giusto per avvicinarsi a questo capitolo?

Non abbiamo usato la parola “capitolo” a caso nel corso di questa recensione e nella precedente riga, ma per creare una sorta di paradosso e sottolineare l’aspetto più importante di tutti. Fallout 76, a nostro modo di vedere, non va considerato come un nuovo capitolo della saga. Va preso piuttosto per quello che è: un sandbox qualsiasi, oltretutto mal realizzato e vuoto sotto ogni aspetto, che affida sé stesso al brand di Fallout (e in particolare a Fallout 4) per gettarsi nella mischia dei survival online. Fallendo, chiaramente, perché il divertimento della vera sopravvivenza non lo si sperimenta mai. Paragonato a qualsiasi MMORPG offre davvero poco di più: siamo abituati a vedere giochi di ruolo online free-to-play con trame banalissime e secondarie rispetto all’esperienza, e Fallout 76 se non altro riesce nell’intento di proporre qualcosina di migliore, senza comunque incidere.

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In singolo il gioco è noioso come pochi, almeno allo stato attuale delle cose. L’intento di Bethesda era quello di coniugare il multiplayer ad una storia percorribile anche da soli. Peccato che non conceda praticamente mai l’occasione di riflettere sulle proprie azioni, sul compimento di una determinata quest, perché tutto consiste solamente nel perenne completamento di incarichi elementari e compiti ridotti all’osso.

Le cose cambiano (leggermente) in cooperativa, risultando molto più piacevole con un incentivo a collaborare per compiere determinate quest o per sconfiggere nemici potenti. In tutto questo l’unica cosa divertente è proprio l’interazione con i propri amici, spostando così l’attenzione su altri desideri: costruire la base più bella, sconfiggere un nemico ostico, fare rissa a suon di fucilate con altri giocatori e poco altro.

Fallout 76 è un bizzarro incrocio tra un sandbox, un battle royale (dominato da un PvP che funziona solo se ci si accorda, perché non si possono subire danni finché non si risponde al fuoco e comunque i giocatori sono sempre visibili sulla mappa) e un survival basato sul crafting. In poche parole è tutto ciò che offre il mercato dei grandi numeri (di oggi e degli anni scorsi) gettato in un calderone senza un preciso ordine.

Videogioco da evitare

PUNTI DI FORZA

  • L’Appalachia è un mondo interessante e variegato da esplorare
  • In cooperativa propone qualcosa di più succoso
  • E’ un progetto a lungo termine, dunque c’è tempo per mangiarsi molte delle parole spese
  • C’è una trama, e c’è una lore piuttosto complessa…

PUNTI DEBOLI

  • …peccato che la trama sia vuota, emotivamente inesistente a differenza degli altri Fallout: difetto amplificato dall’assenza di NPC
  • Gameplay trito e ritrito, riportato di peso da Fallout 4 pressoché senza variazioni
  • Missioni banali e incapaci di coinvolgere
  • Tecnicamente improponibile nel mercato odierno
  • Per poterlo apprezzare al meglio, non va considerato come un autentico Fallout

Chi scrive questa recensione è un appassionato di Fallout e ha sviscerato ogni singolo aspetto dei precedenti titoli della saga. Con estrema franchezza, devo ammettere che mi piange il cuore dover sconsigliare Fallout 76 al pubblico: ho fortemente creduto in questo progetto sin dall’annuncio, emozionandomi durante la conferenza di Bethesda all’E3 e seguendo tutto il percorso di comunicazione istituzionale svolto da Bethesda nel corso dei mesi.

E’ innegabile però che attualmente Fallout 76 soffre di una totale mancanza di personalità. Non è né carne né pesce: non propone nulla di effettivamente nuovo rispetto a Fallout 4, se non la possibilità di interagire con giocatori reali, che risulta utile solo nella misura di un divertimento “casinista” e nel completamento di missioni difficili. La trama sul piano emotivo non esiste, e viaggia sopra un triste binario di missioni senza alcun motivo di emozione, di volontà di portarle a termine, senza empatia e amore/odio verso il cammino che si percorre.

Non esiste coinvolgimento: ma allora, ci chiediamo, può chiamarsi Fallout un Fallout che non coinvolge? Non è tutto da buttare ovviamente: come già detto, Bethesda ha promesso un supporto costante e continuativo al gioco, introducendo nuovi Vault e nuove storie da portare a termine.

Il suggerimento che possiamo dare alla casa produttrice è di scrivere da zero nuove trame, inserendo se possibile NPC e cercando di configurare narrazioni in grado di dare il pathos che Fallout è riuscito a darci nel corso degli anni. Per il resto, per ora meglio guardare altrove, sia se si cerca un titolo a tema post-apocalittico, sia se si vuole provare qualche titolo multiplayer.

Scritto da
Alberto Baldiotti

Studente universitario e gamer nel tempo libero, la sua passione videoludica non ha confini. Questa passione nasce a 4 anni, quando si ritrova a giocare Doom II su un vecchio computer acquistato dal padre. Appassionato di giochi open-world e GDR, le sue pietre miliari sono le serie di Grand Theft Auto, Fallout e The Elder Scrolls. A fianco di ciò, la tecnologia e lo sport giocano un ruolo fondamentale nei suoi interessi, ed adora restare informato sulle ultime novità nei rispettivi settori.

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