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Barbie è davvero da Oscar?

Barbie è stato il fenomeno cinematografico dell’estate, insieme a Oppenheimer? Sì, senza dubbio sì. Ma quanto può davvero ambire agli Oscar il film diretto da Greta Gerwig? Davvero l’Academy si farà abbindolare solo dagli incassi, o la pellicola ha davvero le carte in tavola per sperare in un posto al tavolo dei grandi?

L’arrivo di Barbie in home video (ringraziamo Warner Bros. Italia che ci ha inviato una copia Blu Ray 4K del film per questo speciale), e con nuovi grandi concorrenti appena arrivati o in arrivo quali Killers of the Flower Moon e Napoleon, si è riacceso il dibattito su quanto sia effettivamente rimasto del film con Margot Robbie e Ryan Gosling dopo un’intera stagione trascorsa dalla sua release.

Perché se da un lato è vero che la pellicola è il film che oggi ha incassato di più nel 2023 (e molto probabilmente lo sarà anche a fine anno, vista l’assenza di concorrenti di peso in questa stagione autunnale), dall’altra si tratta di un prodotto che ha polarizzato molte opinioni.

E ciò, a ben vedere, era chiaro sin dalle prime impressioni e reazioni. Un filmetto, diceva qualcuno. Una pellicola geniale con un grande messaggio, dicevano altri. È probabile che la solita verità stia nel solito mezzo, ma i meriti di Barbie sono molteplici.

L’aver, ad esempio, riportato finalmente il pubblico in sala dopo una vagonata di cinecomic che hanno cannibalizzato gli incassi – la Marvel passa un momento non felice a causa degli strascichi della gestione Chapek, mentre la DC sta collezionando un flop dietro l’altro da tempo. Ma anche la sfida a Oppenheimer, e la rivalsa contro il patriarcato ancora fortemente radicato nella cultura americana – e nei suoi maledetti cavalli.

L’estetica femminista di Barbie, in effetti, potrebbe renderlo la scelta preferita da parte di una buona fetta di mmebri dell’Academy, che negli ultimi anni hanno preferito pellicole dai toni più leggeri per il grande riconoscimento finale. Insomma, se Oppenheimer sembra già vicinissimo gli Oscar 2024 con numerosi premi tecnici (forse non la scenografia, che potrebbe andare proprio alla coloratissima Barbieland del film di Gerwig) e individuali (alcuni danno già per scontato il premio per il Miglior Attore Non Protagonista a Robert Downey Jr, che nel film di Nolan ha interpretato Strauss), Barbie potrebbe clamorosamente puntare al più grande dei riconoscimenti, per una serie di fattori.

Se si pensa a The Irishman, Il potere del cane e The Fabelmans, guardando solo ai casi più recenti, è chiaro che l’Academy abbia cambiato il suo modo di pensare e agire di fronte al cinema, specie di fronte a quello di puro intrattenimento. Gli Oscar ai due Black Panther della Marvel ne sono la dimostrazione: i fenomeni, specie quelli culturali, non possono più essere ignorati dall’ambito dei premi. E dunque anche Barbie diventa un legittimo pretendente per la statuetta che porta direttamente all’Olimpo del cinema.

Ma è solo un caso? È solo femminismo, o politicamente corretto? Sarebbe ingiusto ridurre il successo di Barbie solo a questo. Le prove attoriali di Robbie e Gosling sono solide, l’immaginario costruito all’interno del film è affascinante e sognante, e la dissonanza tra finzione e realtà è stata messa in scena con trovate interessanti che mischiano comicità e riflessione.

L’intero impianto del film, spesso contornato da una follia di fondo che deve essere presente (diamine, è pur sempre l’adattamento cinematografico di un giocattolo della Mattel!), non lascia scampo a divagazioni e frammentazioni, pur presentando una struttura semplice ma efficace. Non è un biopic thriller-politico  la Oppenheimer, no. Non vuole esserlo. Ma non tutti i film devono esserlo. E anche un film nel quale Ryan Gosling canta “I’m just Ken” può dire la sua.

Insomma, mentre lo sciopero degli attori prosegue, e per questo la corsa agli Oscar di Warner Bros. potrebbe essere funestata dall’assenza delle sue star in prima linea, Barbie arriva anche nelle case di chi non si è potuto recare in sala a suo tempo, permettendo così di far capire le sue reali potenzialità. Che ci sono, sì. E si possono scorgere, sì. A patto di non partire con dannosi preconcetti che offuscano la vista e i pensieri. Proprio come in quel di Barbieland, dove solo la crisi di una donna di mezza età è riuscita a risvegliare dal torpore un gruppo di giovani donzelle intrappolate dal potere maschile. E dai loro cavalli.

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Scritto da
Andrea "Geo" Peroni

Entra a contatto con uno strano oggetto chiamato "videogioco" alla tenera età di 5 anni, e da lì in poi la sua mente sarà focalizzata per sempre sul mondo videoludico. Fan sfegatato della serie Kingdom Hearts e della Marvel Comics, che mi divertono fin da bambino. Cacciatore di Trofei DOP.

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