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Il Regno del Pianeta delle Scimmie e l’eredità che lasciamo | Recensione

Dopo un processo produttivo a dir poco travagliato, che ha superato enormi ostacoli come l’acquisizione della Fox da parte di Disney nel 2019 e la pandemia iniziata l’anno successivo, finalmente è nelle sale Il Regno del Pianeta delle Scimmie diretto da Wes Ball (già regista della saga distopica Maze Runner).

Il film si pone come nuovo capitolo della saga del Pianeta delle Scimmie, nata nel 1968 dall’adattamento del romanzo fantascientifico di Pierre Boulle, fermatasi nel 1973 con Anno 2670 – Ultimo atto, per poi venire rilanciata quasi quarant’anni dopo dalla trilogia di Wyatt e Reeves che racconta le origini di questo futuro distopico raccontato nei film precedenti. Questo senza contare le due serie tv degli anni 70 (una live action e una animata), ed il fallimentare remake dell’originale diretto da Tim Burton nel 2001.

Se con The War – Il pianeta delle Scimmie veniva conclusa la saga di Cesare, Il Regno del Pianeta delle Scimmie si pone da apripista per una nuova trilogia, ambientandosi molte generazioni dopo il film del 2017 e presentandoci un nuovo protagonista: Noa.

Il personaggio di Noa riesce a distanziarsi fortemente da quello di Cesare, mantenendo un carattere più passivo (per adesso) rispetto al suo predecessore. La giovane scimmia interpretata da Owen Teague, infatti, la vediamo per gran parte del film intenta ad apprendere ed acquisire le conoscenze e caratteristiche dei differenti contesti in cui si trova. Rendendo così il protagonista un po’ meno incisivo di quello interpretato da Andy Serkins, ma efficacemente diverso, facilmente mutabile e adattabile, e soprattutto un buon punto di partenza per interessanti sviluppi futuri.

Mentre la trilogia di Wyatt e Reeves (soprattutto per quanto riguarda il capitolo centrale), si distingueva per la profondità con cui veniva trattato il conflitto filosofico alla base di questa complicata co-esistenza tra gli esseri umani in declino e l’ascesa di una nuova specie dominante, questo “nuovo inizio” pare concentrarsi maggiormente sul world-building, cercando di creare un universo di clan e personaggi più variato rispetto ai film precedenti.

Oltre al novellino Noa, possiamo trovare Raka, portavoce di ciò che è stata la complessa e quasi sfumata eredità di Cesare. Mentre l’ottimo villain, Proximus Caesar (anche se appare molto meno di quello che ci si potrebbe aspettare), rispecchia come questa eredità storica possa venire corrotta semplicemente decifrandola secondo i propri obiettivi e secondi fini. Mentre gli amici che circondano Noa appaiono come abbastanza piatti e dimenticabili.

Ma il world-building tanto voluto dalla regia di Wes Ball viene efficacemente ottenuto soprattutto grazie al comparto tecnico della pellicola. Le scenografie riescono a caratterizzare ogni singolo luogo in cui il nostro protagonista si trova, mentre il realismo raggiunto dagli effetti speciali di Weta FX (compagnia responsabile degli effetti speciali dei precedenti capitoli e di film come Avatar, Avengers e il Signore degli Anelli) non smette mai di stupire.

Nulla togliere al talento che Wes Ball dimostra per quanto riguarda le scene di azione (ma soprattutto di distruzione) quasi se non completamente in CGI. Un’abilità che aveva già dimostrato di avere nel 2011, quando fece uscire il suo cortometraggio animato “Ruin”, che lo fece diventare noto nel settore e gli offrì la possibilità di dirigere il suo primo film tre anni dopo. La sua capacità nel sottolineare la tragicità delle scene di distruzione orchestrando grandi piani sequenza, è messa in piena luce all’interno del film grazie a due scene quasi parallele una iniziale in cui il fuoco è il protagonista, e una più verso il finale in cui l’acqua riempie quasi completamente lo schermo.

Il film cerca di riaprire il dibattito presente nei film precedenti, cercando di aggiungere nuove implicazioni e punti di vista, sfortunatamente perdendo la profondità che continua a fare di Apes Revolution – Il pianeta delle scimmie il mio personale film preferito della saga. Se il film del ’68 riusciva a rappresentare la disillusione dell’uomo davanti alla realizzazione della sua piccolezza e vacuità in universo e soprattutto in un tempo infinitamente più grande di lui, la saga reboot di Wyatt e Reeves poneva come centrale la ricerca di ciò che rende unica e caratteristica l’evoluzione umana rispetto a quella degli altri animali.

Andando a toccare temi come l’abilità comunicativa ed empatica, la necessità di cooperazione sociale e i più svariati aspetti del complesso di superiorità tipico della nostra specie (specchiato anche dalle scimmie stesse). Sempre utilizzando la società di scimmie intelligenti come specchio dell’essere umano, questo capitolo sembra chiedersi in che modo noi come specie tendiamo a farci influenzare dal passato e soprattutto dall’eredità che le vecchie generazioni ci lasciano. Possiamo lasciarci ossessionare da ciò che è stato il passato, come Proximus Caesar, andando distorcendone l’eredità, estremizzando il pensiero e scappando velocemente verso quello che pensiamo essere il progresso. Oppure possiamo cercare di comprenderlo, ragionando e traendo ispirazione per puntare a migliorare la convivenza con ciò che ci circonda.

Il film lascia intendere l’esistenza di possibili seguiti (senza però dimenticarsi di concludere la storia centrale al suo interno) e lo fa grazie a un finale che incuriosisce e non poco. Questo pianeta delle scimmie cambia lentamente, matura e inizia a diventare pian piano sempre più simile a quello mostratoci nell’originale di Franklin J. Schaffner (che consiglio di recuperare ora che è su Disney+). Ed è proprio questo processo di lento avvicinamento all’originale che rende la saga avviata dal reboot del 2011 così interessante. Francamente non vedo l’ora di scoprire dove i prossimi capitoli ci possano portare.

4
Review Overview
Riassunto

Pur essendo passati 7 anni dall’ultimo capitolo e pur avendo cambiato il regista, il film riesce a non deludere le aspettative. Porta in tavola un nuovo protagonista e presenta un mondo di cui sarà interessante vedere gli sviluppi futuri. Non riesce sempre a raggiungere la profondità dei film di Reeves, ma riesce comunque ad avere una propria identità.

Pro
Il naturalismo raggiunto dagli effetti visivi è fenomenale e questo viene amplificato ancor di più dalla visione in una sala cinematografica. Wes Ball riesce a dimostrare il suo talento soprattutto nelle scene di azione e di distruzione (ma anche nelle scene di tensione non scherza mica). Le aggiunte di world-building che questo capitolo riesce a portare in questa bellissima saga cinematografica.
Contro
Certi personaggi che appaiono abbastanza piatti e dimenticabili.
  • Voto complessivo4

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