L’industria videoludica è oggi dominata da studi occidentali e giapponesi, ma le due realtà vivono momenti molto diversi. Negli Stati Uniti e in Europa, giganti come Xbox e Ubisoft hanno affrontato negli ultimi mesi ondate di licenziamenti, colpendo migliaia di sviluppatori. In Giappone, invece, fenomeni simili risultano molto meno frequenti.
Secondo Hideki Kamiya, storico creatore di Devil May Cry e tra i protagonisti di franchise come Bayonetta e Scalebound, la differenza risiede soprattutto nella mentalità. In un’intervista a VGC, Kamiya ha spiegato che gli editori giapponesi tendono a mostrare maggiore comprensione verso i processi creativi e sono più disposti a concedere tempo agli sviluppatori.
Le aziende giapponesi sanno che dare vita a qualcosa di nuovo è sempre una sfida.
A suo avviso, mentre in Occidente gli studi preferiscono rifugiarsi in formule consolidate, i team giapponesi dimostrano una maggiore apertura all’innovazione e alla sperimentazione. Una filosofia che, secondo Kamiya, avrebbe potuto influenzare anche il travagliato percorso di Scalebound, pur senza necessariamente cambiarne il destino.
Il successo di realtà come Capcom, oggi in uno dei momenti più floridi della propria storia, testimonia il peso di questo approccio creativo, in netto contrasto con le difficoltà che stanno vivendo alcune aziende occidentali.
Guardando al futuro, lo scenario si fa ancora più complesso: studi emergenti di Corea e Cina si stanno affacciando con forza sulla scena internazionale, portando con sé visioni e filosofie in grado di arricchire ulteriormente il panorama globale del gaming.
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