Home Videogiochi News L’assurda storia di Agent: dipendenti di Rockstar Games interrogati e arrestati in Egitto durante lo sviluppo

L’assurda storia di Agent: dipendenti di Rockstar Games interrogati e arrestati in Egitto durante lo sviluppo

Ricordate Agent, la famosa esclusiva PS3 sviluppata da Rockstar Games e poi scomparsa nel nulla dopo anni di rumor, produzione, sviluppo, retroscena e rinnovi di dominio che sembravano dare un briciolo di speranza ai giocatori? La sua storia è davvero particolare, per non dire angosciante, e da una recentissima intervista sono emersi dettagli che ci fanno capire per quale motivo il gioco si sia completamente arenato a un certo punto.

L’ultima volta che ne abbiamo parlato sulle nostre pagine è stato poco più di due anni fa, quando Rockstar Games, che aveva rinnovato il marchio l’ultima volta nel 2015, affermò di aver ufficialmente gettato la spugna: Agent non sarà mai completato e non vedrà mai la luce del giorno.

Ma perché lo sviluppo di Agent non è mai stato ultimato? Negli anni ci siamo posti più volte il quesito, pensando infine che la motivazione dietro a questa scelta comunque particolare di Rockstar Games (molto, molto raramente Rockstar annuncia un gioco che poi cancella) fosse la mole di impegno derivata dalla creazione di GTA V prima e Red Dead Redemption II poi, che hanno richiesto una grossa forza lavoro. Pensiamo poi che GTA 5, ad esempio, è pronto a compiere un nuovo balzo cross-generazionale su PS5 e Xbox Series X|S nel 2021.

In realtà, il perché è ben diverso da quello che abbiamo pensato fino a oggi.

Game Informer ha avuto una lunghissima chiacchierata con Luis Gigliotti, project lead di Rockstar San Diego, e Joe Sanabria, senior environment artist, e la conversazione si è spostata a sorpresa anche su Agent. Un gioco di Rockstar Games è del resto sempre molto atteso, e il non aver mai avuto notizie certe su questo titolo e sulla sua scomparsa è uno dei misteri che affascinano la community da anni.

Con gran sorpresa, anche da parte nostra, i due si sono lasciati andare e hanno diffuso alcuni decisamente inquietanti retroscena sullo sviluppo di Agent.

Il gioco, che era stato presentato come un particolare titolo di spionaggio, avrebbe avuto come focus principale la città di Washington DC, dalla quale però poi il giocatore sarebbe stato in grado di spostarsi in varie aree del mondo. Una di queste, in particolare, era Il Cairo, la capitale d’Egitto.

Come sempre capita per la realizzazione di questi titoli mastodontici, Rockstar aveva inviato alcuni uomini proprio al Cairo, per effettuare i classici sopralluoghi atti a realizzare video, foto e a raccogliere dettagli per realizzare nel modo più realistico possibile la rappresentazione in gioco della città. Nella città , però, il team inviato dalla compagnia va incontro a seri imprevisti, che culminarono addirittura con l’arresto da parte delle autorità egiziane.

In Egitto è infatti vietato girare filmati e scattare foto in alcune particolari aree, e questo, evidentemente, il team non lo sapeva. Una volta che le autorità hanno scoperto ciò che stava accadendo, sono passati alle maniere forti e a boicottare in tutti i modi i malcapitati.

Sanabria ha dichiarato che in più occasioni le autorità hanno avuto incontri ravvicinati con il team, dopo essersi accorti che gli sviluppatori stavano fotografando alcuni edifici in città. Al team è stato intimato di consegnare la pellicola fotografica, ma naturalmente all’epoca erano già in voga le macchine fotografiche digitali: Sanabria racconta di aver mostrato chiaramente ai poliziotti di aver cancellato il materiale, ma la cosa andò avanti anche nei giorni successivi.

Il motivo era relativamente semplice, ma neanche troppo: in Egitto è possibile certo scattare fotografie, ma non agli edifici governativi. Inoltre, al Cairo i turisti tendono a concentrarsi in particolari zone della città, e quindi nel momento in cui le autorità iniziarono a osservare che un gruppo di stranieri si spingeva in aree cittadine solitamente poco frequentate da chi non è in visita di piacere in Egitto, misero da subito sotto controllo il team.

Perciò, il team decise di assumere a tempo pieno una serie di guide turistiche, che avrebbero permesso loro di girare in città e riuscire, di nascosto, a scattare alcune fotografie e a realizzare materiale strategico senza essere disturbati dalla polizia, anche se le cose non andarono così liscie come speravano. Una notte, ad esempio, la polizia egiziana sequestrò e interrogò l’autista del team, per capire cosa stessero facendo in città in quel periodo. Da quel momento in poi, la situazione è crollata.

Gli sviluppatori al Cairo vennero dapprima tenuti in ostaggio all’interno delle proprie camere dell’InterContinental Hotel, con l’accusa ovviamente di aver infranto la legge fotografando e girando video in alcune aree della città, ma il “bello”, per così dire, doveva ancora arrivare.

Il team di Rockstar Games riuscì infatti a contattare l’ambasciata americana, su pressione anche di Gigliotti che era evidentemente preoccupato per come stavano andando le cose in Egitto, e a ottenere la possibilità di tornare in patria, ma in aeroporto andò in scena la nuova puntata dell’assurda vicenda.

Darrell Gallagher, membro del team, riuscì a garantirsi un ritorno a casa con due giorni di anticipo rispetto al resto del team, ma in aeroporto la polizia egiziana lo arrestò a sorpresa con l’accusa di aver girato ed essere in possesso di materiale pornografico, che anche in questo caso è vietato in Egitto.

Sanabria racconta di quello che è stato in tutto e per tutto un boicottaggio organizzato dalle autorità egiziane, che cercavano un minimo e insignificante pretesto per riuscire a bloccare la partenza del team e a trattenere gli sviluppatori in prigione:

Quello che è successo è stato  che le autorità egiziane avevano deciso che il modo per trattenere questi ragazzi d’arte era fondamentalmente inventare false accuse di pornografia occidentale e che avrebbero confiscato le loro apparecchiature digitali. Non lo dimenticherò mai, il ragazzo dall’Ambasciata americana mi disse: “Se trovano un’immagine anche lontanamente sporca su uno qualsiasi di quei laptop, è un reato capitale”. Ed è allora che non era più divertente, giusto?

Grazie anche a FedEx, che riuscì a masterizzare i DVD con le foto che il team doveva portare in California assicurandosi di eliminare qualsiasi cosa avrebbe potuto turbare le autorità egiziane e dare loro un pretesto per procedere all’arresto, gli sviluppatori riuscirono a sbloccare la situazione: nei giorni successivi, il team volò infatti in America, e immaginiamo che nei loro futuri piani non trovi spazio una nuova gita, anche solo di piacere, in Egitto. Non prima però di rischiare ancora una volta di restare bloccati, e questa volta per un motivo davvero incredibile: il padre di uno degli sviluppatori del team, e proprietario del laptop che il figlio aveva con sé, era infatti un ginecologo, e aveva sul suo computer alcune foto di lavoro che ritraevano ad esempio ghiandole e organi sessuali femminili. Sanabria ricorda di essere stato colto dal terrore nel momento in cui realizzò che questo poteva essere il famoso pretesto, ma per loro fortuna le cose andarono per il verso giusto, e il gruppo tornò in America senza ulteriori intoppi.

rockstar games

A questo punto, Agent entrò subito in fase di stallo. Ciò che era accaduto in Egitto aveva infatti convinto gli sviluppatori a rinunciare a inviare un team in Russia, a San Pietroburgo, per il sopralluogo, altro luogo in cui le autorità avrebbero potuto mettere a rischio l’operazione, e dalla sede centrale decisero di mettere nel congelatore l’IP per concentrarsi sul primo Red Dead Redemption. Rockstar North, che dopo lo straordinario GTA: San Andreas si era solo occupata di collaborare alla realizzazione di alcuni giochi minori dello studio, venne incaricata, apparentemente per pochissimo tempo, di cercare di tenere in vita Agent, ma le speranze durarono ben poco. Questo anche perché Rockstar North stava già lavorando al gioco che avrebbe spopolato di lì a poco, Grand Theft Auto V.

Se volete qualche ulteriore retroscena su questa assurda vicenda, trovate l’intervista completa nel seguente link.

Fonte

Scritto da
Andrea "Geo" Peroni

Entra a contatto con uno strano oggetto chiamato "videogioco" alla tenera età di 5 anni, e da lì in poi la sua mente sarà focalizzata per sempre sul mondo videoludico. Fan sfegatato della serie Kingdom Hearts e della Marvel Comics, che mi divertono fin da bambino. Cacciatore di Trofei DOP.

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