Home Videogiochi Recensioni [Recensione] Daymare: 1994 Sandcastle

[Recensione] Daymare: 1994 Sandcastle

La serie di Daymare rappresenta un vero e proprio tributo d’amore verso i survival horror. Dopo infatti Daymare: 1998, la casa di sviluppo romana Invader Studios ha annunciato lo scorso 2021 Daymare: 1994 Sandcastle, il prequel del primo capitolo uscito nel giugno del 2019. Quello che è apparso chiaro fin dal principio, è come il team nostrano abbia deciso di raccogliere tutti i feedback della community e l’esperienza maturata nel passato, al fine di esplorare una nuova strada concettuale per la recente produzione, cercando quindi di smussare tutti gli spigoli di gameplay emersi quattro anni fa.

Versione provata: PlayStation 5

Un incubo anni ’90

Daymare: 1994 Sandcastle mette i giocatori nei panni di Dalila Reyes, una spia del governo che lavora per un’unità top-secret chiamata Hexacore Advanced Division for Extraction and Search (abbreviata in HADES). Come membro di questa unità militare avanzata, Dalila viene inviata all’interno dell’Area 51 per recuperare un soggetto di rilievo ma, come spesso accade in produzioni di questo genere, trova ad accoglierla svariate, orride sorprese.

La narrativa di Daymare: 1994 Sandcastle si attiene quindi ai classici canoni del survival horror, andando ancora una volta ad omaggiare pilastri dell’industria come ad esempio Resident Evil. Fortunatamente in questo caso non vi è alcun virus o casa farmaceutica dietro, e ciò non fa altro che giovare alla narrativa che, per quanto comunque non sia particolarmente originale, riesce a coinvolgere ed a spingere nella prosecuzione, così da capire meglio tutta la vicenda.

Un merito particolare va dato alla buona caratterizzazione della protagonista, elemento che permette di legare mano a mano con la sua storia ed il suo passato, riuscendo a creare una connessione giocatore-alter ego mai vista prima per il franchise. Anche il perfetto collocamento all’interno dell’universo Daymare è un valore aggiunto non indifferente: sovente infatti le produzioni prequel generano delle perplessità narrative non indifferenti, ma fortunatamente Daymare 1994: Sandcastle riesce egregiamente a connettere tutti i punti, soprattutto nella parte finale dell’avventura.

Prova di maturità

Una delle cose su cui la casa romana si è maggiormente concentrata durante la lavorazione di questo nuovo capitolo, è indubbiamente il gameplay. I passi in avanti fatti nelle meccaniche da Daymare: 1998 si notano fin dai primi istanti, grazie ad un controllo migliorato della protagonista e ad uno snellimento sensibile della modalità di interazione. In Sandcastle è stato abbandonato completamente il DID, ossia il Data Interchange Device, che precedentemente veniva utilizzato per gestire l’utilizzo dei vari oggetti. In questa nuova fatica Invader Studios ha deciso di allinearsi all’inventario dei recenti Resident Evil, proponendo un’interfaccia molto più chiara e veloce nell’impiego. In pochissimi istanti si riuscirà infatti ad utilizzare un kit medico oppure ad esaminare un determinato item, evitando di interrompere eccessivamente il ritmo del gameplay.

La semplificazione è riscontrabile anche nelle bocche da fuoco: in questo titolo gli sviluppatori hanno deciso di fornire al giocatore un fucile a pompa ed una mitraglietta, concentrando quindi ad esse tutte le maestranze tecniche del gunplay. Nonostante anche in questo ambito si notino più che sensibili miglioramenti rispetto all’opera precedente, in alcuni casi la mancanza di qualche strumento offensivo in più emerge inesorabilmente, soprattutto quando vi sono più nemici a schermo. Anche il feedback dei colpi ha ricevuto un buon intervento, per quanto ancora non garantisca la piena soddisfazione dell’abbattimento.

Daymare: 1994 non è comunque solo ispirazione, e questo lo si apprende dopo pochi minuti di gioco, quando il titolo mette tra le mani del giocatore il Frost Grip. Questo accessorio è la vera innovazione del franchise e del genere, e rappresenta un equipaggiamento ad azoto liquido in grado di congelare i nemici e di interromperne la loro proliferazione. Nell’avventura di Dalila, è una particolare forma elettromagnetica quella capace di risveglia i cadaveri i quali, una volta sconfitti, vedranno tale energia muoversi per cercare un nuovo ospite. L’unico modo di far cessare tale catena ed evitare di dover affrontare numerosi nemici, è quello di colpire la sfera con un proiettile del Frost Grip.

Avversità ed avversari

Uno degli ambiti su cui Invader Studios poteva osare di più è quello dei nemici. In Daymare 1994 gli avversari principali sono infatti rappresentati da due varianti: una blu ed una rossa. La prima richiede i classici proiettili (e la relativa distruzione della sfera energetica), mentre la seconda necessita del pieno congelamento del corpo per essere debellata (e quindi del Frost Grip). Al di fuori di questi due tipi, vi sono solo un altro paio di aberrazioni con funzione da “mini boss” a completare il quadro.

I rianimati in questo titolo sono diametralmente opposti ai classici non morti di scuola Romeriana: in Sandlcastle le nemesi sono veloci ed in grado di compiere movimenti rapidissimi al limite del teletrasporto. Questo approccio in un primo momento lascia in balia delle più svariate prese che, se non gestite correttamente, prosciugheranno letteralmente l’energia della protagonista, portandola ad una prematura scomparsa. La sapiente gestione delle armi e del posizionamento sul campo riusciranno comunque a risolvere la maggior parte delle situazioni, soprattutto se si opterà anche per il potenziamento del Frost Grip (tramite determinate postazioni sparse per le aree di gioco).

Evoluzioni tecniche

Gli elogi maggiori per l’ultima fatica dello studio romano vanno senza troppi dubbi al balzo tecnico ed artistico compiuto in questi anni di sviluppo. Daymare: 1994 colma infatti una delle più grandi lacune del predecessore: l’espressività dei personaggi. In questa interazione i volti dei protagonisti risultano definiti e convincenti, capaci di trasmettere vere emozioni ed empatia con le situazioni a schermo. Un altro pezzo da novanta è rappresentato dall’utilizzo dell’Unreal Engine 4, che riesce a dare la giusta connotazione all’illuminazione e ai materiali posti nelle varie ambientazioni, che risultano a loro volta ben diversificate e coerenti con la struttura all’interno della quale si svolgono le vicende.

Anche il comparto audio ha goduto di un ottimo intervento migliorativo, grazie ad un doppiaggio convincente e ad effetti sonori in grado di trasmettere la giusta ansia nei vari corridoi o sezioni più oscuri. Infine, per ciò che riguarda l’ambito tecnico, Daymare: 1994 Sandlcastle scorre in maniera fluida nella maggior parte delle situazioni, senza alcuna presenza di bug od altri difetti di programmazione.

Ringraziamo Leonardo Interactive per il codice review fornitoci.

7.6
Riassunto

Daymare: 1994 Sandcastle ha sancito un salto evolutivo non indifferente per Invader Studios. Il titolo survival horror confezionato dallo studio italiano è capace di divertire grazie ad un gameplay diretto e semplificato. Peccato per qualche piccolo neo lato nemici e gunplay, ma la strada intrapresa dal team nostrano è indubbiamente quella giusta.

Pro
Gameplay divertente e snello Le lacune artistiche del passato sono superate Ambientazioni ben diversificate...
Contro
...al contrario dei nemici Qualche arma in più non avrebbe guastato L'eccessiva velocità degli avversari spesso non lascia tempo di reazione
  • Concept & Trama7.5
  • Gameplay8
  • Comparto Artistico7
  • Comparto Tecnico8
Scritto da
Lorenzo Bologna

Nato con il Pad in mano, al punto tale che la prima parola pronunciata è stata: "Woah!" in pieno stile Crash Bandicoot. Appassionato e curioso di tutto ciò che concerne il mondo videoludico. Amante dei titoli horror ed accumulatore di trofei compulsivo.

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