Nell’estate del 2022, uscito dalla sala dopo la visione di Jurassic World: Il Dominio, un solo pensiero mi attraversò la testa: mamma mia che monnezza. Il film scritto e diretto da Colin Trevorrow, che intendeva omaggiare l’intero franchise cinematografico dei dinosauri, è stato un vero e proprio insulto, amalgamando nel peggiore dei modi le due generazioni del cast e proponendo una storia imbarazzante – non venitemi a parlare della metafora dell’uomo che vuole controllare la natura, le implicazioni filosofiche e blablabla: la verità è che Il Dominio resta un film agghiacciante per come è stato scritto e messo in scena. In quel momento, il franchise sembrava aver detto tutto quello che poteva.
Ma a Universal, giustamente, il nostro parere non interessa: il blockbuster ha incassato la bellezza di 1 miliardo di dollari – 1,001 miliardi, per la precisione, e così si riparte ancora una volta verso una nuova avventura preistorica.
La Rinascita, sottotitolo non casuale di questo settimo capitolo, si è sempre presentato con premesse (e promesse) di alto livello: un cast tutto nuovo con Scarlett Johansson e Mahershala Ali a guidare il gruppo, Gareth Edwards (Rogue One) alla regia, e il ritorno di David Koepp, sceneggiatore dello storico Jurassic Park di Spielberg, a scrivere la storia.
Un pizzico di fiducia, insomma, era lecito riporla in questo progetto. Niente avrebbe potuto essere peggio de Il Dominio. Fortunatamente è andata così, ma La Rinascita non è certo quel glorioso ritorno ai fasti di un tempo che speravamo, con solo una leggerissima vena horror appena abbozzata che si perde in una sceneggiatura debolissima che fa da calderone a mille cose: mercenari, contrabbando illegale di dinosauri, uomini d’affari cattivissimi, ibridi geneticamente modificati che vanno fuori controllo, isole che dovrebbero essere inaccessibili e invece chiunque può andarci.
Già questo è un aspetto che può far discutere: siamo al settimo film del franchise, e i dinosauri, che ne Il Dominio si erano espansi in tutto il mondo, ora si stanno nuovamente estinguendo – già da qui si può notare come Universal non sapesse minimamente come agire dopo il precedente film. Le condizioni climatiche sulla Terra non sono favorevoli per loro, tranne quelle di alcuni piccoli e particolari luoghi come le isole dei Caraibi, dove possono proliferare. Ovviamente, è vietatissimo avvicinarsi, vista anche la presenza di dinosauri carnivori ma soprattutto di esperimenti della InGen andati fuori controllo. E ovviamente, tutti possono comunque andarci tranquillamente, siano essi una squadra di mercenari chiamati a raccogliere il DNA di tre specie, o una famigliola felice in gita estiva con al seguito il fidanzatino fumatore di cannabis di una delle figlie. Sembra una parodia, ma è proprio così.
Jurassic World: La Rinascita si sforza in molti modi di evocare il senso di stupore e di tensione che tutti noi abbiamo vissuto con Jurassic Park negli anni ’90, quell’enorme giocattolone di Spielberg e Crichton che lasciò a bocca aperta chiunque. Ci sono scene che richiamano chiaramente quelle situazioni, soprattutto nella fase finale. Ma non ce la fa. Semplicemente, non ce la fa. Non siamo neppure sicuri che il vero problema siano i dinosauri (c’è uno splendido parallelismo col mondo reale già dai tempi di Jurassic World, quando il personaggio di Bryce Dallas Howard spiegava che ormai tutti hanno visto i dinosauri e non è più così facile stupire il pubblico), ma sicuramente la storia poteva avere ambizioni e qualità ben differenti.
Il pretesto che porta Zora Bennett (Scarlett Johansson) sull’isola di Saint-Hubert è funzionale, anche se non proprio originalissimo: il DNA di alcuni dinosauri può tornare utile per creare un farmaco per curare le malattie cardiache. Non può mancare lo spietato affarista pronto a tutto, che stavolta risponde al nome di Martin Krebs (Rupert Friend), così come comprimari più o meno riusciti come il Dr. Henry Loomis (Jonathan Bailey), un paleontologo e nerd incallito, e Duncan Kincaid (Mahershala Ali), esperto di operazioni di ricerca e amico di Zora. Ma visto che questo non bastava, ecco una sottotrama totalmente inutile con una famiglia di civili bloccati in mare: Reuben (Manuel Garcia-Rulfo), sua figlia Teresa (Luna Blaise), il suo fidanzato sballato Xavier (David Iacono) e la figlia minore, Isabella (Audrina Miranda).
La regia di Edwards riesce a cogliere i momenti più importanti e offre scorci davvero niente male sulla natura incontaminata e dominata dai dinosauri, ma questo cozza terribilmente con una sceneggiatura davvero fiacca, pigra e senza idee. Moltissimi scambi di battute sono totalmente gratuiti, costruiti apposta per non mantenere in silenzio i personaggi troppo a lungo (si rischia di perdere la concentrazione dei più giovani?), o in alcuni casi completamente insensati con i personaggi presentati o le situazioni. Prendiamo Zora, ad esempio: mercenaria tra le più ambite al mondo, viene contattata dalla ParkerGenix per un lavoro a sei zeri – pardon, sette. Qualche minuto più tardi, inizia a progettare, senza alcuna evoluzione, di rimescolare le carte in tavola e passare dalla parte del bene. O ancora Zora, che dopo l’inseguimento degli Spinosauri (scena molto bella, dobbiamo ammetterlo), inizia ad accusare Krebs senza alcuna motivazione logica. Sembra quasi che manchino dei pezzi.
La storia è strutturata come se fosse un film avventuroso: occorre recuperare tre oggetti – in questo caso, campioni di DNA, che hanno a che fare con l’acqua, la terra e l’aria. Nel mezzo dei vari recuperi, ognuno dei quali ha le sue insidie, ci sono le vicende della famiglia di Reuben, che in qualche modo sembrano richiamare le disavventure dei Kirby in Jurassic Park III. Ce n’era davvero bisogno? A conti fatti, assolutamente no. L’unica utilità pratica della famiglia, oltre al deus ex machina finale che concede a tutti una plot armor da far individia persino al cast de Il Dominio sopravvissuto per intero al Giganotosauro, è quella di smascherare una cosa che qualsiasi spettatore aveva già capito almeno un’ora prima – forse anche più.
Tra le mille forzature per far arrivare tutti i personaggi al gran finale, dove il D-Rex fa cose, c’è anche un altro difetto che da ormai troppo tempo riguarda moltissimi film di questo stampo, non solo quelli giurassici di Universal: i personaggi non si accorgono di nulla, letteralmente di nulla. Un’intera squadra di mercenari e una famiglia si ritrovano nel luogo forse più pericoloso del pianeta, dominato da creature che possono fare a pezzi chiunque in una frazione di secondo, e il livello di attenzione di molti di loro è paragonabile a quello di un dodicenne su TikTok. Può esserci un dinosauro gigante sopra loro teste, o a due passi da loro, o nascosto nell’erba (c’è un passaggio con il carnivoro per eccellenza che è quasi comico per la demenzialità del momento): nessuno di loro, se non forse Zora, si accorge mai di nulla.
Volendo sorvolare sui difetti maggiori, è comunque evidente che la saga stia cercando di reinventarsi e ripartire, ma anche che lo stupore sia diminuito – e non di poco. C’erano troppi personaggi, molti dei quali inutili? Forse. Troppi dialoghi inutili o incomprensibili? Sicuramente. Troppo citazionismo e ritorno al passato? Quello no, non si è particolarmente visto, se non forse per il contesto insulare. Semplicemente, sembra un film incastrato a forza in un franchise che non sa che pesci pigliare.
Forse l’estinzione citata nel film, quella alla quale stanno andando incontro tutti i dinosauri sul pianeta per la seconda volta, potrebbe essere la cosa giusta.

Review Overview
Riassunto
La Rinascita non è la rinascita che speravamo. Sempre meglio che Il Dominio, un vero e proprio insulto ai fan del franchise e forse all'intero cinema, ma dal film di Gareth Edwards era lecito aspettarsi di più. Buoni gli effetti speciali e la regia, pecca invece una sceneggiatura a tratti dozzinale.
- Giudizio complessivo3.25
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