Negli ultimi anni, il genere dei Survivors-like, esploso grazie al fenomeno Vampire Survivors, ha dimostrato quanto possa essere soddisfacente un gameplay immediato ma profondo, capace di generare dipendenza in poche partite. Eppure, ogni volta che si parla di meccaniche di sopravvivenza contro orde infinite e progressione basata sull’accumulo di potere, il pensiero torna inevitabilmente a un’altra pietra miliare del videogioco: Diablo. Non è un caso, quindi, che più di un fan si sia chiesto perché Blizzard non abbia mai deciso di realizzare uno spin-off del genere ambientato nel mondo di Diablo IV.
La risposta a questa curiosità, però, arriva da un piccolo studio indipendente chiamato Chasing Carrots, che con Halls of Torment ha dato vita a un titolo capace di fondere in modo sorprendente le due anime: la componente hack and slash oscura e atmosferica di Diablo e la struttura immediata, quasi ipnotica, dei Survivors-like. Dopo un periodo di successo su PC, il gioco approda anche su console, portando con sé tutto il fascino retrò e la profondità strategica che lo hanno reso una gemma per gli appassionati del genere. Vediamo quindi come si comporta, analizzandolo all’interno della nostra recensione!
Versione provata: PlayStation 5 Pro
Non c’è storia, ma esperienza
Come molti giochi appartenenti al filone appena citato, Halls of Torment non punta su una trama elaborata o cinematografica. La narrazione è volutamente ridotta all’essenziale, ma ciò non significa che manchi di atmosfera o di contesto. Il giocatore si ritrova in un mondo cupo e corrotto, infestato da orde di creature mostruose che emergono da profondità oscure. Ogni spedizione è presentata come una discesa negli abissi, un tentativo disperato di purificare luoghi maledetti e affrontare le entità che li governano.
L’assenza di una trama lineare viene compensata da un forte senso di progressione. Ogni run, ogni nemico sconfitto e ogni oggetto recuperato contribuiscono a costruire una storia implicita fatta di tentativi, sconfitte e rinascite. È un racconto emergente, che ricorda quello di Diablo nelle sue radici più pure: un eroe solitario che affronta un male senza volto, spinto solo dalla voglia di resistere e superare i propri limiti.
L’atmosfera e la mitologia non vengono raccontate attraverso cutscene o dialoghi, ma attraverso l’ambiente, il design delle mappe e le ricompense sbloccabili. È un approccio minimalista ma efficace, che restituisce al giocatore la sensazione di trovarsi in un mondo antico, logoro e in decadenza, proprio come accadeva nei primi titoli targati Blizzard.
All’attacco!
Come è facile intuire, è nel gameplay che Halls of Torment rivela tutta la sua personalità. Come in ogni Survivors-like, l’obiettivo è sopravvivere il più a lungo possibile a ondate crescenti di nemici. Tuttavia, il gioco di Chasing Carrots introduce alcune varianti che lo distinguono nettamente dai suoi concorrenti e che lo avvicinano alla filosofia di Diablo.
L’avventura comincia in un hub centrale, un accampamento che funge da base operativa. Qui il giocatore può scegliere il personaggio, equipaggiare gli oggetti sbloccati nelle precedenti partite e accettare missioni o sfide. Inizialmente le opzioni sono poche: solo il Guerriero è disponibile, e la prima area accessibile è quella delle Caverne Infestate. Ciononostante col tempo, e grazie ai progressi ottenuti durante le sessioni di gioco, si sbloccano nuove classi e nuovi ambienti, ampliando gradualmente le possibilità tattiche.
Una delle prime sorprese che accoglie il giocatore è la necessità di mirare e attaccare manualmente. A differenza di Vampire Survivors e della maggior parte dei titoli simili, Halls of Torment non attacca automaticamente. Questo approccio più “attivo” può spiazzare inizialmente, ma fortunatamente è possibile modificare le impostazioni per rendere gli attacchi automatici, riportando l’esperienza verso un feeling più tradizionale (anche se vi è l’opzione per automatizzare tutto).
Una volta in battaglia, il ritmo diventa frenetico: orde di demoni e mostri convergono sul personaggio, obbligandolo a muoversi costantemente, evitare colpi e raccogliere le gemme d’esperienza rilasciate dai nemici. A ogni livello guadagnato, il giocatore può scegliere tra vari potenziamenti (aumento della velocità d’attacco, difesa, forza e altri parametri) costruendo così una build personalizzata.
A differenza di altri giochi del genere, però, non si ottengono nuove armi salendo di livello. Ogni personaggio possiede un’arma unica, e le vere novità arrivano attraverso le abilità secondarie recuperabili nelle mappe o come ricompensa per la sconfitta dei miniboss. Queste mosse, come scariche di fulmini, dischi taglienti o barriere difensive, possono poi essere potenziate a loro volta, ma mai tutte contemporaneamente. Questa limitazione obbliga a scegliere con cura la propria strategia, proprio come accade in Diablo: ogni decisione ha un peso, e costruire la build “perfetta” è un esercizio di pianificazione e conoscenza del sistema di gioco.
Un altro elemento distintivo è il loot, ovvero il bottino. Sconfiggendo nemici potenti, si ottengono scrigni contenenti equipaggiamenti: elmi, guanti, anelli e armature che garantiscono bonus permanenti o temporanei. Alla fine di ogni run, la maggior parte di questi oggetti viene persa, ma c’è la possibilità di inviarne uno al campo base tramite speciali pozzi magici, rendendolo poi acquistabile per le partite successive. In questo modo, la progressione non è effimera: ogni partita contribuisce alla crescita complessiva dell’account, fornendo nuove opportunità per le future spedizioni.
Il risultato è un gameplay sorprendentemente profondo, che combina l’immediatezza arcade dei Survivors-like con la gratificante complessità del loot system alla Diablo. La curva di difficoltà è ben calibrata, anche se alcuni nemici risultano talvolta troppo rapidi rispetto a certe classi, costringendo il giocatore a investire in velocità di movimento. Tuttavia, questi momenti di frustrazione vengono rapidamente dimenticati grazie alla varietà delle sfide e alla continua sensazione di miglioramento.
Comparto artistico e tecnico
Sul piano visivo, Halls of Torment è una vera lettera d’amore ai primi capitoli di Diablo. Lo stile grafico, volutamente rétro, ricorda l’era delle produzioni di fine anni ’90: texture pixelate, luci soffuse e ambientazioni cupe che trasudano un fascino macabro irresistibile. Le mappe sono intrise di atmosfera: caverne illuminate da torce tremolanti, cripte in rovina, distese infernali percorse da fiumi di lava.
La direzione artistica privilegia la semplicità e l’impatto emotivo rispetto alla spettacolarità tecnica, ma riesce comunque a creare un mondo coerente e immersivo. Gli effetti sonori, come il tintinnio delle gemme, i colpi delle armi, i ruggiti delle creature, contribuiscono a rafforzare la tensione, mentre la colonna sonora si distingue per il suo tono inquietante, con brani che oscillano tra il gotico e l’ambient horror.
Dal punto di vista tecnico, il gioco si comporta egregiamente anche su console. Le performance sono fluide, con tempi di caricamento minimi e nessun calo significativo di frame rate, anche nelle situazioni più caotiche. L’interfaccia è chiara e leggibile, e il sistema di controllo risulta intuitivo sia con mouse e tastiera sia con il controller. Il tutto è accompagnato da un prezzo contenuto, che rende il titolo un piccolo grande affare per chi ama il genere.

Riassunto
Riassunto
Halls of Torment è una sorprendente fusione di due mondi: la profondità e l’atmosfera di Diablo incontrano la frenesia e la semplicità d’accesso dei Survivors-like. Il risultato è un’esperienza che cattura fin dai primi minuti e che invita a tornare partita dopo partita, alla ricerca della combinazione perfetta di abilità, equipaggiamenti e fortuna. Pur con qualche piccolo difetto legato al bilanciamento e a certe limitazioni nel sistema di progressione, il gioco di Chasing Carrots si afferma come uno dei migliori rappresentanti del genere, capace di distinguersi e brillare di luce propria. Un titolo che non solo omaggia i classici, ma dimostra anche come si possa innovare restando fedeli alle proprie ispirazioni.
Pro
Crea dipendenza La perfetta unione di due generi splendidi Fascino rétroContro
Qualche problema di bilanciamento- Valutazione8
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