E chissà come sarebbe stato.
Nel corso di un’intervista retrospettiva dedicata allo sviluppo di Shadow of the Colossus, il game designer Fumito Ueda ha rivelato che il team di sviluppo aveva preso in considerazione una modalità multiplayer online, pensata per permettere a più giocatori di collaborare nella caccia ai colossi. L
’idea, però, fu presto accantonata a causa di limiti tecnici e logistici:
Volevamo creare qualcosa che fosse realmente cooperativo, in cui due giocatori potessero affrontare insieme le stesse creature gigantesche. Ma non avevamo le risorse, né l’infrastruttura per realizzare un sistema online stabile ai tempi di PlayStation 2.
Come riportato da Push Square, il team non disponeva del personale e delle competenze necessarie per realizzare un’esperienza multiplayer robusta, considerando anche che la connessione online non era ancora diffusa tra i possessori di PS2. Ueda e il suo gruppo decisero quindi di concentrare tutte le energie sul lato emotivo e cinematografico del gioco, dando priorità al rapporto solitario tra il protagonista e i colossi — scelta che si sarebbe poi rivelata fondamentale per l’identità stessa del titolo.
“Alla fine, la sensazione di isolamento era parte integrante del nostro messaggio artistico”, ha aggiunto il creatore. “Forse il multiplayer avrebbe compromesso quella solitudine che volevamo trasmettere.”
Il risultato è stato uno dei capolavori più influenti dell’era PS2, ricordato proprio per il suo tono contemplativo e per la potenza narrativa nata dal silenzio e dalla solitudine del suo mondo. L’idea del multiplayer non venne mai ripresa nemmeno nel remake di Bluepoint, a conferma di quanto Shadow of the Colossus fosse concepito come un viaggio personale.
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