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Clair Obscur e il paradosso dell’indie: un sistema di classificazione si propone di chiarire il tutto

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La vittoria di Clair Obscur: Expedition 33 come miglior gioco indie dell’anno ai The Game Awards 2025 ha riacceso un dibattito mai sopito: che cosa significa davvero “indie” oggi? È legittimo definire indipendente un titolo costato milioni di dollari, supportato da un editore strutturato e promosso con una campagna di marketing curata da Microsoft?

Il cortocircuito è evidente. Inserire Clair Obscur: Expedition 33 nello stesso perimetro di produzioni come Peak o R.E.P.O. appare quantomeno forzato. Eppure, il nodo della questione resta: stabilire dove finisca l’indipendenza e dove inizi la produzione “industriale” è sempre più complesso, soprattutto quando il successo commerciale cambia la percezione di un progetto. Proprio da questa ambiguità nasce l’HushCrasher Classification System (HCS), un nuovo tentativo di mettere ordine nella definizione delle categorie produttive.

L’HushCrasher Classification System si fonda su due parametri ritenuti oggettivi: lo spazio occupato dal gioco su disco e il numero di sviluppatori accreditati nei titoli di coda, escludendo ringraziamenti speciali e playtester.

Come spiegano gli autori del sistema, il punto di partenza è stato un ampio lavoro di raccolta dati:

Abbiamo analizzato tutti i giochi pubblicati su Steam dal 2006, integrando le informazioni con i crediti presenti su MobyGames, un database collaborativo dedicato ai videogiochi e ai loro autori.

Successivamente, il team ha individuato una serie di indicatori utili a misurare la “dimensione” di un gioco, dalla lunghezza dei crediti allo spazio su disco, fino al numero di lingue supportate, per poi applicare un algoritmo di clustering capace di far emergere categorie produttive distinte, come illustrato nello studio di riferimento.

Dall’analisi è emerso che i due fattori più rilevanti per la classificazione di un videogioco sono la lunghezza dei crediti e le dimensioni dell’installazione.

Su queste basi, il sistema individua quattro macro-categorie:

  • Giochi Kei: quelli che comunemente vengono associati allo sviluppo “in solitaria”. Titoli come Undertale, Papers, Please o Terraria rientrano in questa fascia. Anche quando non sono opera di una sola persona, ma di piccoli gruppi di amici o familiari, mantengono una scala produttiva estremamente contenuta. Il termine “Kei” richiama le celebri microcar giapponesi, simbolo di compattezza ed essenzialità.
  • Giochi Midi: sviluppati da studi piccoli o medi, rappresentano una via di mezzo tra l’intimità dei Kei e le ambizioni produttive dei titoli AA. Hades e Valheim sono esempi emblematici di questa categoria.
  • Giochi AA: segnano l’ingresso in produzioni dal budget multimilionario. Coinvolgono team numerosi, spesso composti da centinaia di persone, comprese collaborazioni esterne, e introducono strutture organizzative più complesse, con figure di middle management e staff di supporto dedicati.
  • Giochi AAA: qui i limiti diventano difficili da definire. Se migliaia di persone hanno contribuito allo sviluppo e l’installazione richiede un nuovo SSD, è probabile che si tratti di un titolo AAA.

Gli stessi autori dell’HushCrasher Classification System riconoscono che si tratta di un modello ancora perfettibile, non a caso definito una versione 1.0. In attesa di ulteriori affinamenti, hanno comunque pubblicato una guida pratica per aiutare giocatori e addetti ai lavori a classificare autonomamente i titoli più difficili da collocare, quelli sospesi tra una categoria e l’altra.

Scritto da
Lorenzo Bologna

Appassionato di tutto ciò che concerne il mondo videoludico, sono un inguaribile amante dei titoli horror e un accumulatore compulsivo di trofei (meglio se di platino). Avvicinato al medium grazie a mamma Nintendo e papà Crash Bandicoot.

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