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DCEU Rewind | Man of Steel

Con Aquaman e il Regno perduto, che Warner ha pubblicizzato per circa mezza giornata prima di pensare ad altro (ironicamente, la pellicola è il miglior incasso in casa DC dal 2018…), si chiude ufficialmente l’era del DC Extended Universe, anche noto come DCEU.

James Gunn e Peter Safran, i due co-CEO dei DC Studios, hanno infatti deciso il destino dell’universo condiviso più altalenante e indeciso della storia dell’intrattenimento: reset totale, via agli attori storici, si passa a un nuovo progetto editoriale. Un nuovo universo, che partirà quest’anno con Creature Commandos ma che farà sentire il suo peso al cinema solo nel 2025 con il già attesissimo Superman, scritto e diretto proprio da Gunn. Ed è curioso ricordare che il nuovo DCU, ai blocchi di partenza, inizierà con il simbolo assoluto della speranza e sinonimo stesso di supereroe, proprio come fece anche il DCEU.

Concepito come primo film di una trilogia sul figlio di Krypton, Man of Steel, anche conosciuto con il titolo de L’uomo d’acciaio in Italia, segnò l’inizio della collaborazione tra Zack Snyder e la Warner Bros., con il benestare di Cristopher Nolan. La major cercava da tempo un nome al quale affidare il rilancio di uno dei suoi più importanti personaggi, dopo che Superman Returns non aveva funzionato quanto sperato. Nolan, invece, aveva dimostrato che dare ai supereroi un tocco personale e autoriale poteva essere la strada giusta, e così, dopo aver sondato molti nomi tra cui Guillermo del Toro, Robert Zemeckis e persino Ben Affleck (l’ironia del fato…), il regista di 300 e Watchmen fu scelto per il suo stile e il suo amore verso i fumetti di Superman.

Snyder avviò quindi la produzione di Man of Steel, primo di tre film, nel 2011, proprio quando Nolan si stava preparando a concludere la sua trilogia su Batman. E qui, da subito, possiamo ricordare alcuni interessanti retroscena.

Lo stesso Snyder aveva ammesso come in Warner ci fossero state discussioni sulla possibilità di ambientare Man of Steel nello stesso universo del Batman di Christian Bale, proseguendo di fatto il NolanVerse. La scelta, alla fine, ricadde su un’opera completamente originale: il finale de Il cavaliere oscuro: Il ritorno aveva implicazioni importanti sul personaggio di Bruce Wayne, e ipotizzare un futuro incontro tra Kal-El, per il cui ruolo era stato scelto Henry Cavill, e il Crociato di Gotham era praticamente fuori discussione.

Parliamo infatti di un momento storico nel quale DC e Warner stavano osservando con attenzione e ammirazione ciò che Disney e i Marvel Studios erano stati in grado di costruire, ma che all’epoca era ancora poco più che un’idea. Quando Man of Steel entrò in produzione, dall’altra parte della barricata Kevin Feige stava ancora sistemando le sue pedine con Thor e Captain America: Il primo vendicatore, prima che nel 2012 venisse pubblicato il colossale The Avengers che sbancò al botteghino.

Fu probabilmente in quel momento che Warner capì di aver fatto la scelta giusta escludendo il NolanVerse, ma ritrovandosi di fronte a un altro problema di cui, però, parleremo nel prossimo appuntamento di DCEU Rewind.

Nel frattempo, anche il cast tecnico della pellicola prendeva sempre più forma. Weta Digital, MPC e Double Negative vennero scelti per occuparsi degli effetti speciali del film, mentre Hans Zimmer, che già aveva lavorato con Nolan alla sua saga di Batman, scrisse la colonna sonora. Per l’occasione, tutti i temi vennero costruiti da zero, senza alcun riferimento a brani classici che hanno accompagnato le vecchie avventure del figlio di Krypton. Un approccio funzionale con il film, che voleva distaccarsi completamente dalle precedenti incarnazioni del supereroe. Forse anche troppo.

Dopo circa sei mesi di riprese tra il 2011 e il 2012, e un budget stimato di 225 milioni di dollari, L’uomo d’acciaio arriva nei cinema nel giugno del 2013, con l’intenzione di diventare un grande successo per l’estate. Cosa che, effettivamente, avvenne. Tralasciando paragoni con l’inarrivabile Iron Man 3 della Marvel, che nello stesso anno totalizzò la bellezza di 1 miliardo e 215 milioni di dollari grazie a un personaggio amatissimo e l’inevitabile spinta di The Avengers, il film di Snyder portò a casa $ 670 milioni, dando così inizio a un percorso produttivo importante ma clamorosamente ricco di insidie, problemi ed errori.

E dire che i segnali di qualcosa che non era andata per il verso giusto c’erano tutti. Possiamo dire che il vero clamore intorno a Snyder e al suo stile estremamente divisivo sia arrivato proprio in occasione di Man of Steel, il primo grande blockbuster al quale ha lavorato. Budget illimitato, controllo creativo totale sulla storia, una visione decisamente nuova di iconici personaggi che milioni di persone in tutto il mondo amavano. L’operazione di Snyder non fu certo facile, ma l’autore non volle scendere a compromessi, e non furono pochi gli spettatori dubbiosi di fronte a questa produzione. E questo si notò anche nelle recensioni da parte della critica, con la percentuale su Rotten Tomatoes al di sotto della sufficienza (56%).

Per fare un paragone, il primo film del MCU, Iron Man del 2008, ebbe una percentuale di gradimento del 94%, e incassi superiori. Un altro segnale non da poco, se si pensa che il nome di Superman è quello del supereroe più famoso al mondo, insieme probabilmente a Batman e Spider-Man.

L’aspetto probabilmente più criticato di tutta l’operazione era la rappresentazione di Superman, molto differente da quella abituale. Molto più solitario e oscuro del solito, cosa paradossale se si pensa che Superman stesso è il simbolo della speranza, quello di Man of Steel è un racconto di formazione fatto di silenzi importanti e dialoghi angoscianti, nei quali attorno a Superman, tra parole e immagini, vuole costantemente costruire un’immagine cristologica della sua figura, un novello messia inviato sulla Terra per salvare un popolo che non vuole essere salvato – tema che poi sarà ripreso in Batman v Superman, con risvolti sempre interessanti ma mai riusciti fino in fondo.

Troppo spesso Man of Steel abbandonava i suoi comprimari, fondamentali per la crescita di Superman, per concentrarsi solo ed esclusivamente su Kal-El – e non Clark Kent, per inciso. La dimensione umana sembrava interessare a Snyder, specie per quanto riguarda la famiglia Kent (impossibile dimenticare la sequenza totalmente sbagliata del sacrificio del padre Jonathan, interpretato da Kevin Costner, giusta negli ideali ma messa in scena senza alcun senso), eppure non perdeva mai occasione per ricordare la figura mitologica del vero padre, Jor-El (Russell Crowe), una sorta di divinità. Allo stesso modo, anche gli ideali di Superman venivano messi in discussione da Snyder, specialmente con la sequenza della morte di Zod (Michael Shannon).

Paradossalmente, proprio gli ideali di Jonathan Kent saranno una sorta di visione del futuro di questo franchise. Il terrestre ripete in continuazione a Kal-El che il mondo non è pronto per lui, che le persone saranno più propense a temere i suoi poteri, che ad amarli. Ed è anche per questo che la figura del Superman di Snyder appare così distante dall’umanità. Un piacevole parallelismo con K (Tommy Lee Jones) in Men in Black, il quale ricordava a J (Will Smith) che “una persona è matura; la gente è un animale ottuso, pauroso e pericoloso, lo sai anche tu.”

Non è raro assistere alla decostruzione dei personaggi e dei supereroi nei fumetti, ma tutto questo deve essere giustificato da precise scelte narrative. Ne L’uomo d’acciaio, semplicemente, non c’erano. Ma c’era ancora tempo per dare forma alla vera figura di Superman. Del resto, anche Peter Parker all’inizio non accettò le grandi responsabilità dei suoi poteri. C’è voluto tempo, e una grande tragedia. Anche Kal-El le aveva già vissute, ma forse non erano ancora abbastanza. L’occasione era rimandata a un prossimo capitolo… che in realtà non abbiamo mai visto. Non abbiamo mai visto il vero Superman.

Quello che Snyder e Goyer hanno creato, anche attraverso un’estetica oggettivamente e mostruosamente bella fatta di immagini che sembrano dipinti (merito che va riconosciuto a Snyder in ogni sua produzione), era in realtà un simulacro di Batman, quando invece le due figure, specie pensando alla Justice League, rappresentano gli opposti che si incontrano e si migliorano a vicenda. E questo, appunto, sarà uno dei grandi problemi del futuro del DCEU. Uno dei tanti, ecco.

Scritto da
Andrea "Geo" Peroni

Entra a contatto con uno strano oggetto chiamato "videogioco" alla tenera età di 5 anni, e da lì in poi la sua mente sarà focalizzata per sempre sul mondo videoludico. Fan sfegatato della serie Kingdom Hearts e della Marvel Comics, che mi divertono fin da bambino. Cacciatore di Trofei DOP.

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