Home Cinema Oppenheimer, l’uomo che quasi distrusse il mondo | Recensione

Oppenheimer, l’uomo che quasi distrusse il mondo | Recensione

Fin dove può, o meglio fin dove deve arrivare la scienza? Quale può essere il limite dell’uomo? Quale diritto ha una singola persona di decidere il futuro di migliaia di altri esseri umani, forse addirittura l’intero mondo? Oppenheimer, l’ultimo fenomenale lavoro di Christopher Nolan, incentra la sua totale essenza su una delle figure più note del XX secolo, l’uomo che ha letteralmente giocato con la vita sulla Terra prima di rendersi conto della potenza distruttiva messa nelle mani dell’uomo.

Non è assolutamente un caso che il film, da oggi finalmente disponibile anche nei cinema italiani, si apra con un rimando al famoso mito greco di Prometeo: contrariamente ai dettami di Zeus, la divinità rubò il fuoco all’Olimpo per donarlo agli uomini, dando loro un potente strumento di vita e sopravvivenza ma anche di morte e crudeltà. Il lavoro di Oppenheimer, una delle più grandi menti scientifiche della storia, va esattamente nella stessa direzione, ma è Nolan a raccontarci quello che ha portato tutto ciò, specie nella mente del suo stesso creatore. 

Che il fisico statunitense sia una figura controversa non lo scopre certo il regista di Interstellar e Tenet. Dopo essersi fatto notare da alcune delle più grandi menti del momento, come Niels Bohr e Werner Heisenberg, Robert Oppenheimer fu il precursore della fisica quantistica in America, il primo di quella che sarà poi una lunga schiera di grandi nomi che scriveranno pagine di storia. Una Storia, quella con la s maiuscola, che inevitabilmente interseca il suo cammino con quello dello scienziato nel momento in cui la Germania entra in guerra con il mondo e minaccia lo sviluppo di un ordigno atomico.

Messo a capo di un segretissimo progetto di ricerca che durerà ben tre anni con ingenti somme di denaro stanziate dal governo per dare forma a qualcosa di inimmaginabile, Oppenheimer si trasforma, fonde la sua anima di scienziato a quella di politico pronto a tutto per portare a termine il suo obiettivo in quel di Los Alamos, la cittadina costruita nel mezzo del deserto del New Mexico.

Progetto Manhattan, questo il nome del più importante studio in ambito scientifico-militare della storia, che terminerà con la costruzione di una bomba atomica capace di distruggere intere città con un singolo ordigno.

E proprio nel momento in cui ciò accade, quando Nolan ha già raccontato la  vita di segreti, determinazione ed egocentrismo di Oppenheimer, che tutto cambia. Non solo lo stesso Oppenheimer, il cui peso delle proprie azioni si fa opprimente, assolutamente impossibile da sostenere, ma anche il film stesso, che da biopic quasi assume le tinte di una spy story imprevedibile che, almeno in parte, porta a ripensare agli eventi visti sotto un’altra luce. Quella stessa, accecante luce scaturita dalla prima bomba atomica che in pochi secondi cambia tutto: il mondo non è più quello di prima, l’uomo che si credeva Dio ha dato nelle mani degli stolti lo strumento che potrebbe distruggerli. 

Le implicazioni filosofiche del lavoro di Oppenheimer, delle quali in varie occasioni lo scienziato interpretato da un immenso Cillian Murphy discute con Albert Einstein (Tom Conti), sono costantemente i temi del film, martellanti, asfissianti, ingombranti. Il tormento interiore di un uomo che troppo tardi ha capito cosa ha effettivamente realizzato è tangibile, raccontato con suoni e immagini che entrano a forza nella testa, proprio come il pensiero delle migliaia di vite spezzate dallo strumento di morte il cui nobile scopo, quello di porre fine a tutte le guerre, non sarà altro che l’inizio di una nuova escalation.

E da lì, dicevamo, il film cambia volto. Tutto ciò che è avvenuto in precedenza è il prologo di un ultimo atto a sorpresa nel quale tutti i volti che hanno avuto a che fare con Oppenheimer, dalla moglie Kitty (Emily Blunt) all’ammiraglio Lewis Strauss (Robert Downey Jr.) passando al generale Groves (Matt Damon), nel bel mezzo della caccia alle streghe (o meglio, ai comunisti) mossa dagli USA nel Secondo Dopoguerra, si ritroveranno per tirare i fili di ciò che Robert ha costruito e tenuto nascosto. Uno scienziato padrone di segreti indicibili, un uomo che quasi distrusse il mondo

Una rappresentazione sontuosa per uno dei nomi più significativi della storia dell’umanità, per il quale Nolan, pur lavorando su un biopic in piena regola, riesce ancora una volta a lavorare con efficacia sul concetto di tempo. Come spesso accade per i suoi film, e lo si è visto in particolar modo con Tenet, ogni distrazione potrebbe essere fatale: il montaggio, splendido ma volutamente massacrante per la mente umana, continua a balzare da una parte all’altra del tempo e dello spazio, spingendo lo spettatore a mettere a posto nella propria mente ogni singolo pezzo del puzzle. 

Non è un caso che Nolan si sia avvalso della stessa squadra del film del 2021 per lavorare a Oppenheimer, compreso il compositore Ludwig Göransson che riesce a garantire una grande colonna sonora. Ma l’aspetto tecnico, ottimo nel suo insieme compresa anche una fotografia capace di mettere in risalto ogni singolo momento, e che offre una prova immensa nelle sequenze in bianco e nero, impallidisce di fronte alla prova di un cast semplicemente gigantesco. Una novità, questa, per il cineasta americano, che forse con Oppenheimer ha cercato di bilanciare tra la sua incredibile passione per le immagini con la teatralità dei volti in gioco.

Scritto da
Andrea "Geo" Peroni

Entra a contatto con uno strano oggetto chiamato "videogioco" alla tenera età di 5 anni, e da lì in poi la sua mente sarà focalizzata per sempre sul mondo videoludico. Fan sfegatato della serie Kingdom Hearts e della Marvel Comics, che mi divertono fin da bambino. Cacciatore di Trofei DOP.

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