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Star Wars: Andor 2, la recensione del secondo capitolo

Il primo capitolo della seconda stagione di Andor aveva già lasciato ottime sensazioni tra gli spettatori, confermando la qualità narrativa e visiva della serie. Oggi, con l’uscita su Disney+ del secondo capitolo, Andor riesce non solo a mantenere le aspettative, ma anche a innalzare ulteriormente il livello rispetto a quello precedente, consolidando il suo posto tra le produzioni più mature e apprezzate dell’universo di Star Wars.

Per chi si fosse perso la recensione del primo capitolo, è disponibile a questo link.

Questo articolo contiene dettagli sulla trama! Se non hai ancora visto gli episodi interessati, ti consigliamo di proseguire la lettura solo dopo la visione dell’intero capitolo.

La recensione del secondo capitolo

La morsa imperiale su Ghorman

Nel secondo trittico della seconda stagione di Andor, il vero protagonista non è un personaggio, ma un luogo: Ghorman. Questo pianeta, apparentemente secondario, diventa il fulcro di una nuova strategia dell’Impero Galattico, che vi concentra risorse e attenzioni, dando il via a una progressiva e inquietante occupazione. I tre episodi si sviluppano interamente su questo sfondo, tre anni prima della Battaglia di Yavin, raccontando una tensione crescente tra la popolazione locale e le forze imperiali.

Syril Karn viene trasferito nella capitale Palmo, trovandosi al centro di una popolazione esasperata dalla costruzione di una enorme struttura simbolo dell’oppressione. Viene avvicinato da un manifestante che lo invita a una riunione di dissidenti, ma quello che sembra un caso fortuito è in realtà parte di un piano orchestrato dall’Impero: infiltrarsi tra i ribelli locali, alimentarne la rabbia e generare un casus belli per un intervento più duro. Ma c’è un dettaglio fondamentale: Syril non conosce la vera portata della missione. Per Partagaz e Dedra, lui è solo un ingranaggio sacrificabile in un gioco molto più grande.

Durante la riunione a cui è stato invitato, Syril ascolta le testimonianze di alcuni cittadini in merito alla situazione provocata dalla occupazione imperiale. Al termine della riunione, il leader del gruppo gli propone di unirsi alla causa anti-imperiale. Syril, fedele al piano, accetta. Il mattino seguente, tuttavia, nel suo ufficio irrompono le forze imperiali, alla ricerca di microspie ribelli. Ne trovano una e l’incidente porta a nuove misure di controllo. Questo episodio, unito all’atteggiamento sempre più brutale dell’Impero e all’accusa di essere stato a conoscenza della presenza della microspia, inizia a far vacillare le sue certezze.

Tornato su Coruscant, Syril partecipa a un incontro con Dedra e Partagaz, durante il quale viene confermato che Ghorman è solo una esca per attirare cellule ribelli più vaste. Per la prima volta, il suo contributo viene riconosciuto: riceve parole di apprezzamento, un rispetto che ha sempre desiderato. Ma dietro quella gratificazione si nasconde una verità ancora più sinistra. L’Impero ha piani ben più oscuri per Ghorman e Syril potrebbe scoprirlo solo troppo tardi.

L’appoggio al gruppo ribelle di Carro Rylanz

Su Coruscant, Cassian e Bix vivono nascosti in un modesto appartamento, cercando di sopravvivere nell’ombra. Ma la clandestinità pesa, soprattutto a Bix, che continua ad avere incubi legati alle torture.

Cassian viene contattato da Luthen, che gli affida una nuova missione: raggiungere Ghorman da solo e incontrare il leader della resistenza locale, per valutare se il movimento possa avere un ruolo nella futura Alleanza Ribelle. Dopo la partenza di Cassian, Luthen fa visita a Bix. Preoccupato per le sue condizioni, le promette aiuto, ma le ricorda che deve rimanere lucida: in questo gioco, la minima distrazione può essere fatale.

Giunto su Ghorman sotto copertura, con una falsa identità da stilista, Cassian si scontra subito con la dura realtà del pianeta. In un breve scambio con un fattorino, ascolta per la prima volta il racconto del Massacro di Ghorman: quando i manifestanti occuparono una piattaforma d’atterraggio per impedire a Tarkin di sbarcare, il Moff ordinò di proseguire comunque le operazioni, schiacciando migliaia di persone sotto i propulsori imperiali. Un evento brutale, di cui si parla solo sottovoce perché l’Impero è intenzionato a cancellare la memoria collettiva e riscrivere la storia. Si hanno così le prime dettagliate informazioni in merito a un episodio fino a questo momento solo citato parzialmente nel mondo di Star Wars.

L’incontro con Carro Rylanz, leader della ribellione locale, conferma i timori di Cassian. Il gruppo, sebbene animato da coraggio e buone intenzioni, è mal organizzato, impulsivo e impreparato ad affrontare un nemico così spietato. Cassian li invita alla prudenza, ma Carro lo accusa di non essere abbastanza rivoluzionario, mettendo in dubbio il suo impegno nella causa. Più tardi, Cassian riferisce a Luthen che Ghorman non rappresenta una soluzione adatta: è un fronte destinato al fallimento. Luthen accetta la valutazione, ma non cambia i suoi piani. Vel e Cinta vengono comunque inviate sul pianeta per portare avanti l’operazione, che però degenera rapidamente e porta alla morte di Cinta.

Intanto, su Coruscant, la senatrice Mon Mothma combatte un’altra battaglia: quella politica. Palpatine vuole rendere permanente una misura temporanea che impone nuove e pesanti restrizioni. Mon cerca di opporsi, denunciando la deriva autoritaria e difendendo le libertà fondamentali. Ma la sua voce risuona nel vuoto. Molti colleghi, anche ex alleati, la abbandonano per paura o convenienza. Alcuni dubitano persino dei suoi dati, preferendo affidarsi all’istinto e alla propaganda imperiale. Tra questi c’è anche il senatore Dasi, rappresentante di Ghorman, che sceglie il silenzio per non compromettere la propria posizione.

Al ritorno su Coruscant, Cassian scopre che Luthen ha incontrato Bix durante la sua assenza. Furioso, lo affronta apertamente, temendo che stia cercando di manipolarla. Ma Luthen resta impassibile: la causa, gli dice, viene prima di tutto. E accusa Cassian di non stare dando tutto se stesso per la ribellione.

La microspia nella collezione di Sculdun

Nel frattempo, Luthen e Kleya scoprono, grazie a una microspia nascosta in un manufatto da collezione, che Sculdun ha individuato un oggetto falso nella propria galleria. Preoccupato per l’integrità della sua collezione, Sculdun ordina una ispezione completa della sala espositiva subito dopo la cerimonia d’investitura del nuovo Cancelliere. Per i ribelli, la notizia è allarmante: un controllo approfondito rivelerebbe inevitabilmente anche la microspia. Luthen e Kleya decidono quindi di approfittare proprio della festa per rimuoverla prima che venga scoperta.

Si passa così alla scena dell’investitura, ambientata in una solenne seduta del Senato Imperiale. Il nuovo Cancelliere pronuncia un discorso intriso di promesse: pace, stabilità, ordine. Ma le sue parole, dietro la retorica rassicurante, riecheggiano toni ben più oscuri, quelli tipici dei regimi autoritari. La scrittura di Andor non perde occasione per sottolineare questi parallelismi: la politica diventa spettacolo, il potere si legittima con la paura, il consenso si costruisce sul silenzio e sull’apatia. In questa sequenza, la serie si conferma ancora una volta come una delle narrazioni più mature e consapevoli dell’universo Star Wars, capace di riflettere lucidamente anche sulle derive della nostra contemporaneità.

La tensione si sposta poi sulla festa a casa di Sculdun, dove si intrecciano strategie e giochi di maschere. Tra i presenti c’è anche Lonni, l’informatore imperiale legato alla ribellione, che viene coinvolto da Kleya in un diversivo per agevolare il recupero della microspia. La situazione si complica con l’arrivo imprevisto di Orson Krennic, che aggiunge un nuovo livello di rischio alla missione.

Durante il ricevimento, Sculdun mostra con orgoglio i suoi preziosi reperti, offrendo a Kleya e Lonni il momento tanto atteso per agire. Contemporaneamente, Mon Mothma e Krennic si trovano coinvolti in un acceso scambio sull’interpretazione di alcune battaglie storiche, svelando l’approccio revisionista dell’Impero. Alla fine, tra sforzi estremi e in un crescendo di tensione, Kleya riesce a recuperare la microspia. Ferita e con la mano sanguinante, porta a termine la missione, sottolineando ancora una volta quanto sia alto il prezzo da pagare per chi opera nell’ombra della Ribellione.

La rivoluzione non è per i sani di mente

In questo trittico, trova spazio anche il percorso di Wil. Arrivato su D’Qar, futura base della Resistenza in Il Risveglio della Forza, viene accolto dalla cellula ribelle guidata da Saw Gerrera. Il compito affidato a Wil è tutt’altro che semplice: deve addestrare Pluti, uno dei combattenti di Saw, all’uso di un dispositivo alimentato dal pericoloso gas rhydonium, che verrà utilizzato in un attacco mirato contro una stazione imperiale.

Ma ben presto emerge la paranoia che da sempre accompagna Gerrera. Il suo atteggiamento nei confronti di Wil si fa sospettoso e sembra complottare con Pluti per eliminarlo una volta completato l’addestramento. Tuttavia, nel momento in cui tutto pare pronto per la presunta esecuzione, la situazione si ribalta: è Pluti a cadere, ucciso da Saw. Il leader ribelle aveva intuito la verità. Le domande insistenti di Pluti sulla posizione della stazione imperiale avevano destato troppi sospetti, confermati poi dalla scoperta di una microspia sul suo cadavere. Era una talpa dell’Impero.

Arrivati nei pressi della stazione, Wil si prepara per la delicata fase di riparazione e attivazione del congegno. Mentre lui lavora, Saw riflette a voce alta, dando vita a uno dei suoi monologhi più intensi. Ricorda la giungla di Onderon e un vecchio incidente con il rhydonium, un gas che definisce tanto affascinante quanto letale: simbolo perfetto di una rivoluzione che può essere compresa solo da chi ha perso ogni equilibrio. La sua filosofia è chiara: forse non vedranno mai la fine dell’Impero, ma la loro lotta accende una scintilla. I ribelli, per Saw, non sono il gas, ma ciò che lo accende: l’attrito, la scintilla che scatena l’esplosione. Conclude chiedendo a Wil di accettare quel fuoco, di diventare parte di quella fiamma, abbracciando il rhydonium non solo come arma, ma come simbolo della libertà che brucia.

Pareri finali

Questo nuovo trittico della seconda stagione di Andor si rivela sensibilmente più intenso e riuscito rispetto ai primi episodi, confermando ancora una volta la straordinaria maturità narrativa della serie. Andor non si limita a raccontare la nascita della Ribellione, ma la fonde con riflessioni profonde su potere, propaganda, sacrificio e identità morale, andando ben oltre i confini classici dell’universo Star Wars.

Ancora una volta, la serie si distingue per la sua capacità di rappresentare l’Impero non come un’entità astratta e malvagia, ma come un sistema riconoscibile, radicato in logiche storiche e politiche spaventosamente reali. L’Impero di Andor è una macchina oppressiva e burocratica, fondata sul controllo, sul compromesso e sull’indifferenza, che cresce non solo attraverso la violenza, ma anche grazie alla passività e alla complicità silenziosa dei suoi cittadini. È un potere che non si impone solo con la forza, ma anche con il consenso, la propaganda e il revisionismo. E proprio qui risiede una delle grandi forze della serie: l’analisi, lucida e tagliente, di come nascono e si mantengono i regimi totalitari.

Parallelamente, Andor esplora con finezza le crepe interne alla ribellione stessa. Il conflitto non è solo tra bene e male, ma anche tra diverse visioni di giustizia, metodo e sacrificio. Il cuore emotivo della serie resta infatti il sacrificio, declinato in tutte le sue forme: morale, fisico, personale. Saw Gerrera lo definisce un atto da folli, Luthen è disposto a rinunciare alla propria umanità per il bene della causa, mentre Mon Mothma combatte una guerra silenziosa nei corridoi del potere, tentando di difendere la libertà senza cedere del tutto ai metodi nemici.

Ogni personaggio incarna una diversa sfumatura di questa lotta. Syril è tragicamente ambiguo: vittima e strumento dell’Impero, ossessionato dal riconoscimento e invischiato in un sistema che lo usa e lo tradisce. Cassian rimane diviso, ancora riluttante ad abbracciare pienamente la causa ribelle. Luthen, al contrario, appare sempre più spietato e strategico, mentre Saw incarna la ribellione assoluta, fanatica, senza compromessi. Ognuno di loro rende il conflitto non solo epico, ma profondamente umano.

Con questi episodi, Andor conferma di non essere semplicemente una serie ambientata nell’universo di Star Wars, ma un racconto politico e umano costruito con intelligenza, coraggio e una sorprendente attualità. Una opera che osa interrogare lo spettatore e che, proprio per questo, si distingue come una delle più sofisticate e significative produzioni contemporanee.

In attesa dell’uscita del prossimo capitolo e della relativa recensione, vi lasciamo con la nostra recensione generale della seconda stagione di Andor.

4.5
Review Overview
Riassunto

Il nuovo trittico della seconda stagione di Andor rappresenta un passo in avanti rispetto ai primi tre episodi, distinguendosi per maturità narrativa e profondità tematica. L’Impero è ritratto non come un male assoluto, ma come un sistema oppressivo realistico, alimentato da consenso e indifferenza. Andor analizza con lucidità la genesi dei regimi totalitari, rendendo il contesto attuale. Esplora anche le tensioni interne alla Ribellione: divergenze ideologiche, metodi contrastanti e sacrifici morali. I personaggi incarnano varie sfumature del conflitto e ognuno umanizza la lotta, rendendo il dramma credibile. Andor si conferma così un’opera adulta e sofisticata, che sfida lo spettatore con intelligenza e coraggio.

  • Giudizio complessivo4.5
Scritto da
Manuel Salvetti

Storico e docente in discipline umanistiche, coltivo sin dall'infanzia una profonda passione per i videogiochi e il volontariato. Mi affascinano titoli di ogni genere, in particolare quelli a tema storico e sportivo. Inoltre, sono un grande appassionato di Star Wars e dedico molto tempo alla ricerca di nuove informazioni, curiosità e approfondimenti per comprendere le vie della Forza

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