Non è una sorpresa affermare che i giochi AAA siano oggi più grandi che mai, con mondi colossali e traguardi tecnici sempre più ambiziosi. Tuttavia, tutto questo ha un costo: budget milionari che, ormai, risultano quasi impossibili da recuperare.
A lanciare l’allarme è Shuhei Yoshida, ex presidente di PlayStation, secondo cui vendere 10 milioni di copie per un titolo AAA non è più motivo di festeggiamenti per gli sviluppatori. Al contrario, è diventato il minimo sindacale per tentare di rientrare nei costi.
Vendere 10 milioni? Ormai è la norma
Ospite del podcast Kit & Krysta, Yoshida ha sottolineato come oggi i publisher approvino sempre meno giochi, frenati da budget che toccano anche i 200 milioni di dollari. E quando un progetto riceve il via libera, si tratta quasi sempre di un sequel o di un remake: prendere rischi con IP originali potrebbe compromettere l’esistenza stessa dello studio.
Ai tempi della PS1, vendere un milione di copie era considerato un successo enorme. Ora, invece, vendere dieci milioni è diventato quasi banale. Anche se il passaggio da PS4 a PS5 non ha rivoluzionato la tecnologia, i costi continuano a salire.
Durante la generazione PS4, puntare in alto era considerato una strategia vincente. I blockbuster dominavano il mercato, e l’investimento sembrava sempre destinato a rientrare grazie a un pubblico affamato di titoli sempre più spettacolari. Ma ora il modello sembra essersi incrinato.
E mentre Sony affronta polemiche legate ad aumenti di prezzo in diverse regioni e a licenziamenti interni, anche successi conclamati come Marvel’s Spider-Man 2 sembrano non garantire più ritorni economici certi.
Nel frattempo, titoli AA come Clair Obscur o Blue Prince iniziano a guadagnare terreno, dimostrando che forse la sostenibilità non passa più per le megaproduzioni.
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