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[RECENSIONE] The Medium

Dopo Layers of Fear, Observer e Blair Witch, lo studio polacco Bloober Team ci riprova con un’avventura horror fatta di fantasmi, introspezione e narrazione ambientale. The Medium è più di un walking simulator. Il giocatore si trova a rivestire i panni di Marianne, una ragazza dalla forte personalità che fin da bambina è in possesso del potere di comunicare con gli spiriti e di “traghettare” le anime nell’aldilà. L’avventura è ambientata a Cracovia, in Polonia, negli anni ‘90.

Scopriamo insieme dove ci conduce The Medium, un’esperienza a tratti commovente ma non certo priva di difetti.

Versione provata: PC

Tutto inizia da una bambina… e da un funerale

L’intera storia di The Medium ci viene raccontata dalla stessa protagonista: sporca e dall’aspetto stanco, una sigaretta tra le mani, Marianne guarda dritta in camera e torna sui suoi passi per narrare gli avvenimenti che l’hanno portata fino a lì, seduta in una stanza buia in un luogo non meglio identificato. Se sapremo aguzzare la vista e aprire le orecchie, tutto diverrà chiaro a tempo debito.

La storia di The Medium infatti è racchiusa nella narrazione ambientale, negli oggetti abbandonati, nei documenti sparsi per la mappa: testimonianze, ricordi. Moltissimi oggetti sono stati investiti da una carica emotiva potente, che ha impresso in loro una scheggia di memoria: da questi residui intrappolati in giocattoli, telefoni, indumenti, Marianne è in grado di rivivere determinati momenti del passato e scoprire di più riguardo alle vite dei loro vecchi proprietari. È grazie a questa meccanica che scopriremo la maggior parte delle informazioni fondamentali per comprendere il quadro generale della narrazione: The Medium tende a spiegare le cose passo dopo passo, ma lascia spesso al giocatore il compito di tirare le fila e trarre le giuste conclusioni. Succede lo stesso anche sul finale, che rappresenta una soluzione narrativa ambigua, intrigante e piena di pathos.

I personaggi da scoprire non sono molti ma sono ben caratterizzati. Marianne è una giovane dalla personalità forte, che fin da bambina ha dovuto imparare a convivere con il suo potere di comunicare con i morti. Nonostante l’orrore e le difficoltà che le doti da medium le provocano, la protagonista ha deciso di sfruttare queste sue capacità per fare del bene: è infatti in grado di placare le anime inquiete dei fantasmi, per condurli in sicurezza alla pace dell’aldilà. È proprio questo che la ragazza fa anche con il padre adottivo: il racconto si apre infatti a Cracovia, presso un’agenzia di pompe funebri.

Dopo essere stata contattata da un uomo misterioso, Marianne si mette in cammino e raggiunge un resort abbandonato: l’hotel Niwa, un tempo simbolo di lusso e di sfarzo, è stato chiuso al pubblico in seguito a un massacro avvenuto al suo interno. È evidente che il luogo nasconde non pochi segreti.

A metà tra due dimensioni

La grande maggioranza delle circa 7 ore che costituiscono The Medium è ambientata a Niwa, l’hotel abbandonato. Macchie di sangue, urla spettrali e coscienze intrappolate sono all’ordine del giorno nell’ex resort, che comunque non rappresenta un’ambientazione particolarmente ispirata o innovativa. La vera originalità del titolo sta nella controparte spirituale del luogo, che Marianne è in grado di visitare grazie ai suoi poteri di medium. La ragazza infatti è costretta a dividersi tra corpo fisico e corpo spettrale: quest’ultimo assume le sembianze di una ragazza dai capelli bianchi, la pelle cinerea e a tratti ricoperta di funghi. Il Niwa spirituale è un’ambientazione davvero ben riuscita, un Inferno dantesco fatto di decadenza e anime sofferenti.

Il centro del gameplay di The Medium sta proprio nello split-screen e nell’esplorazione duplice degli ambienti: il corpo fisico e il corpo spirituale di Marianne devono necessariamente collaborare per proseguire nel percorso. Dove non si potrà procedere nel mondo terreno a causa di una scala crollata o di una porta chiusa, sarà possibile proseguire nel mondo spirituale, a patto di trovare successivamente un modo per far procedere la ragazza anche dall’altra parte e viceversa. Si costruisce così un’esperienza che va oltre il semplice walking simulator. Il titolo, in ogni caso, non offre mai enigmi particolarmente complessi o soluzioni originali: la curiosità deriva per lo più dalla storia, che spinge a voler scoprire di più riguardo le tristi vicende dei personaggi.

La sensazione di tensione e incertezza è costante. Bloober Team ha puntato meno sui jumpscares questa volta, sfruttando più che altro una direzione artistica encomiabile che ha portato alla nascita di un mondo spettrale davvero ispirato, denso di immagini, suoni e reminiscenze inquietanti.

Menzione d’onore va fatta per le musiche, ad opera del polistrumentista Akira Yamaoka: al compositore dobbiamo le colonne sonore della serie Silent Hill. Anche in The Medium la musica contribuisce a creare un mondo evocativo e commovente, accompagnando l’esplorazione e le scene in modo magistrale.

Un dono… o una maledizione?

Il doppiaggio di The Medium è ottimo. La scrittura dei dialoghi è buona, così come la regia delle scene (che spesso si svolgono in split-screen, con inquadrature e punti di vista diversi). La storia è coinvolgente e contorta al punto giusto, anche se potrebbe risultare decisamente troppo fumosa per i giocatori meno attenti e meno propensi a leggere i documenti che si trovano lungo il cammino.

Purtroppo però, ci sono alcuni difetti che rovinano in parte l’atmosfera e l’immersività del titolo: le animazioni sono decisamente rigide, innaturali, e purtroppo stiamo parlando anche delle animazioni facciali. Fin dai primi minuti di gioco si nota una certa fissità nello sguardo della protagonista, che non aiuta a dare spessore e credibilità al personaggio. La terza persona con telecamera fissa si rivela alquanto fastidiosa in certi frangenti dove è difficile orientarsi e intravedere aperture e porte da imboccare.

Marianne è fondamentalmente inerme davanti al nemico: la minaccia compare in zone alquanto intuibili. Dal mostro potremo soltanto fuggire oppure  potremo, in rari frangenti, contrattaccare grazie all’astuzia. Purtroppo le parti “stealth” durante le quali sarà necessario muoversi senza farci scoprire sono le più deboli dell’intero titolo, che proprio in queste sezioni mostra il fianco e scopre tutti i suoi problemi tecnici. Spesso si ha la sensazione che nascondersi in realtà non serva a nulla: il segreto è imparare in che direzione si muove il nemico, per passargli vicino o alle spalle senza essere acciuffati, trasformando così lo stealth in un “trial and error”.

A parte un unico crash, non abbiamo riscontrato altri particolari problemi tecnici ad eccezione delle texture alquanto ballerine e lente nel caricarsi.

In generale The Medium rappresenta quindi un’avventura horror che esegue il suo compito in modo sufficiente, senza però offrire momenti o meccaniche particolarmente memorabili a parte l’idea dello split-screen. Quest’ultimo è, di fatto, l’unico motivo per il quale il gioco è stato sviluppato su next-gen. Per tutto il resto, The Medium è un titolo che sa di stantio, ancora troppo ancorato al passato per venire ricordato come qualcosa di davvero innovativo.

PUNTI DI FORZA

  • Le musiche di Akira Yamaoka
  • Pochi personaggi ma ben caratterizzati
  • Le meccaniche legate allo split-screen sono una bella idea

 

PUNTI DI DEBOLEZZA

  • Animazioni statiche
  • Le parti stealth sono noiose e mal riuscite
  • In generale, il titolo non ha nulla di davvero next-gen

In The Medium scopriamo il traumatico passato di Marianne, una giovane ragazza in grado di muoversi nel mondo spiritico e comunicare con i morti. La Cracovia degli anni ’90 è evocativa e inquietante, soprattutto nella sua controparte infernale. Nonostante le ottime musiche di Akira Yamaoka (il compositore di Silent Hill), il titolo si muove tra le luci di una direzione artistica di eccezione e le ombre di un gameplay decisamente scricchiolante e poco profondo. The Medium è una buona avventura horror che però sa troppo di vecchio per risultare davvero memorabile, sia dal punto di vista della narrazione che dal punto di vista tecnico.

 

 

Scritto da
Chiara Ferrè

Ciao, sono Chiara. Cresciuta a pane, Harry Potter e Final Fantasy, ho da sempre una grande passione per la narrazione in tutte le sue forme. Cerco campi di battaglia, magici cappelli, lucertoloni volanti. Ho una penna e non ho paura di usarla.

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