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Riflessioni a freddo – The Last Guardian

Vacanze di Natale. Tempo di festa, serate con gli amici, pranzi e cene con la famiglia, e, naturalmente, di un po’ di sano backlog che fa sempre bene a noi videogiocatori. Proprio sulla rubrica Riflessioni a freddo cerchiamo, noi di Uagna.it, di confidarvi sensazioni e pareri su giochi non più tanto recenti che abbiamo avuto modo di recuperare solo da poco, parlandone anche in modo più personale rispetto ad una recensione che magari avete già letto su queste pagine.

È questo il caso del gioco che ho avuto modo di testare in questi giorni, The Last Guardian. Grande rimpianto di PS3, console sulla quale non ha mai visto i natali, il misterioso gioco partorito dalla mente di Fumito Ueda è uscito come esclusiva PS4 dopo circa 10 anni dall’annuncio, per uno sviluppo che dunque è risultato essere più travagliato che mai. Come non dare fiducia da parte di Sony, però, verso l’uomo che aveva ideato due capolavori come ICO e Shadow of the Colossus, recentemente rimesso a nuovo da Bluepoint Games in uno splendido remake?

Piccola ulteriore premessa: voi fan attenti di Riflessioni a freddo vi sarete sicuramente accorti che all’appello manca la seconda parte dello speciale dedicato a Metal Gear Solid V. Arriverà, statene certi. È stato solamente messo in stand-by per un po’, ma arriverà.

La fama che TLG si porta dietro, sin dal lancio nel 2016, è risaputa. Il poetico gioco di Ueda, che potremmo far rientrare in una categoria tra l’avventura, il platform e il puzzle, ha sofferto di problemi tecnici di varia natura, su tutti una fastidiosa telecamera che dovendo restare ancorata alle spalle del giovane protagonista sembra sempre pronta ad entrare in crisi. Con mio parziale stupore, considerando le patch da scaricare che a quanto avevo letto sembravano aver arginato il problema, la telecamera è dalle primissime battute di The Last Guardian un problema non da poco. Una volta risvegliato Trico, la dolce creatura che ci accompagna lungo tutta la permanenza in questa sorta di città perduta, mi dirigo infatti nell’area successiva dove ritrovo il Disco e inizio a padroneggiare i poteri dell’animale, dovendo però fare a cazzotti fin troppo spesso con una telecamera a dir poco odiosa. Addirittura questa si compenetra col protagonista o con Trico, pur di non allontanarsi di una virgola dal binario che è stato stabilito.

Questa, insieme ad un sistema di comandi traballante (e con una mappatura quasi assurda, per quale motivo mettere il salto sul tasto triangolo??), è la prima impressione che un qualsiasi giocatore ha di fronte a The Last Guardian. Positiva? No, non direi proprio, ma se ripenso a quello che furono ICO e Shadow of the Colossus, evidentemente queste problematiche sono componenti onnipresenti nei prodotti targati Ueda. Ripensando, senza andare troppo indietro nel tempo, al remake di SOTC ad opera di Bluepoint, uno dei 10 giochi migliori del 2018 nella mia personalissima classifica, telecamera e controlli sono nuovamente una limitazione in alcuni casi. Malus, l’ultimo colosso da affrontare, è una palla al piede ad esempio: la telecamera non aiuta in quella che è una boss fight atipica (lenta e basata sullo studio, piuttosto che veloce e reattiva come negli altri casi), e i movimenti di Wander sembrano fatti apposta per far innervosire. Qui, in The Last Guardian, accade esattamente la stessa cosa, ma in proporzione più ampia considerando l’interazione che il giovane protagonista deve avere con Trico, quello che non è un mero alleato controllato dal computer come capita con gli NPC di molti altri giochi. Trico è una creatura che entra direttamente in azione quando viene chiamata a farlo, e che siamo proprio noi a comandare quando acquisiamo la facoltà di farlo. Peccato che, appunto, la responsività di Trico e l’intera struttura dei comandi non siano affatto comode. Diciamo che comprendo le numerose critiche mosse al gioco di Ueda al momento del lancio, ma devo fare i conti con un altro aspetto: il mondo.

Pur essendo silenzioso, deserto e apparentemente morto, il mondo di Ueda è come sempre una parte fondamentale dell’intero racconto della narrazione. Dal risveglio nella caverna di Trico all’incontro con le prime armature che sembrano particolarmente interessate al giovane ragazzo, dal primo squarcio del Nido in tutta la sua grandezza alla spettacolare torre del Signore della Valle, antagonista principale dell’intera storia di The Last Guardian ma che scopriamo solo nelle battute finali del gioco. Proprio come nelle opere precedenti di Ueda, se ben ci pensate. Dormin, che in Shadow of the Colossus comunicava con Wander solo come voce dalla sua prigione mistica, appare in forma fisica solamente nel finale, quando prende possesso del ragazzo che ha sconfitto tutti i colossi. Il Signore della Valle, un essere che sembra aver trasceso le leggi della natura e aver superato i limiti del corpo fisico grazie anche all’utilizzo delle creature note come Trico, è ancor più enigmatico: una sfera di energia (?) che riposa in un globo di protezione, lontano dal mondo e dagli uomini, quasi a voler comunicare la sua superiorità su qualsiasi altro essere vivente e sul mondo intero. Un mondo, come dicevo, bellissimo. Dal punto di vista artistico, non si può davvero imputare nulla a Ueda. Le arcaiche architetture ricordano molto da vicino il castello della Regina di ICO e i templi abbandonati di SOTC, a sottolineare che quella che abbiamo vissuto in tutti questi anni è una sola storia, in un solo universo narrativo. Un’esperienza affascinante anche da questo punto di vista: come unire tutti i puntini di ICO, SOTC e TLG? Io ci provai anni fa, ci ho riprovato a inizio anno dopo aver battuto Dormin, e di nuovo pochi giorni fa ponendo fine alla supremazia del Signore della Valle. Un mare di ipotesi, pochissime certezze, una storia che quasi siamo noi a voler e dover scrivere. L’intendo delle storie di Ueda è sempre stato questo, ed è anche qui che risiede la straordinaria magia delle sue opere, che riesce a trascinarmi pienamente.

Perché Trico ha rapito il ragazzino, come si scopre mano a mano che il gioco ci fa luce sugli avvenimenti legati al passato dei due? Perché gli altri Trico sono così ostili verso il loro simile? Perchè, ancora, ci ritroviamo in un gigantesco tempio abbandonato circondato dalle montagne e che sembra privo di qualsiasi forma di vita, fatta eccezione appunto per i Trico e le poche lucertole e gli uccelli che transitano qui? E di nuovo, cosa diavolo sono le armature alimentate da una sorta di magia che cercano di catturarci ad ogni occasione? Sono tutti piccoli pezzi, parti di un puzzle che cerca di compiersi arrivando alla fine della storia, ma che continua a lasciare interrogativi, e penso che questo sia uno dei più grandi pregi delle opere di Ueda: non tanto quello di far sentire a casa il giocatore, e neppure quello di disorientarlo, quanto quello di riflettere, pensare, unire i puntini e continuare, imperterrito, a farsi delle domande. The Last Guardian non fa eccezione, ed è questo che sapevo già mi sarebbe piaciuto del gioco. La prova non ha disatteso le mie aspettative, e anzi mi ha posto di fronte a qualcosa di parzialmente inaspettato. Il racconto non tanto di una storia, o di una fuga dalla prigionia. Il racconto, invece, di un’amicizia, di un legame che nasce e che si evolve, una connessione potentissima tra l’uomo (il giovane ragazzo) e la natura (Trico), che finiscono infine col creare un tutt’uno. E tutto questo nel silenzio più totale, rotto solamente dai richiami del giovane protagonita e dai versi della creatura, che spezzano la solitudine di un mondo, forse volutamente, dimenticato dal resto degli umani.

In fin dei conti, The Last Guardian è stata una bella esperienza, non tra le più belle vissute in questa generazione di hardware ma neppure da dimenticare. Neanche lontanamente memorabile come quella di Shadow of the Colossus, vuoi per lo straordinario concept del gioco originariamente uscito su PS2, vuoi per una serie di problemi tecnici che l’ultima fatica di Ueda si porta con sé sin dalla release. Ma, appunto per questo, capisco molte delle critiche mosse al momento del lancio dell’esclusiva PS4 agli sviluppatori, e credo anche di capire Sony quando ha deciso di dire arrivederci (non un addio, fortunatamente) a Ueda dopo The Last Guardian. L’autore giapponese è al lavoro su un nuovo enigmatico gioco del quale non sappiamo e non abbiamo ancora nulla se non una sola immagine teaser che sembra fare il filo proprio a Shadow of the Colossus, ma sembra che l’antico idilliaco rapporto con Sony sia giunto al tramonto dopo il travagliato sviluppo di TLG durato più di 10 anni. Addio ai giochi targati Ueda su console giapponesi? No, ma è plausibile pensare ad un allargamento ad altre piattaforme. Chiacchiere che a noi interessano poco. L’importante, per me, è mettere le mani su un nuovo gioco di Fumito Ueda il prima possibile, e tornare a sognare nei suoi magici mondi.

La prima immagine teaser del nuovo gioco di Ueda. Un altare, una ragazza e un essere colossale: la somiglianza con SOTC è molto evidente…

Scritto da
Andrea "Geo" Peroni

Entra a contatto con uno strano oggetto chiamato "videogioco" alla tenera età di 5 anni, e da lì in poi la sua mente sarà focalizzata per sempre sul mondo videoludico. Fan sfegatato della serie Kingdom Hearts e della Marvel Comics, che mi divertono fin da bambino. Cacciatore di Trofei DOP.

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