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Sand Land | Recensione

Il 2024 sarà tristemente ricordato da tutti gli appassionati delle opere giapponesi per la prematura scomparsa di Akira Toriyama, l’autore di pietre miliari dell’animazione come Dragon Ball e Dr. Slump. I più accaniti lettori conosceranno tuttavia altrettanto bene anche Sand Land, manga scritto e disegnato dal compianto autore nipponico composto da 14 capitoli, pubblicati sulla rivista Weekly Shōnen Jump di Shūeisha nel lontano 2000.

Come è ben noto, Toriyama non si è unicamente focalizzato sulla carta, ma ha investito parte delle proprie energie anche nel comparto dei videogiochi, collaborando con importanti studi di sviluppo. Oltre all’altrettanto noto Dragon Quest, il creativo giapponese ha prestato servizio anche per effettuare la trasposizione di Sand Land nel mercato videoludico, senza purtroppo sapere che sarebbe stato il suo ultimo lavoro, e che sarebbe scomparso prima del rilascio ufficiale.

Leggi anche: Tutto quello che c’è da sapere su Sand Land

Sarà quindi riuscita Bandai Namco a confezionare un prodotto eccellente in pieno stile Akira Toriyama? Scopriamolo insieme all’interno della nostra recensione!

Versione provata: PlayStation 5

Aqua de Vida

La componente narrativa di Sand Land affonda le proprie radici in un contesto di forte critica sociale. Il mondo di gioco è infatti flagellato da una siccità perenne a causa delle continue guerre architettate dagli uomini, che non hanno mai saputo accontentarsi delle risorse a loro disposizione. Questa condizione critica ha posto sia l’umanità che i Demoni a contendersi l’acqua al fine della sopravvivenza, resa sempre più difficoltosa dai vari conflitti ancora in corso tra le fazioni. L’esercito del poco incisivo Re di Sand Land, è difatti capitanato da un freddo generale, che vuole a tutti i costi mantenere l’egemonia del regno a scapito di tutti gli altri abitanti.

La situazione cambia sensibilmente quando Rao, un determinato sceriffo, fa visita al villaggio dei Demoni chiedendo loro aiuto al fine di trovare una famosa sorgente leggendaria, capace di sanare la maggior parte dei problemi idrici degli abitanti del regno. Dopo una piccola valutazione (ed approvazione da parte del padre), il principe Beelzebub decide quindi di unirsi alla causa, insieme al fido compagno Thief. Il trio parte quindi all’avventura nel siccitoso regno delle sabbie, così da cercare di migliorare il destino di tutte le creature viventi, lasciandosi alle spalle il continuo confronto tra creature demoniache ed esseri umani.

A poche ore dall’inizio della storia tuttavia, Sand Land spalanca il proprio sipario grazie all’introduzione dei veicoli, che rivestono buona parte del gameplay del titolo Bandai Namco. Quando infatti la jeep di Rao viene messa fuori uso dai banditi, i nostri eroi si troveranno costretti a rubare un carro armato, che sancirà appunto l’inizio vero e proprio delle vicissitudini. Naturalmente nel corso della trama verranno aggiunti nuovi peculiari mezzi, che risulteranno indispensabili nella prosecuzione della campagna.

Mondi aperti…forse troppo

Le ambientazioni all’interno delle quali si svolgeranno le varie missioni del titolo sono fondamentalmente due: Sand Land e Forest Land. Entrambe godono di un’ampia area di gioco che, dobbiamo dirlo, forse risulta particolarmente eccessiva. Spostarsi nell’ambiente desertico è inizialmente abbastanza lento e tedioso, visto e considerato che la velocità non è propriamente la caratteristica principale di buona parte dei veicoli presenti. La situazione si alleggerisce una volta entrati in possesso di auto e moto, ma questo espediente richiede svariate ore prima di poter essere sfruttato.

Allo stesso tempo, l’open world offerto da Bandai Namco offre attività abbastanza limitate, sia nelle missioni secondarie (la maggior parte fetch quest che richiedono di recuperare un determinato oggetto oppure di eliminare un particolare nemico) sia per quanto concerne l’esplorazione. Durante i lunghi viaggi per le aree infatti, si potranno incontrare delle antenne radio utili per arricchire la mappa di dettagli in stile Far Cry, oppure grotte all’interno delle quali è possibile recuperare una parte degli innumerevoli materiali presenti, utili per potenziare i veicoli o creare parti per questi.

Al di fuori di questo purtroppo, non vi sono attività più incisive, e ciò porta allo sfruttamento del viaggio rapido non appena disponibile, così da accorciare sensibilmente i tempi di trasferimento. Una cosa che non ci è troppo piaciuta è poi la necessità di dover sempre richiamare il veicolo non appena si scende da esso; per quanto la meccanica delle capsule alla Dragon Ball sia simpatica, alla lunga diventa abbastanza tediosa e fa perdere diverso tempo inutilmente.

In aggiunta alle due aree aperte sopra menzionate, gli sviluppatori hanno previsto anche dei dungeon al “chiuso” i quali, nonostante non spicchino per level design, riescono a spezzare a favore il ritmo, che altrimenti si ridurrebbe ad un semplice: “Vai dal punto A al punto B e combatti”.

Combattimenti demoniaci

Dal punto di vista del gameplay, l’esperienza creata dagli sviluppatori di ILCA alterna le fasi di esplorazione con sezioni puramente d’azione, che rivestono un buon 50% dell’offerta proposta. I combattimenti possono essere affrontati sia corpo a corpo che, naturalmente, a bordo dei veicoli presenti a seconda delle condizioni. Il primo approccio tuttavia non è certo dei migliori inizialmente, soprattutto a causa delle poche mosse offensive di Beelzebub. Per quanto infatti con il progredire dei livelli di esperienza si possano utilizzare i punti abilità per imparare nuovi attacchi, a terra spesso ci si limita ad un button smash condito quasi unicamente dal tasto della schivata.

Dentro i mezzi invece, le fasi action risultano più piacevoli e divertenti, soprattutto se ci si trova all’interno del carro armato. Grazie alle due armi installate per ogni veicolo, la strategia si approfondisce un minimo, sollevando in maniera tangibile l’interazione con il titolo e dando pieno controllo al giocatore. L’unico “scoglio” da superare durante le prime battute del gioco, è quello relativo ai comandi, che di default posizionano nella levetta sinistra l’accelerazione ed il freno, deputando i grilletti alla mira ed al fuoco (a ragion del vero è possibile modificare queste impostazioni così da renderle simili ai giochi di guida, ma dopo un po’ di abitudine risultano effettivamente migliori).

Un ambito su cui ILCA si è fortmente adoperata è quella relativa alla personalizzazione ed al crafting. Nella città che funge da hub infatti, sarà possibile reclutare tramite le missioni secondarie una vasta gamma di NPC, che contribuiranno ad ampliare le possibilità date da Sand Land in termini di miglioramenti, sia a livello di statistiche numeriche e sia per quanto concerne il mero vezzo estetico.

Nel villaggio si potranno acquistare materiali, personalizzare i veicoli ed incrementarne le prestazioni, grazie ad un (almeno inizialmente) intricato sistema di costruzione. Grazie alle risorse recuperate nelle aree e dai nemici, l’abile meccanico innalzerà difatti il livello di potenza dei vari mezzi, consentendo allo stesso tempo di modificare le varie parti in modo da equipaggiare i migliori strumenti a disposizione.

Tecnicamente arte

Quello che balza immediatamente all’occhio di Sand Land è il pregevole cel shading messo in campo da ILCA, che senza troppe remore è uno dei più belli mai realizzati in un videogioco. I colori ed il comparto illuminazione del titolo targato Bandai Namco impreziosiscono ulteriormente l’opera, che sembra essere letteralmente una protesi del manga scritto da Toriyama. I personaggi risultano vivi e vibranti, a differenza invece dello scenario, che complice anche la vasta marea sabbiosa, si mostra più anonimo e piatto.

Dal lato sonoro è invece apprezzabile l’accompagnamento musicale, proveniente direttamente dalla serie animata presente su Disney+, così come il doppiaggio in inglese e giapponese che, per quanto non sia tra i migliori mai uditi, accompagna bene lo svolgersi delle azioni, anche se i personaggi tendono ad essere un po’ troppo prolissi e ripetitivi durante i vari trasferimenti, riproponendo più volte gli stessi dialoghi.

Tecnicamente vi è poi un buon mantenimento dei 60 fps che, in abbinamento alla pressoché totale assenza di bug, porta l’interazione con Sand Land a livelli più che piacevoli.

Ringraziamo Bandai Namco Entertainment per il codice review fornitoci.

7.4
Review Overview
Riassunto

Sand Land è un gioco che regala emozioni contrastanti. Se da un lato abbiamo una buona caratterizzazione dei personaggi ed una gradevole commistione di sequenze d'azioni e tinte GDR, dall'altra faccia della medaglia il titolo Bandai Namco soffre di un mondo aperto troppo vasto ed abbastanza povero di offerta. Rimane comunque un prodotto piacevole che si lascia giocare senza troppe pretese, a maggior ragione per coloro che sono appassionati dell'opera di Akira Toriyama.

Pro
Artisticamente eccelso Personaggi ben caratterizzati Gameplay abbastanza divertente...
Contro
...ma troppo semplice nelle meccaniche Mappa eccessivamente grande e povera di contenuti Le troppe risorse rendono il crafting un po' cerebrale
  • Concept & Trama7
  • Gameplay7
  • Comparto Artistico8
  • Comparto Tecnico7.5
Scritto da
Lorenzo Bologna

Appassionato di tutto ciò che concerne il mondo videoludico, sono un inguaribile amante dei titoli horror e un accumulatore compulsivo di trofei (meglio se di platino). Avvicinato al medium grazie a mamma Nintendo e papà Crash Bandicoot.

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