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The Last Case of Benedict Fox: Definitive Edition | Recensione

Il genere metroidvania sta attualmente attraversando un periodo abbastanza florido. Diverse opere stanno infatti abbracciando questa particolare nicchia videoludica e, grazie alle particolari connotazioni che la caratterizzano, pubblico e critica sembrano a loro volta apprezzare questa direzione produttiva. Tra le numerose aziende, anche Plot Twist ha voluto mettere la propria firma in merito, rilasciando ad aprile 2023 su Xbox e PC The Last Case of Benedict Fox. Il gioco tuttavia non ha avuto un’accoglienza memorabile, a causa soprattutto di alcuni limiti tecnici nelle fasi platform e di combattimento.

La software house polacca non si è tuttavia lasciata scoraggiare e, dopo essersi rimboccata le maniche per quasi un anno, ha recentemente rilasciato la Definitive Edition del titolo, che ne sancisce peraltro il suo arrivo anche in ecosistema PlayStation. Sarà quindi riuscita a risollevare le sorti di Benedict? Scopriamolo insieme nella nostra analisi.

Versione provata: PlayStation 5

Un investigatore e il suo Compagno

La scintilla narrativa che dà il via alle vicende di The Last Case of Benedict Fox vede il protagonista, Benedict, indagare sulla misteriosa scomparsa del padre, in una tempestosa Boston del 1925. Fin dai primi momenti, l’opera mette a conoscenza il giocatore del fatto che il giovane possiede al proprio interno un oscuro passeggero, che egli definisce come Compagno. L’entità, che affonda le proprie radici estetiche e comportamentali nell’universo Lovecraftiano, è una sorta di consigliere/aiutante, che interverrà sia nelle fasi di esplorazione ma soprattutto in quelle di combattimento.

Recatosi nella villa del genitore, Benedict decide di indagare maggiormente sul suo passato e su quello del padre, da sempre affascinato dal mondo dell’occulto. Per proseguire nella propria indagine, il protagonista sarà chiamato ad esplorare il Limbo, che rappresenta il vero fulcro metroidvania del titolo ed è ambientato in una sorta di mondo parallelo dalle tinte molto più inquietanti. Naturalmente la trama non ha subito il minimo intervento in questa nuova versione, rimanendo quindi abbastanza coinvolgente e con qualche colpo di scena interessante, anche se permane la presenza di svariati elementi recuperabili che non aggiungono assolutamente nulla in termini di descrizione od approfondimento.

Esplorare e combattere il Limbo

Come dicevamo poc’anzi, il gameplay di The Last Case of Benedict Fox si suddivide fondamentalmente in due segmenti: quello investigativo ambientato nella villa del padre del protagonista, che funge da vero e proprio hub all’interno del quale sarà possibile potenziare le abilità del personaggio e del proprio equipaggiamento, e quello da vero metroidvania, ambientato nell’onirico mondo parallelo. Il primo punto vede come unica attività diretta quella che richiede la risoluzione di particolari enigmi ambientali (codici e simboli principalmente) che possono tuttavia essere semplificati grazie a diverse opzioni di accessibilità, fino ad arrivare addirittura al completamento automatico.

Concentrandoci invece maggiormente sul secondo aspetto, il titolo creato da Plot Twist abbraccia i principali canoni del genere, offrendo quindi una mappa di gioco orizzontale che si dipana su diversi livelli e con il backtracking che la fa da padrone, forse eccessivamente. Sono infatti numerosissime le porte o le sezioni non disponibili ad una prima esplorazione, e ciò costringe a tornare sui propri passi una volta ottenuto un nuovo accessorio in maniera compulsiva, quasi disturbante.

Il vero problema tuttavia che si presentava nell’edizione originale e che purtroppo non è stato mitigato in alcun modo in questa Definitive Edition, è il senso di smarrimento. Fin dalle prime esperienze all’interno del Limbo, non sono presenti le ben che minime indicazioni sull’obiettivo da compiere per poter proseguire nella missione; ne deriva quindi una vera difficoltà nel capire cosa fare e dove andare.

Nemmeno la buona rappresentazione grafica della mappa aiuta, in quanto consente al giocatore unicamente di fissare dei marcatori sulle vie chiuse o irraggiungibili (e che hanno a loro volta una forma abbastanza incomprensibile). Tuttavia è da segnalare che per quanto riguarda le varie porte bloccate che si incontreranno durante il cammino, gli sviluppatori hanno deciso di contrassegnarle con delle icone maggiormente riconoscibili, in modo da facilitarne successivamente il recupero, anche se non in modo così semplice. Uno dei problemi principali del titolo, che eredita dalla sua interazione originale, riguarda infatti il sistema di salto, che che non consente una perfetta programmazione dell’azione, portando molto spesso ad una frustrante caduta.

Ovviamente a condire le varie ambientazioni vi sono diversi nemici che, come è lecito aspettarsi, innescano le fasi action della produzione. Il personaggio può attaccare tramite un coltello e attraverso una sorta di pistola che ricarica le proprie munizioni attraverso l’utilizzo dell’arma bianca appena citata. Questa meccanica, per quanto migliorata rispetto alla versione 1.0 della produzione, continua purtroppo a soffrire di hitbox approssimative, che nella buona parte dei casi non consente una lettura immediata dell’attacco avversario, nonostante il cerchio rosso che ne contraddistingue l’azione.

Arte di crescita

A corredo del gameplay, The Last Case of Benedict Fox offre anche un sistema di progressione dei due protagonisti che, attraverso l’utilizzo dell’inchiostro raccolto durante le visite nel Limbo, permetteranno all’oscuro compagno di apprendere nuove abilità che l’uomo potrà poi sfruttare. L’albero delle mosse è tuttavia troppo lineare, e rappresenta quindi una sorta di strada forzata per fare in modo che l’utente selezioni fondamentalmente una sequenza di potenziamenti predeterminati. L’inchiostro non fissato nei punti di teletrasporto (o speso, ovviamente) in caso di morte sarà lasciato sul terreno in stile souls, richiedendo il recupero sul luogo senza morire ulteriormente.

Dal punto di vista artistico il titolo di Plot Twist si erge invece su livelli molto soddisfacenti. I disegni fatti a mano riescono infatti a garantire un ottimo impatto visivo soprattutto per quanto riguarda i fondali del Limbo, che riescono ad essere dei veri e propri quadri dinamici. Anche il doppiaggio in inglese (con testi a schermo in italiano) risulta azzeccato ed immersivo, a maggior ragione per le battute dedicate alla presenza oscura che possiede il protagonista.

Dal lato tecnico il gioco, al netto di tutte le lacune nelle fasi di esplorazione e combattimento precedentemente affrontate, mantiene una fluidità accettabile, che non inficia la fruizione delle vicende a schermo per tutte le 8-10 ore necessarie ad arrivare ai titoli di coda.

Ringraziamo Plot Twist per il codice review fornitoci.

7
Review Overview
Riassunto

The Last Case of Benedict Fox: Definitive Edition migliora alcuni aspetti della versione originale come l'approccio ai combattimenti ed alcune caratteristiche relative alla quality of life. Ciononostante la maggior parte dei limiti produttivi del passato sono riscontrabili anche in questa nuova interazione, come il senso di smarrimento durante l'esplorazione ed una poca precisione delle hitbox e degli input.

Pro
Artisticamente gradevole La storia è accattivante
Contro
Esplorare il Limbo può essere frustrante Hitbox ed input non sono precisissimi
  • Concept & Trama7.5
  • Gameplay6
  • Comparto Artistico8
  • Comparto Tecnico6.5
Scritto da
Lorenzo Bologna

Appassionato di tutto ciò che concerne il mondo videoludico, sono un inguaribile amante dei titoli horror e un accumulatore compulsivo di trofei (meglio se di platino). Avvicinato al medium grazie a mamma Nintendo e papà Crash Bandicoot.

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