Sono trascorsi ormai più di sei mesi da quando abbiamo parlato per l’ultima volta di uno dei lavori di Bitmap Books, la casa editrice d’oltremanica che ama raccontare i videogiochi di un tempo. L’occasione risaliva a novembre dello scorso anno, quando A Tale of Two Halves era andato a costruire una lunghissima e ricchissima retrospettiva dedicata ai videogiochi calcistici del passato, ben prima che il dualismo FIFA/PES imperasse fino a dare poi il dominio totale a Electronic Arts.
Questa volta, l’operazione è simile, ma si cambia totalmente genere – e non è la prima volta. Hurt Me Plenty è infatti il secondo volume di una serie di retrospettive dedicate agli sparatutto in prima persona, genere ricchissimo di esponenti che negli ultimi vent’anni ha subito un enorme incremento di popolarità grazie al multiplayer e alle moderne tecnologie. La storia del genere, però, affonda le radici molto indietro nel tempo, e infatti questo tomo arriva dopo I’m Too Young to Die, che ne narrava le origini – ve ne parleremo in una prossima occasione.
In un tomo potentissimo, anche sul fronte dell’impatto scenico e sulla libreria (preparatevi a rinforzarla, il peso è notevole), Bitmap illustra con una precisione impressionante gli sparatutto in prima persona, o FPS, pubblicati dal 2003 al 2010. Sembrano pochi anni, se si pensa che il primo volume di quest’operazione racchiude tutto ciò che è venuto prima del 2003, ma vale la pena ricordare che è proprio in questi anni, durante le generazioni di PS2/Xbox/GameCube prima e PS3/Xbox One/Wii poi che il genere degli shooter in prima persona è esploso.
Scritto da Stuart Maine, progettato da Sam Dyer e Richard Ashley-Cowan, e con la cover art di Ian Prestridge, Hurt Me Plenty, titolo che riprende uno dei livelli di difficoltà dei videogiochi della serie DOOM (tu pensa il caso!), raccoglie quasi 220 videogiochi sparatutto in prima persona per raccontarne l’impatto, il significato, qualche retroscena interessante e, perché no, anche come alcuni di questi abbiano inavvertitamente cambiato tutto nel nostro modo di pensare e giocare.
A pagina 298, ad esempio, viene ricordato quello che è senza dubbio il più importante capitolo nella storia di Call of Duty, il quarto, dal titolo Modern Warfare. Un videogioco, quello di Infinity Ward, semplicemente monumentale, capace di evolvere non solo genere ma l’intero settore dell’intrattenimento, e non stiamo scherzando. Il mondo dei videogiochi subì l’impatto mostruoso di COD 4 allo stesso modo in cui Halo, pochi anni prima, aveva espresso tutta la forza bruta di Bungie, dando a Microsoft la chiave ideale per presentare al mondo la forza di Xbox. Ovviamente, parlando della serie ideata dagli autori di Destiny, non possono mancare Halo 2 e Halo 3 nel lavoro di Bitmap, insieme a una lista lunghissima di capolavori intramontabili.
C’è Portal. C’è Left 4 Dead. C’è GoldenEye 007. Ci sono Fallout 3, Half-Life 2, The Darkness, Counter-Strike NEO, Battlefield: Bad Company, STALKER, Borderlands, Perfect Dark Zero, Star Wars: Battlefront, Ghost Recon: Advanced Warfighter e così via. C’è persino XIII, quello spettacolare shooter che mi ha fatto ricordare quanto fosse indegna la remastered pubblicata negli anni scorsi. Ovviamente, non si parla di ogni singolo FPS pubblicato in tale arco temporale: Bitmap ha scelto di concentrarsi sulle opere più significative, quelle che hanno reso immensi alcuni franchise o, più semplicemente, quelle che hanno portato lustro al genere.
Non nego che questi volumi di Bitmap sono anche l’occasione per riscoprire, o addirittura scoprire da zero, videogiochi del passato che per svariate ragioni mi sono sfuggiti all’epoca. Insomma, non si può essere tuttologi. È così ad esempio che ho riscoperto Breakdown, shooter fantascientifico con protagonista un uomo che soffre di amnesia e che deve combattere alieni, uscito su Xbox – console che non ho mai posseduto, ed ecco svelato il mistero del perché questo titolo fosse completamente scomparso dalla mia mente. Ho riscoperto GoldenEye: Rogue Agent, una sorta di sequel spirituale del gioco di Rare per Nintendo 64 che in realtà era sviluppato da EA Los Angeles e non centrava nulla – ma 1 milione di copie vendute non sono bruscolini.
E poi, mentre sfogliavo, ecco che arrivano gli inserti speciali, come le interviste a personalità di spicco di questo mondo. A pag. 246, ad esempio, la sorpresa delle sorprese: Garry Newman. Sì, quel Garry Newman, quello di Garry’s Mod. La chiacchierata con il team di Bitmap è l’occasione giusta per scoprire qualcosa di più su quello che era partito come un semplice passatempo ed è diventato un fenomeno mondiale, battagliando a più riprese con colossi come Disney e Nintendo per le solite questioni legali di copyright. Piccolezze.
La qualità della carta e della stampa è altissima, mentre l’impaginazione, per quanto sia senza sbavature, è decisamente scolastica: tutto viene proposto con testi neri su sfondo bianco, arricchito da screenshot dei giochi originali che, a pagine alterne, vengono anche proposti come intere facciate. Questo porta a spiacevoli pixel in alcuni casi grandi quanto una betoniera? Sì, ma il bello del retrogaming è proprio questo. Bitmap, abilmente, ci ricorda di quanti passi avanti sono stati fatti, e che se oggi ad esempio continuiamo a sognare il nuovo Battlefield o il nuovo Call of Duty (io personalmente vorrei Titanfall, ma EA proprio non ne vuole sapere), è grazie a tutto questo.
La scelta cromatica per la copertina, in ogni caso, non è casuale. Il colore bianco è l’opposto a quel grigio scuro del primo volume, quasi a rappresentare il periodo più luminoso di questo genere di videogiochi dopo una prima fase di sperimentazione. O forse stiamo esagerando con le sovraletture? Beh, in ogni caso è un tomo di oltre 460 pagine elegantissimo, con tanto di segnalibro rosso che richiama il colore del titolo.
Ricordiamo che, come sempre, anche Hurt Me Plenty viene proposto interamente e solamente in lingua inglese, e non ci sono notizie circa una sua possibile localizzazione in lingua italiana – per quanto sarebbe molto bello.

Review Overview
Riassunto
Con un design semplice ma efficace, Bitmap Books presenta al monto Hurt Me Play, la seconda retrospettiva dedicata all'immenso genere degli sparatutto in prima persona, questa volta concentrandosi sul periodo dal 2003 al 2010. Sono solo sette anni, ma densi di tantissimi avvenimenti, videogiochi ma soprattutto capolavori che hanno definito le regole di quel genere che ancora oggi amiamo. Il volume perfetto per capire come oggi, ancora, dopo tanto tempo, gli FPS siano una presenza imperante nel mercato dei videogiochi.
- Giudizio complessivo4.5
Scrivi un commento