Home Cinema The Mandalorian 3×03, recensione: muoversi nell’ombra

The Mandalorian 3×03, recensione: muoversi nell’ombra

In quello che senza dubbio è il più atipico episodio di sempre per The Mandalorian, Din Djarin (Pedro Pascal) lascia gran parte della scena a un personaggio del tutto inaspettato, con interrogativi che ci porteremo avanti almeno fino al prossimo episodio della terza stagione e collegamenti che probabilmente si interessano di connettere la trilogia del Primo Ordine al resto dell’universo narrativo.

Eh sì perché il buon Din, abbandonato Mandalore insieme a Bo-Katan (Katee Sackhoff), passa totalmente in secondo piano. Ai due personaggi viene concessa la sola sequenza d’apertura, a dire il vero molto bella – uno scontro aereo con caccia TIE imperiali, poiché come sappiamo Palpatine sarà sì stato ucciso da Darth Vader ma i resti del suo operato sono duri a scomparire -, e una manciata di minuti finali, utili per riconnettere la sua storia senza dare però particolari indizi su dove andranno a parare i prossimi episodi.

Forse è troppo presto per dire se l’episodio di oggi sarà ascribile a un lungo e inutile filler, come alcuni spettatori già insinuano in rete (e a quel punto comprenderemmo le critiche, del resto la stagione conta pochi episodi e si è fatta attendere per oltre due anni), ma certo non è il racconto che ci aspettavamo. Una buona sorpresa, se non altro, perché rilancia lo spettatore in atmosfere conosciute e approfondisce vari aspetti che già Andor aveva saputo far propri, come le luci e le ombre di ogni fazione coinvolta nell’infinito conflitto.

A fare da sfondo principale di questo episodio non è infatti tanto Coruscant, pianeta-città tra i più celebri del franchise e sempre una piacevole presenza per gli appassionati, ma la Nuova Repubblica. Il contorto, burocratico e non eccessivamente permissivo regime politico che si è instaurato dopo la caduta di Palpatine non è una terra promessa, non è una landa dorata nella quale corrono unicorni e si trovano pentole d’oro alla fine dell’arcobaleno. La Nuova Repubblica, per tutti (o quasi), è una noia mortale.

Questo almeno è il messaggio che passa dalla vita di Penn Pershing (Omid Abtahi), personaggio già noto agli appassionati di The Mandalorian ma scomparso dai radar. Con la caduta di Gideon, Pershing riprende la sua vita diventando un semplice impiegato degli uffici grigi e dall’aria pesante della Repubblica. Ma si sa, il lupo perde il pelo ma non il vizio. E lo scienziato, che ha già dimostrato di avere interesse in Grogu in fatto di esperimenti segreti e fantascientifici anche per l’universo di Star Wars, non riuscirà a resistere a lungo a questa nuova e piatta vita, che troppo presto gli ha strappato quella che lui pensa possa essere una scoperta rivoluzionaria.

Senza scendere in troppi spoiler, l’episodio è bravo abbastanza da mostrare l’insoddisfazione di Pershing in questo ciclo continuo, un po’ seguendo gli albori di Westworld, che lo conduce verso un percorso di finta redenzione e ulteriore rovina. Anche di fronte a una seconda possibilità, come spesso ci ha insegnato Star Wars, spesso le cose non vanno come dovrebbero andare. Ma noi, in fin dei conti, anche di fronte a un episodio che seppur interessante sembra appare sconnesso dal resto delle vicende che seguiamo con passione, siamo sempre pronti a dare una seconda possibilità a Star Wars, a differenza di alcuni ufficiali (forse) della Nuova Repubblica nei confronti di chi un tempo serviva l’Impero. Un tempo, sì. O forse anche oggi?

Scritto da
Andrea "Geo" Peroni

Entra a contatto con uno strano oggetto chiamato "videogioco" alla tenera età di 5 anni, e da lì in poi la sua mente sarà focalizzata per sempre sul mondo videoludico. Fan sfegatato della serie Kingdom Hearts e della Marvel Comics, che mi divertono fin da bambino. Cacciatore di Trofei DOP.

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