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Blades of Fire | Recensione

Lo studio spagnolo MercurySteam, già noto per titoli di rilievo come Castlevania: Lords of Shadow e il premiato Metroid Dread, torna alla ribalta con una nuova IP: Blades of Fire. Nessun remake, nessun sequel, nessuna operazione nostalgia. Parliamo questa volta di un nuovo mondo da scoprire e, soprattutto, da plasmare con il martello e l’incudine. MercurySteam questa volta torna alle atmosfere dark fantasy, e sebbene non tutto sia rifinito a dovere, la base è solida come il migliore acciaio temprato. Vediamo cosa ha forgiato lo studio spagnolo nella nostra recensione!

Un duo contro il male

L’universo di Blades of Fire affonda le sue radici in un passato mitologico. Questo mondo, un tempo dominato dai Forgiatori, una razza di giganti custodi della sapienza e della meraviglia, ora è sotto l’oscura ombra della regina Nerea. A causa di un suo incantesimo che trasforma l’acciaio in pietra, un’idea tanto semplice quanto dirompente, la donna ha sovvertito il fondamento stesso su cui l’umanità, erede dei Forgiatori, ha costruito il suo dominio: la conoscenza della Forgia.

Il protagonista, Aran de Lira, è figlio del comandante della guardia reale. Un passato doloroso lo lega alla regina, con cui ha condiviso l’infanzia, ma il presente lo spinge verso una missione chiara: uccidere Nerea e salvare ciò che resta del mondo. Al suo fianco troviamo Adso da Zelk (chiara qui la citazione ad Adso da Melk, il protagonista de Il Nome della Rosa di Umberto Eco), un giovane studioso dell’Abbazia di Egion, che svolge un ruolo da supporto e “banca dati” portatile, utile quanto ridondante in certi momenti.

Adso è un personaggio utile ma discutibile. Funziona come enciclopedia vivente, commenta nemici, aiuta con enigmi, decifra testi antichi. Ma in gioco fa poco di concreto. Può essere temporaneamente allontanato se la sua loquacità diviene insopportabile, ma resta una figura passiva. Il paragone con altri duo celebri del genere, come Kratos e Atreus degli ultimi due God of War, non gioca a favore della coppia di Blades of Fire. Adso pecca di carisma, purtroppo. Gli sviluppatori hanno dichiarato di essersi ispirati alla scrittura di Stanisław Lem, l’autore di Solaris, per aggiungere umorismo ai dialoghi, ma è difficile notare questo riferimento al romanziere sovietico.

Un mondo (troppo?) variegato

Fin dalle prime ore di gioco emerge una certa dissonanza stilistica. Aran è il classico eroe fantasy dal fascino cupo e tormentato, Adso sembra uscito da un JRPG, e altri personaggi, come una simpatica creatura simile ad uno gnomo o una maestra forgiatrice su un insetto volante, sembrano provenire da una fiaba animata. La sensazione generale è quella di un universo costruito con pezzi di puzzle provenienti da scatole diverse. È dark fantasy? È steampunk? È una parabola mitologica? O è tutto questo nello stesso momento?

Questa incoerenza può inizialmente confondere, e sicuramente potrebbe infastidire chi cerca una narrazione coerente e solida fin da subito. Tuttavia, se accettata come parte del fascino del gioco, questa bizzarra miscela di toni e ispirazioni può rivelarsi stimolante, soprattutto se il tono generale tende a essere più ironico piuttosto che a un’epopea tragica alla Lords of Shadows.

Il cuore pulsante: la Forgia

L’elemento realmente distintivo di Blades of Fire è la sua Forgia, che non è un semplice sistema di crafting, ma un vero e proprio gioco nel gioco. Aran può accedere a una dimensione dedicata alla creazione delle armi, dove l’artigianato bellico prende vita in un’interfaccia che unisce precisione tecnica ad un minigame strategico.

Il giocatore può scegliere tra varie tipologie di armi, tra cui spade, lance, martelli, asce, ma la vera profondità sta nella possibilità di personalizzarne ogni componente: la lama, il manico, il bilanciamento, il tipo di metallo o di legno, e così via. Ogni parametro influisce su statistiche cruciali come la penetrazione dell’armatura, la velocità d’attacco, il consumo di stamina, la durata e il peso. Non esiste un’arma “definitiva”, ma un costante equilibrio tra adattabilità, risorse e nemici da affrontare.

Il minigame della forgia, dove si devono livellare una serie di barre grafiche per modellare l’arma, è sorprendentemente divertente. Non aspettiamoci il realismo del sistema di Kingdom Come: Deliverance, si tratta di un elemento certamente coinvolgente e accessibile, capace di creare un legame emotivo con ogni lama forgiata, destinata comunque a logorarsi con l’uso.

La danza del combattimento

Il sistema di combattimento è un’altra colonna portante di Blades of Fire. Le battaglie sono direzionali: il giocatore può scegliere se colpire testa, torso o fianchi del nemico, e ogni parte reagisce diversamente in base al tipo di armatura indossata. I colpi possono essere leggeri e rapidi o pesanti e lenti, con una varietà di danni (tagliente, perforante, contundente) che devono essere combinati strategicamente.

L’interfaccia fornisce feedback visivi intelligenti: il contorno dell’avversario cambia colore in base all’efficacia dell’arma selezionata e al suo stato di usura. Il sistema premia la conoscenza del nemico e l’adattamento: alcuni avversari richiederanno armi leggere e veloci, altri pesanti e distruttive. Spesso, un’arma apparentemente debole diventa cruciale in uno specifico scontro, sottolineando l’importanza della preparazione e dell’intuizione.

Un’ulteriore finezza è il Soffio del Difensore, una tecnica che consente di recuperare rapidamente la stamina mantenendo una posizione difensiva. È un’aggiunta che premia il tempismo e la gestione oculata delle risorse durante i combattimenti più intensi.

Il feeling pad alla mano è a tratti quello di un Soulslike poco punitivo, ma con delle influenze che paiono provenire sia dal già citato God of War che da For Honor.

Luci e ombre

Tecnicamente parlando, ciò che traspare dalle nostre ore passate con Blades of Fire è un gioco che mostra la sua natura di AA: purtroppo i modelli dei personaggi paiono provenire dalla scorsa generazione, e fanno fatica a reggere il confronto con le ultime uscite videoludiche. Il gioco fa uso del motore proprietario Mercury Engine 6, e consente l’utilizzo di tutte le tecniche di antialiasing basate sull’intelligenza artificiale, ovvero l’AMD FSR 3, il DLSS di Nvidia, e lo XeSS di Intel. Il framerate cap risulta sbloccato, e sono supportate nativamente anche le risoluzioni ultrawide. Le opzioni grafiche, come qualità delle texture e delle ombre, hanno un triplice selettore basato sulla qualità, ma non scendono ulteriormente nel dettaglio per chiarire al giocatore il loro peso specifico sul gioco.

L’acciaio ha ancora un’anima

Blades of Fire è un progetto ambizioso e imperfetto, ma di certo coraggioso. La sua forza non risiede tanto nel racconto o nei personaggi, quanto nell’essenza ludica: il piacere di costruire, distruggere, ricostruire. Ogni arma racconta una storia, ogni nemico sconfitto è il frutto di preparazione e intuizione. È un gioco che richiede impegno e pazienza, ma che ripaga con soddisfazioni autentiche.

7
Riassunto
Riassunto

Blades of Fire, che segna il ritorno dei MercurySteam, è qualcosa di nuovo e vecchio allo stesso tempo: il team spagnolo ritorna alle atmosfere dark fantasy di Castlevania - Lords of Shadows, ma questa volta con una ip originale, che per tanti versi non è proprio al passo con i tempi. Apprezziamo senza dubbio il tentativo di voler trovare una strada originale per il gameplay, ma Blades of Fire soffre proprio nell'essere una commistione tra troppi generi e titoli. Certo, Blades of Fire ha il coraggio di battere il ferro finché è caldo. E noi, pad alla mano, non possiamo che rispondere al richiamo dell’incudine prendendo in mano le nostre armi.

Pro
Sistema di crafting coinvolgente e profondo Combattimento tattico e ben strutturato Design dei nemici originale
Contro
Incoerenza stilistica dell’universo Protagonisti poco carismatici Meccaniche inizialmente poco intuitive Non esattamente un capolavoro della tecnica
  • Giudizio complessivo7
Scritto da
Silvia SiL Mannu

Nel lontano 1990 entro in una sala giochi e scopro i cabinati arcade. Da quel momento, la passione per i videogames non mi ha mai abbandonata. Oggi sono una PC Gamer legata soprattutto a titoli action, giochi di ruolo, stealth e picchiaduro.

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