Per chi non avesse voglia di leggere tutto il pezzo e cercasse un riassunto lapidario: la campagna di Call of Duty: Black Ops 7 rappresenta senza troppi dubbi la peggior esperienza della serie (si, anche del tanto criticato Modern Warfare 3 del 2023).
Dopo anni in cui alcune esperienze in giocatore singolo, come quelle di Call of Duty 4: Modern Warfare, World at War e Black Ops 6, avevano saputo sorprendere con missioni creative e momenti memorabili, questo nuovo capitolo sembra infatti buttare al vento ogni lezione appresa.
Purtroppo, la delusione non è un’esclusiva di Call of Duty: anche la campagna di Battlefield 6 ha lasciato molti giocatori con la sensazione di un’occasione sprecata, incapace di bilanciare azione e narrazione. Black Ops 7 tuttavia va oltre: sacrifica tutto ciò che ha reso memorabili le campagne precedenti per una struttura co-op che, giocata da soli, risulta frustrante, ripetitiva e priva di anima.
La culla del Caos
Partiamo dal principio: in Black Ops 7 impersoniamo uno dei membri di Specter One, squadra guidata da David Mason (interpretato da Milo Ventimiglia), figlio del leggendario Alex Mason. La narrazione si colloca dieci anni dopo gli eventi del 2025 di Black Ops 2, con un Raul Menendez che torna apparentemente dalla tomba. Al centro della trama c’è di nuovo La Culla, l’arma psicotropa che Black Ops 6 lasciava intendere fosse stata distrutta. Ebbene, a sorpresa (o forse no) è tornata, con effetti sempre più grotteschi.
Un mondo senza vita
Potrà sembrare un dettaglio da poco, ma in Black Ops 7 non esiste un solo NPC non ostile. Nessun civile, nessun personaggio neutrale, nessuno con cui interagire al di fuori dei bersagli da eliminare.
Black Ops 7 sembra una lunghissima partita a Warzone: location che cambiano rapidamente come in un trip di acidi, una storia pressoché inesistente e un senso di vuoto totale anche in ambienti come Tokyo o la mastodontica Avalon. Allo stesso tempo, è presente la rarità delle armi, le barre vitali dei nemici ed anche il punteggio dato dall’eliminazione di questi, come se si fosse all’interno di un Deathmatch.
Treyarch ha tuttavia dichiarato chiaramente che questa è una campagna cooperativa, non single-player. E la cosa si sente, nel peggiore dei modi. Giocando da soli, infatti, non si è affiancati da compagni controllati dall’IA: si avanza completamente isolati, ripulendo stanze piene di nemici fino all’arrivo dei compagni soltanto nei filmati. A peggiorare la situazione vi è la totale impossibilità di mettere in pausa o di ripartire da un checkpoint. Abbandonare una missione significa doverla ricominciare daccapo, visto che tutto è online.
Come se non bastasse, quest’anno non esistono livelli di difficoltà: la sfida si adatta automaticamente al numero di giocatori presenti, anche se affrontare la modalità da soli spesso significa dover affrontare orde avversarie che lasciano molto spesso sopraffatto lo sventurato lupo solitario. Dozzine di soldati (tutti uguali), robot assassini e droni esplosivi rappresentano sovente dei veri e propri muri, segno ulteriore che la casa di sviluppo americana non ha pensato più di tanto al bilanciamento della complessità per chi, giustamente, vuole approcciare in singolo la sequenza di missioni.
Boss…ignore
E poi…ci sono i boss. Attenzione, un paio di questi sono effettivamente interessanti e ben realizzati, ma altri sembrano fondamentalmente fare un enorme pernacchia a quanto apportato da Treyarch nei primi capitoli di Black Ops. Creature arboree, un titanico compagno di squadra da abbattere che neppure ne L’Attacco dei Giganti sono solo un paio di esempi che dimostrano come l’attenzione del passato sia ormai solo un mero ricordo.
Allo stesso tempo, anche i nemici paiono provenire da un capitolo di Doom (oppure ad una mappa zombies), rispetto che da una storia di Call of Duty: ragni, volatili tossici, umani deformati ed altre creature indecifrabili.
Insomma, quello che davvero manca è il DNA narrativo della serie: niente che si avvicini alla tensione o alla cura minuziosa degli enigmi e delle interazioni ambientali di Black Ops 6. Black Ops 7 corre senza mai fermarsi, senza emozioni, senza dare peso ai personaggi storici, lasciandoli pressoché nell’ombra dal punto di vista dell’interesse.
Avalon ed Endgame: un mondo enorme, ma senz’anima
Molte missioni sono ambientate su Avalon, la mappa della modalità Endgame, ossia un ibrido tra DMZ, Warzone ed MWZ con 32 giocatori e obiettivi sparsi ovunque. Ciononostante, anche in questo caso l’esperienza manca di identità e coinvolgimento: si può planare da un punto all’altro evitando praticamente tutti i nemici, e il mondo appare più come un parco giochi vuoto che come un teatro di guerra vivo.
È difficile non pensare che il problema principale sia il tempo: Treyarch ha avuto anni per lavorare a Black Ops 6, mentre Black Ops 7 è arrivato a soli dodici mesi di distanza. E si vede. La campagna sembra un’aggiunta secondaria, schiacciata dalla priorità data a multiplayer e zombi, le modalità che muovono alla fine le vendite di Call of Duty.
Ma allora viene da chiedersi: perché fare una cosa tanto approssimativa?


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