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La psicologia di Elden Ring | Speciale

I titoli di FromSoftware, si sa, hanno la capacità di trasportare il videogiocatore in un mondo che va oltre il semplice gameplay. Spesso, nelle opere di Miyazaki, vi sono elementi che si basano su alcuni meccanismi della psicologia umana per spingere il giocatore a raggiungere l’obiettivo. Cerchiamo dunque di comprendere quali sono gli aspetti più fortemente legati alla sfera psichica all’interno di Elden Ring.

ATTENZIONE! Il seguente articolo contiene SPOILER.

Abbiamo realizzato anche un video a riguardo:

I – Senso di impotenza

Nell’Interregno, come in altri titoli di FromSoftware, il nostro personaggio nasce come umile e debole senzaluce, in un mondo che si dimostra sin da subito essere di dimensioni colossali, in ogni sua sfida e ambientazione. L’idea di trovarsi in una situazione fuori dalla propria portata, instilla nel giocatore un vero senso di impotenza. Questo permette al videogioco di rendersi vivo e attivo nella costruzione ed evoluzione del protagonista, il quale non nasce come eroe destinato a salvare il mondo, bensì come volgare e ordinaria parte di un universo più ampio. L’impotenza del protagonista è dimostrata, nella prima parte di gioco, dall’incontro con Margit, che può portare a uno stato mentale in cui il videogiocatore sembra non aver controllo su ciò che accade (Cherry, 2014).

Ma quindi cos’è che, mentalmente, ci spinge a voler continuare il nostro viaggio nell’Interregno? La possibilità di affrontare sfide ardue ci porta ad avere un senso di maggiore soddisfazione nel momento in cui riusciamo a raggiungere l’obiettivo. In questo modo, il cervello produce delle sostanze chimiche chiamate endorfine, comunemente note come “ormoni della felicità”.

Il valore aggiunto di un’opera come Elden Ring è quello di formare il videogiocatore all’interno di un ambiente adatto. Oltre alla crescita del nostro personaggio, infatti, il titolo permette di allenare la propria resilienza, ovvero la capacità di adattarsi in ambienti ostili e stressanti. La forza di un autore come Miyazaki è rispecchiata in Elden Ring nell’attitudine a spingere il videogiocatore da uno stato di impotenza a uno stato di potenza, che il titolo permette realmente di raggiungere.

Vale quindi la pena introdurre brevemente il concetto di zona di sviluppo prossimale. Questa altro non è che una sorta di ponte tra le capacità di sviluppo attuali di un individuo e quelle potenziali, raggiungibili tramite un aiuto esterno. In un’opera come quella di FromSoftware, la vera sfida sta nel collocare il videogiocatore all’interno di una zona che non sia né confortevole, né eccessivamente ostica.

II – Cambiamenti e trasformazioni

In maniera simile al pensiero di Aristotele, risalente a oltre 2000 anni fa e finalizzato alla spiegazione del continuo divenire dei fenomeni naturali, il processo di evoluzione presente in Elden Ring porta da uno stato di potenza ad atto vero e proprio. Il protagonista, da umile tarnished ha infatti la possibilità di diventare Elden Lord, senza tuttavia essere destinato a divenire tale.

Il concetto di trasformazione e cambiamento è ampiamente trattato dall’opera di Miyazaki: basti pensare a Hyetta, che da personaggio innocuo si trasforma in vergine delle tre dita, completando il suo viaggio in un finale straziante. Oppure ad Alexander, che nel tentativo di superare i propri limiti diventa un guerriero compiuto nella disfatta.

Il processo di trasformazione è rintracciabile anche durante la quest di Varrè, il quale ci porta a uccidere altri senzaluce, appartenenti quindi alla nostra stessa specie. In questo caso, gli occhi del nostro personaggio assumono un colore rosso sangue, per marcare uno specifico stato di alterazione. Oltre a essere un elemento di vitale importanza dal punto di vista narrativo, il cambiamento in Elden Ring è finalizzato alla realizzazione del potenziale del videogiocatore.

A questo proposito possiamo ricordare il pensiero di Jung, filosofo e psicoanalista di fine ‘800, il quale condivide una sorta di “principio finalistico”, che anima e guida il comportamento umano. Per il filosofo svizzero, infatti, il fine della vita psichica di ciascuno di noi è la realizzazione del Sé: questa, nell’opera di Miyazaki e George Martin, può coincidere con il diventare Elden Lord.

III – Arte e sociologia

Simboli e figure religiose riempiono di vita la storia di Elden Ring: a partire dalla dea Marika, crocifissa e dunque ispirata al cristianesimo; oppure pensiamo al culto della morte, fortemente rappresentato nelle catacombe, fino ad arrivare alla marcescenza, la quale può essere paragonata a un male alternativo e simbolo di corruzione dell’anima secondo la tradizione orientale.

Uno dei luoghi più affascinanti e suggestivi di Elden Ring, la città eterna di Nokron, prende ispirazione dall’architettura greca e dalla mitologia ad essa legata. Godwyn, primo semidio ad essere assassinato e di forma sirenide, ricorda infatti il mare come luogo di terrore caratteristico della cultura greca.

Questi continui richiami all’arte e alla religione giungono anche a uno dei simboli fondamentali dell’intera storia, ovvero le Dita. L’opera di Dalì intitolata “La visione dell’Angelo” offre una nuova visione di Dio, impersonificato dal grande pollice proteso verso l’alto, e della trinità, completata dai due personaggi a lato.

L’illustrazione dell’Albero Madre che prende fuoco, inoltre, può essere ricollegato al concetto di morte di Dio in Nietzsche, che genera da una parte gioia, e da un’altra un senso di perdita e vacuità.

Questa, tuttavia, permette all’uomo (in questo caso il senzaluce) di farsi superuomo, ovvero colui che si pone “al di là del bene e del male” in una nuova e futura epoca, nella quale l’uomo è libero da falsi valori etici e sociali.

Dopo aver sconfitto semidei e dopo aver affrontato divinità esterne, Elden Ring è capace di elevare il personaggio protagonista a divinità. Questo, come abbiamo visto, avviene solo dopo aver affrontato sfide e incontri che fanno sentire al videogiocatore un vero senso di impotenza, che lo portano a superare vari step di trasformazione e che, solo infine, valorizzano il potenziale fino a farlo diventare potenza. L’intero titolo si sviluppa inoltre in un contesto artistico e simbolico che rende l’ultimo lavoro di FromSoftware un videogioco dall’immenso valore psicologico e funzionale.

Se l’articolo è risultato di vostro gradimento, vi ricordo che abbiamo realizzato anche un video a riguardo!

Per approfondire:

What is learned helplessness?

Why is it so fun to die in Elden Ring?

Tra dalì e miti greci

Scritto da
Gianluca Rossi

Nei momenti in cui i miei pensieri riescono ad avere un senso logico può capitare che io scriva cose.

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