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[Recensione] The Last Faith

Bloodborne ha plasmato una miriade di giocatori in tutto il mondo, grazie alla particolare ambientazione e gameplay che hanno saputo far innamorare milioni di utenti, tuttora speranzosi che il progetto del Cacciatore venga prima o poi riesumato da FromSoftware. Non c’è quindi da stupirsi che alcuni dei fruitori dell’esclusiva PS4 siano divenuti sviluppatori a loro volta, e che abbiano deciso di dare un omaggio alla splendida avventura ambientata a Yharnam.

È probabilmente l’amore verso l’opera gotica creata da Hidetaka Miyazaki che ha spinto Kumi Souls Games a realizzare The Last Faith, un titolo che unisce l’atmosfera (ed alcune meccaniche) dei souls ad una componente metroidvania in pixelart che strizza molto l’occhio ad un certo Blasphemous. Sarà riuscito il team londinese ad amalgamare perfettamente questi due superbi ingredienti donando al contempo all’opera una propria…anima? Scopriamolo insieme.

C’è sempre una maledizione

Ambientato in un mondo devastato dalla malattia, The Last Faith apre la propria esperienza al giocatore mettendolo nei panni di Eryk, un misterioso personaggio che si risveglia nella città di Mythringal senza avere memoria del suo passato recente. L’uomo scopre tuttavia a sue spese di essere in corsa contro il tempo, dato che la sua mente e la sua coscienza iniziano a sgretolarsi velocemente, a causa della maledizione che lo affligge. Il desiderio di salvarsi da questa terribile condanna lo portano quindi ad intraprendere una missione ai limiti della follia che lo obbligherà ad incrociare il cammino con antiche divinità e culti.

Fin dalle prime battute di gioco, l’opera di Kumi Souls Games trasuda vero e proprio amore per la componente RPG, e ciò si nota anche dalla scelta della classe iniziale. Dal picchiatore alla canaglia, dall’osservatore stellare al cecchino, ognuna di queste gode di un parco caratteristiche ben definito che si focalizza maggiormente sulla forza bruta, oppure sull’uso degli strumenti a distanza, come armi da fuoco od incantesimi.

Come far scorrere il sangue

Come riportavamo poco sopra, l’ispirazione al clima di Bloodborne si denota dopo pochissimi minuti di gameplay. Eryk può infatti fare affidamento su un abbastanza diversificato panorama di armi bianche, utili per spodestare tutte le numerose minacce che troverà sul proprio cammino. Che si tratti di una spada piuttosto che di una ben più poderosa ascia, ogni strumento fisico gode di un moveset azzeccato e peculiare, che include anche un colpo caricato da poter sfruttare nei momenti in cui si vuole infliggere un maggior numero di danni (anch’esso animato in modo diverso a seconda della lama).

Nella mano sinistra invece, il protagonista può sfruttare la potenza degli attacchi a distanza, che possono essere rappresentati da bocche da fuoco oppure da incantesimi arcani atti di generare fulmini piuttosto che esplosioni di fuoco. Questi ultimi, così come le mosse speciali delle varie armi (utilizzabili mediante la combinazione del tasto dorsale destro più il tasto di attacco) vanno a consumare un’apposita barra della concentrazione/mana, in grado di ricaricarsi solo mediante i vari checkpoint o alcuni consumabili creati ad-hoc.

A finalizzare il corollario dell’equipaggiamento del protagonista, vi sono poi gli stigmi, ossia delle specie di amuleti che sono capaci di donare delle specifiche abilità. Una, ad esempio, offre la possibilità di interrompere gli attacchi nemici, anche se si rivela abbastanza scomodo dal punto di vista della mappatura dei tasti, considerato che anche in questo caso è richiesta la combinazione del tasto dorsale destro in aggiunta al pulsante triangolo/Y.

La caccia ha inizio

Vista la natura action rpg e metroidvania, The Last Faith si basa ovviamente sui pilastri del combattimento e dell’esplorazione degli ambienti. Il primo ambito funziona tutto sommato bene, con un buon feedback dato dalle armi e dai colpi inferti ai nemici, anche se non sono tutte rose e fiori. La sola presenza di un attacco “orizzontale” e quindi senza alcuna possibilità di sferrare un fendente verso l’alto od il basso limita parecchio la strategia offensiva, costringendo unicamente a schivare al momento giusto la mossa avversaria per poi riprendere le varie sferzate. Allo stesso tempo, le hitbox non rispondono sempre come sperato; in certi casi infatti qualche colpo non viene correttamente registrato dal gioco, ma la problematica potrebbe tranquillamente essere risolta con un imminente aggiornamento correttivo.

Richiamando appieno lo stile “Bloodborniano”, il personaggio è in grado di curarsi mediante l’utilizzo di alcune fialette curative contemplate come consumabili. Queste vengono rilasciate dai nemici (e dall’ambiente) in quantità più che sufficienti, senza contare il fatto che, qualora si dovesse morire sotto ad una certa soglia, il titolo ne dona immediatamente 3-4 a pochi passi dall’altare (che qui rappresenta il checkpoint/falò). I vari strumenti di morte sono naturalmente potenziabili presso il “fabbro” del gioco, situato all’interno della villa che funge da vero e proprio hub (dove è inoltre possibile aumentare di livello spendendo il Nycrux accumulato presso la fanciulla di turno). Anche questi frangenti prendono spunto a piene mani dalla dottrina di Hidetaka Miyazaki, così come la perdita di tutti i punti raccolti in caso di dipartita.

A completare il quadro del combattimento vi è poi, sempre in pieno stile FromSoftware, la mossa evasiva, indispensabile per eludere la maggior parte degli attacchi nemici. Questa si suddivide in due particolari azioni: se il personaggio è fermo, questo farà un leggero scatto all’indietro, se invece è in movimento, andrà ad eseguire la ben nota rotolata. Da precisare che i ragazzi di Kumi Souls Games non hanno minimamente contemplato la barra di energia (stamina), anche se è comunque presente un piccolo cooldown tra una capriola e l’altra.

Lo studio di sviluppo inglese non ha affatto lesinato sulla varietà di nemici: in ogni ambiente sono infatti presenti numerose tipologie di avversari che, per quanto le strategie di approccio siano abbastanza simili, garantiscono una diversificazione apprezzabile, che dona nuova linfa ad ogni location che si andrà ad attraversare. Proprio in merito a questo, come spesso accade nei titoli metroidvania, il backtracking riveste un ruolo rilevante nell’esperienza di gioco, anche a seguito dei vari potenziamenti passivi dedicati all’esplorazione che Eryk è in grado di ottenere durante la prosecuzione dell’avventura. Tuttavia la mappa globale, fondamentale in queste situazioni, non fa sempre capire benissimo quali aree sono state visitate appieno o meno, dato che la sezione spesso viene “completata” anche in caso di osservazione parziale. Ciò causa talvolta dei veri e propri spaesamenti sulla destinazione da raggiungere.

Arte gotica

Lo stile gotico abbracciato da The Last Faith prende forma fin dalla prima ambientazione proposta, che urla a chiara voce: “Sono Yharnam, ma in 2D”. Indubbiamente la cura dei dettagli estetici si vede in ogni texture costruita dalla squadra londinese, quasi a voler omaggiare continuamente le opere a cui chiaramente si ispira. Oltre al contesto cittadino sono presenti picchi innevati, maestosi castelli, inquietanti magioni e tante altre ambientazioni che non mancano di ricordare quanto la maledizione che affligge il luogo non risparmi niente e nessuno.

Il punto centrale è ovviamente dedicato alla maestosa pixelart che il team di sviluppo ha saputo mettere in campo. Ogni oggetto e soggetto mostrato nelle schermate è infatti rappresentato in maniera sublime, ed è capace di evocare una grande immersione nell’avventura. Il comparto sonoro è invece abbastanza anonimo, con il tema principale in game composto, fondamentalmente, dalla ripetizione di cinque note musicali. Fortunatamente gli effetti mettono una grande pezza al settore, grazie alla loro buona realizzazione ed efficacia.

Ultimo, ma non meno importante argomento riguarda la completa localizzazione in italiano dei testi, che rende indubbiamente molto più interessante il prodotto per chi non mastica l’inglese.

7.6
Riassunto

The Last Faith è una dimostrazione d'amore nei confronti dei titoli FromSoftware e delle colonne appartenenti al genere metroidvania. La buona alchimia che contraddistingue il progetto creato da Kumi Souls Games diverte e si fa apprezzare, soprattutto per l'ottima resa grafica di personaggi ed ambienti. Peccato per alcune sbavature nel gameplay, che non gli consentono di raggiungere vette ancora più alte.

Pro
Comparto artistico sublime Ampia varietà di nemici ed ambientazioni Buon omaggio alle opere a cui si ispira...
Contro
...ma che non presentano le stesse sbavature di gameplay La mappa non aiuta sempre nell'orientamento
  • Concept & Trama7
  • Gameplay7
  • Comparto Artistico8.5
  • Comparto Tecnico8
Scritto da
Lorenzo Bologna

Nato con il Pad in mano, al punto tale che la prima parola pronunciata è stata: "Woah!" in pieno stile Crash Bandicoot. Appassionato e curioso di tutto ciò che concerne il mondo videoludico. Amante dei titoli horror ed accumulatore di trofei compulsivo.

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