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Videogiochi, i servizi non crescono più: siamo già alla saturazione?

Gli ultimi dati che arrivano dagli Stati Uniti delineano un quadro abbastanza chiaro dell’attuale situazione dei servizi in abbonamento, o comunque un trend che il mercato dei videogiochi sta consolidando sempre di più: il punto di saturazione di un settore che non riesce più a crescere in maniera adeguata.

La cosa è curiosa se pensiamo poi che circa un mese fa abbiamo commentato le ultime analisi che riguardano le piattaforme streaming dei grandi di Hollywood, un settore sì differente ma con punti in comune tra cui anche la modalità di fruizione dei contenuti: Disney, Netflix, Amazon, Warner e compagnia bella si sono resi conto che la guerra allo streaming è già finita e nessuno potrà davvero vincerla. Tralasciando alcuni picchi qua e là nel corso del tempo, il numero degli abbonati è ormai fisiologicamente stabile per chi è già in questo settore da tanto tempo, e le difficoltà a prendersi nuovo pubblico sono all’ordine del giorno.

E sì, la cosa si estende anche ai videogiochi.

PS Plus è fermo

Potremmo fare lo stesso discorso parlando di PlayStation Plus. Il servizio di casa Sony, inaugurato per la prima volta nel 2010 su PS3, e nel corso di questi tredici anni ha cambiato volto più volte: da semplice abbonamento premium con premi e giochi “in regalo” (passateci sempre il termine, è solo per abbreviare), il Plus è poi diventato con PS4 necessario per giocare online, fino alla sua ristrutturazione un anno fa con i tier Essential, Extra e Premium. Un cambiamento importante che ha avvicinato il servizio Sony al Game Pass di Microsoft, seppur con differenze e alcuni rimpianti – il catalogo del Premium, oggi, è una delle più grandi problematiche dell’impianto di PS Plus. Ma è anche un cambiamento che al momento non ha dato alcun frutto.

Nell’ottobre 2014, quando ormai PlayStation 4 era in circolazione da circa un anno, gli abbonati a PS Plus erano poco meno di 8 milioni. Nel dicembre 2018, complice l’esplosione delle vendite di quella che è ancora oggi una delle console più vendute della storia dell’azienda nipponica, e dei videogiochi in generale, il numero di abbonati era lievitato a 34,2 milioni, saliti poi a 47,4 milioni nel dicembre 2020 – il lancio di PlayStation 5, ovviamente. Secondo questo trend, oggi Sony potrebbe vantare all’incirca tra i 55 e i 65 milioni di abbonati, anche grazie alla scomparsa di PlayStation Now che è stato integrato nei livelli Extra e Premium (l’ultimo dato che abbiamo scovato è del 2021 e parlava di 3,2 milioni di utenti, che potrebbe essere leggermente aumentato nei mesi successivi). E invece, dati alla mano, il conteggio totale è oggi fermo a 47,4 milioni. Esattamente come tre anni fa.

Se guardiamo i dati, è chiaro che il numero di abbonati non sia esattamente fermo dal 2020: ci sono momenti di crescita e momenti in discesa, proprio come per le piattaforme streaming, ma la cosa che più impressiona è che i due momenti chiave che avrebbero dovuto spingere PS Plus, quello organizzato del rilancio del servizio e quello invece fortuito della pandemia, che ha portato a introiti mostruosi per il mercato dei videogiochi, non hanno in alcun modo dato soddisfazioni a Sony sotto il profilo dei servizi. Parlando ad esempio della pandemia, in sei mesi PS Plus collezionò 5 milioni di abbonati, molti dei quali tuttavia sono probabilmente un lontano ricordo. Tra chi arriva e chi se ne va, le sottoscrizioni non sono aumentate di un decimo in tre anni.

Game Pass cresce… ma che fatica!

La situazione in casa Microsoft è differente. Mentre per Sony i servizi non sono fondamentali, e anzi l’azienda ha già dichiarato più volte di volersi espandere in futuro verso PC, mobile e settori live service che poco hanno a che vedere con PS Plus, per Microsoft il suo Xbox Game Pass è ormai la ragion d’essere dell’intera divisione. Lanciato nel 2017, il servizio ha ottenuto da subito grandi consensi grazie a una libreria straordinaria di titoli e a prezzi estremamente competitivi, per non dire assurdamente bassi.

Notando questo clamore, Phil Spencer non ci ha pensato due volte a rendere Game Pass centrale nella strategia di Microsoft, portandolo su tante piattaforme (mobile, PC, televisori smart) e annunciando l’arrivo di tutte le esclusive first party di Xbox dal day one nel catalogo. Che non abbiano reso quanto sperato, è un altro discorso: il dato oggettivo è che titoli come Gears 5, Halo Infinite, Forza Horizon 5 e Hi-Fi Rush sono arrivati da subito nel catalogo di Game Pass, proponendo una politica che Sony non ha alcuna intenzione di inseguire. Perché? Beh, anche i recenti dati ne sono una risposta.

Il numero di abbonati di Game Pass non è molto chiaro – Microsoft da tempo tiene nascosti i dati ufficiali di vendita di console e servizi, ma attraverso vari documenti, come la relazione proposta all’antitrust britannico alla fine del 2022, Xbox ha dichiarato che gli abbonati complessivi a Game Pass, PC Game Pass e Game Pass Ultimate sono (anzi erano, poiché sono passati circa sei mesi da quel momento) a quota 29 milioni.

Guardando agli anni passati, il servizio ha evidenziato un’interessante crescita soprattutto nel 2021 con 7 milioni di nuovi abbonati, già però diminuiti a 4 lo scorso anno. Il numero, come dicevamo, è probabilmente aumentato a questo punto dell’anno, e Game Pass è ancora un servizio in crescita. Tuttavia, è bene ricordare che la stessa Microsoft si è detta insoddisfatta dell’attuale trend di Game Pass, che non sta rispettando le previsioni stimate al momento dell’uscita – l’azienda puntava a 35 milioni di abbonati nel 2022. Oltre a questo, poi, arrivano i dati più recenti, che riguardano anche la diretta rivale.

Saturazione già raggiunta?

L’analista Mat Piscatella di Circana, pochi giorni fa, ha messo nero su bianco quello che i numeri degli ultimi tempi stanno evidenziando, e che come detto riguarda un discorso molto più ampio sui servizi in abbonamento includendo anche le piattaforme di cinema e tv: la saturazione è già arrivata. O comunque, spiega Piscatella, il mercato dei servizi dei videogiochi ha raggiunto una fase di stallo che né Sony né tantomeno Microsoft speravano, col rischio che ora le strategie andranno riviste se il trend non cambierà.

Quello che i freddi numeri fanno risaltare è che i servizi in abbonamento PS Plus e Xbox Game Pass si stanno arrestando. Se la cosa era già lampante con la piattaforma di Sony, come vi abbiamo raccontato poco fa, il problema a quanto pare riguarda anche il servizio di Microsoft: rispetto ad aprile 2022, in un anno la spesa dei consumatori per i servizi in abbonamento è cresciuta solo del 2%. Un dato che riguarda solo gli Stati Uniti, precisiamo, ma decisamente significativo per capire lo stato di salute dei vari competitor in questo ambito.

E se quindi Sony non riesce ad attirare nuovi consumatori, anche a causa della già citata povertà della libreria Premium o l’assenza di grandi sorprese su Extra, nonostante l’uscita al day one di alcuni curiosi third party come Stray, Tchia e Humanity, è chiaro che anche Microsoft stia facendo una grande fatica, e con enormi sforzi in più. Game Pass accoglie costantemente giochi al day one (basti pensare a High on Life, Somerville o The Last Case of Benedict Fox negli ultimi mesi), lancia i suoi first party da subito nel catalogo (tralasciando il disastro di Redfall, sono arrivati gli ottimi Pentiment e Hi-Fi Rush, e ora sarà interessante osservare l’impatto di Starfield), e propone inoltre una libreria sconfinata con tantissimi videogiochi di alto livello. Un appeal che, tuttavia, sembra proprio non bastare.

Piscatella sottolinea che i servizi in abbonamento sono certamente una bella intuizione per il mercato di oggi, ma il pubblico non sembra più esserne particolarmente interessato come lo era fino a qualche anno fa. I numeri sono leggermente in crescita, vero, ma la curva si è quasi appiattita, e questo sarebbe anche causato dal ritorno di grandi successi AAA premium che hanno di fatto tolto pubblico ai servizi.

Se pensiamo a The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom, che ha venduto 10 milioni di copie nei suoi primi tre giorni dalla messa in commercio, non servono altre parole. In caso contrario, ecco altri esempi: Hogwarts Legacy ha venduto 15 milioni di copie su PC e console di attuale generazione, e ora attende i numeri del rilancio su PS4 e Xbox One; God of War: Ragnarok, a febbraio, ha rotto il muro delle 11 milioni di unità vendute, superando il precedente record di Marvel’s Spider-Man che ora, a fine anno, tenterà nuovamente il sorpasso. In tutti questi casi parliamo di videogiochi venduti tra 60 e 80 euro al lancio, ma evidentemente i prezzi non hanno preoccupato in alcun modo i consumatori.

Certo, non allarmatevi: questi dati non indicano che PS Plus e Game Pass chiuderanno i battenti a breve, ma probabilmente testimoniano la necessità di un intervento da parte di Sony e Microsoft per invertire una tendenza ormai sotto gli occhi di tutti, numeri alla mano. L’azienda nipponica deve probabilmente dare un senso maggiore al Plus, oggi visto come un semplice plus dell’offerta; dalle parti di Redmond, invece, oltre a Starfield l’attesa è tutta per l’acquisizione di Activision, che potrebbe significare la consacrazione definitiva dell’Xbox Game Pass. Perché forse neppure Forza Motorsport e Hellblade 2 potrebbero convincere tanti utenti a passare sotto la bandiera di Xbox. O comunque a farlo in maniera costante, ed ecco appunto un altro grande problema dei servizi: sempre più spesso leggiamo di utenti decisi ad abbonarsi solo nel momento di reale interesse verso una produzione, per poi abbandonare il servizio già nel mese successivo. Un modello di questo tipo può davvero funzionare?

Scritto da
Andrea "Geo" Peroni

Entra a contatto con uno strano oggetto chiamato "videogioco" alla tenera età di 5 anni, e da lì in poi la sua mente sarà focalizzata per sempre sul mondo videoludico. Fan sfegatato della serie Kingdom Hearts e della Marvel Comics, che mi divertono fin da bambino. Cacciatore di Trofei DOP.

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