Tra gli strategici a turni 4x ci sono giochi che cercano di catturarti con il ritmo, l’azione e la gratificazione immediata, come la serie di Civiliziation, e poi ci sono quelli che ti chiedono tempo, dedizione e una certa dose di pazienza, come Stellaris. Stellar Reach, nuovo progetto del veterano James Miller, ex sviluppatore di Creative Assembly e autore di questa ambiziosa opera in solitaria, appartiene decisamente alla seconda categoria. È un titolo che non si concede facilmente, ma che, una volta compreso, sa ricompensare con un senso di controllo e scoperta raro persino nel panorama dei giochi di strategia spaziale. Ne parliamo più approfonditamente nella nostra recensione.
Un 4X vecchia scuola, ma con un’anima nuova

Sulla carta, Stellar Reach potrebbe sembrare “solo un altro 4X”, l’acronimo che sta per eXplore, eXpand, eXploit, eXterminate. Ma in realtà, è qualcosa di più riflessivo, e oseremmo dire quasi contemplativo. È un gioco che ci mette nei panni di un leader interstellare e ci chiede di costruire un impero capace di sopravvivere e prosperare in un angolo remoto e anarchico della galassia.
Ci siamo solo noi, le nostre colonie, e un numero crescente di decisioni da prendere. Sceglieremo di espanderci pacificamente o conquistare tutto con la forza? Costruiremo una civiltà illuminata o un regime industriale senza scrupoli? In Stellar Reach, la politica interstellare è una partita a scacchi che si gioca su più tavoli contemporaneamente, e ogni mossa lascia un’eco che può attraversare anni luce.
Prima ancora che la galassia si apra, il gioco ci accoglie con un tutorial “massiccio” nel miglior senso possibile: un’introduzione lunga, dettagliata, paziente. Ogni sistema, dalla gestione delle colonie alla ricerca scientifica, viene sbloccato gradualmente, quasi come se il gioco volesse accompagnarci mano nella mano nella costruzione del nostro primo impero.
Non tutto è spiegato alla perfezione, e qualche volta capita di sentirsi persi tra flotte e pianeti difficili da localizzare. Ma Stellar Reach non mette mai fretta: sa che la curva di apprendimento è ripida e lascia il tempo di respirare. È un approccio che ricorda più un corso di addestramento da ingegnere gestionale galattico che un semplice tutorial: impegnativo, ma gratificante.
Strategia, gestione e… sopravvivenza

Una volta avviata la campagna, Stellar Reach ci butta letteralmente nel vuoto cosmico. Dovremo scegliere una delle otto fazioni disponibili, impostare la difficoltà, e da lì in avanti il destino della nostra civiltà dipende interamente dalle scelte che prenderemo.
Avremo la possibilità di costruire nuove colonie, esplorare sistemi lontani, bilanciare risorse, stabilire alleanze e decidere quali tecnologie sviluppare. Tutto richiede tempo e non parliamo di minuti, ma di anni in termini di gioco. Ogni ricerca, ogni spostamento, ogni progetto è un investimento a lungo termine. È una partita lenta, meditativa, dove la fretta è il primo passo verso il disastro.
Dietro ogni progresso c’è un prezzo: investire nella flotta militare ci renderà più sicuri, ma consumerà risorse che potremmo usare per lo sviluppo civile. Potenziare la produzione industriale ci darà un vantaggio economico, ma rischia di far calare la felicità dei cittadini. In Stellar Reach, le scelte non sono mai puramente numeriche: sono morali, strategiche e, spesso, rischiose.
Il lato più complesso del gioco è la sua interfaccia. Densa e stratificata, potrebbe quasi spaventare il giocatore senza esperienza. Ci sono menù dentro altri menù, schede piene di statistiche, percentuali, indicatori di produttività e morale. Per alcuni, sarà il paradiso della micromanagement; per altri, un inferno di dati fluttuanti nello spazio profondo. A nostro modo di vedere, avrebbe necessitato di più chiarezza e pulizia, perché troppe volte ci siamo sentiti confusi durante la fase di gestione.
Ci vuole tempo per familiarizzare con tutto: imparare le scorciatoie, capire dove trovare le informazioni più utili, gestire flotte e sistemi senza perdersi nella mappa. Ma proprio questa complessità è anche ciò che dà profondità all’esperienza. Stellar Reach non vuole essere accessibile: vuole essere padroneggiato. E quando finalmente iniziamo a sentirci a casa tra grafici e percentuali, ogni decisione pesa di più. Ogni conquista, ogni accordo diplomatico, ogni scoperta scientifica diventa una piccola vittoria personale.
Scienza, diplomazia o conquista

Il gioco non impone un’unica strada verso la vittoria. Si può vincere con la scienza, sviluppando tecnologie futuristiche che cambiano il volto della galassia oppure con la diplomazia, imponendo la cultura e il prestigio fino a diventare una sorta di “ONU interstellare”. O, ancora, con la forza bruta, costruendo una flotta capace di far tremare anche Darth Vader.
In questo senso, Stellar Reach ricorda Endless Space 2, ma con un tono più realistico e meno spettacolare. È un gioco che non ci gratifica per ogni progresso: ci osserva, silenzioso, mentre impariamo a essere dei veri leader galattici. E punisce severamente se dimentichiamo di curare i cittadini o di sistemare il bilancio. Il nostro impero può collassare da solo: nessuna guerra, nessuna invasione, solo cattiva amministrazione. Un fallimento, insomma, interamente meritato.
Visivamente, Stellar Reach è sobrio. Ci muoviamo su una mappa galattica punteggiata di stelle, pianeti e linee luminose che rappresentano le rotte delle flotte. È tutto molto pulito e funzionale, ma non spettacolare. Niente esplosioni o battaglie in tempo reale da ammirare: qui si guarda, si pianifica e si riflette.
La vera sorpresa arriva invece dal comparto audio. La colonna sonora è semplicemente splendida: un mix di orchestrazioni epiche e minimalismo elettronico che cattura l’immensità dello spazio e la solitudine del comando. È una musica che invita a restare lì, ad ascoltare, anche quando non si sta facendo nulla. In più di un’occasione, ci ritroveremo ad osservare l’impero in silenzio, mentre le note riempiono la stanza come se stessimo assistendo a un film di fantascienza d’autore.
Un progetto di passione pura

Sapere che Stellar Reach è stato sviluppato quasi interamente da una sola persona lo rende ancora più impressionante. James Miller ha lavorato per oltre dieci anni a questo progetto, portando con sé l’esperienza maturata su Total War ma spingendosi verso una direzione completamente nuova: meno battaglie spettacolari, più controllo, più riflessione, più strategia.
Il risultato è un titolo che si sente personale, costruito con cura quasi artigianale. Non tutto è perfetto: l’interfaccia può essere migliorata, la curva di apprendimento è ripidissima, e l’estetica a volte troppo minimalista. Ma Stellar Reach è un gioco pensato da un appassionato per altri appassionati, e questo si percepisce in ogni dettaglio.
Stellar Reach non è un gioco per tutti. È lento, a tratti ostico. Ma per chi ama i giochi di strategia profonda, quelli che si costruiscono turno dopo turno come un romanzo epico, è un piccolo gioiello. Non è un’esperienza casual: è più come imparare a pilotare un’astronave da zero. All’inizio frustrante, poi incredibilmente appagante. Quando finalmente vedrete il vostro impero prosperare dopo ore di pianificazione, capirete che ne è valsa la pena.
Chi cerca adrenalina farà meglio a guardare altrove, chi invece desidera perdersi in un universo complesso e coerente, dove ogni decisione conta, troverà in Stellar Reach una nuova, splendida ossessione.

Riassunto
Riassunto
Stellar Reach è un titolo che richiede parecchio tempo per essere apprezzato. La sua curva di apprendimento è ripida, ma se gli si dedica la giusta attenzione ne ricaveremo parecchie soddisfazioni. Rimangono i limiti di un progetto gestito da un unico sviluppatore, ma si percepisce l'esperienza di James Miller in questo suo ultimo progetto.
Pro
Grande profondità sul lato gameplay Ottima colonna sonoraContro
Curva di apprendimento particolarmente ostica Richiede molto tempo per essere padroneggiato- Giudizio complessivo7.5
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