Home Cinema Avengers: Endgame è il grande problema della Fase 4 (ma non l’unico)

Avengers: Endgame è il grande problema della Fase 4 (ma non l’unico)

E alla fine, eccoci qui. La Fase 4 del Marvel Cinematic Universe si è definitivamente conclusa con Black Panther: Wakanda Forever e Guardiani della Galassia: Holiday Special, ed è giunto il momento di tirare le somme di una “prima parte della Multiverse Saga” che ha raccolto più dissensi che pareri positivi. Ma questa Fase 4 è davvero così negativa come viene spesso dipinta?

Sembra passata un’eternità, vista la mole di contenuti, da quando Tony Stark ha salvato l’universo schioccando il suo Nano Gauntlet con le Gemme dell’Infinito. Quello che si concluse in Avengers: Endgame fu il lungo e intenso percorso narrativo per molti personaggi, su tutti Iron Man e Captain America, ma certo non è mai stato inteso come la fine del Marvel Cinematic Universe, anzi. Se nelle fila dei supereroi troviamo personaggi ancora relativamente molto “giovani” e in grado di dare ancora tanto, come Carol Danvers, Peter Parker e Scott Lang, è anche vero che la Marvel ha rimesso le mani sui diritti cinematografici di mutanti, Fantastici 4 e vari altri brand, con effetti che si sono solo fatti intravedere in questa Fase 4.

Una fase che, a dire il vero proprio come ci aspettavamo, non è stata all’altezza di quelle che erano le enormi speranze dei fan. I problemi a livello produttivo ci sono sicuramente stati, ma l’effetto Endgame, reiterato dagli stessi Marvel Studios ma non per colpe proprie, si è fatto inevitabilmente sentire: dopo il colossale crossover, che arrivava solo un anno dopo l’altrettanto esplosivo Infinity War, il pubblico è stato sempre più desideroso di grandi eventi al cinema, di storie enormi con miriadi di personaggi, e non è un caso che i film di maggior successo della Fase 4 siano proprio quelli che maggiormente si sono avvicinati a questa filosofia. Cerchiamo dunque di districarci in questo labirintico percorso chiamato Fase 4 del MCU, sperando di non perderci troppo nel racconto.

Alti e bassi in sala

Partiamo con un concetto che deve essere chiaro da subito, ancor prima della discussione: gli incassi cinematografici contano fino a un certo punto. Dallo scoppio della pandemia, il box office mondiale è andato generalmente a rilento, e si contano sulle dita di una mano i film che hanno incassato più di un miliardo di dollari – il sorprendente Top Gun: Maverick, Jurassic World: Il dominio, e appunto un film del MCU. Certo, questa non è sempre una scusa, ma il Coronavirus ha portato anche a questi effetti collaterali, amplificati poi dalla scelta di Disney di pubblicare alcuni film in contemporanea su Disney+. Tra alti e bassi, parlando specificatamente della moneta sonante, non è stata quindi la più esaltante delle Fasi, ma quello su cui non possiamo non essere d’accordo che è sia stata la più sperimentale tra tutte quelle proposte finora.

Tralasciando pellicole chiaramente fuori tempo massimo come Black Widow, che ha avuto come unico merito quello di darci il peggior effetto visivo della storia del MCU sorpassano la testa di Mark Ruffalo nella Hulkbuster di Infinity War e ha inoltre portato al famoso contenzioso tra Scarlett Johansson e la major all’epoca guidata da Bob “me ne frego del cinema” Chapek, gli altri film della Fase 4 hanno cercato di sperimentare in quanti più modi possibili, chi con maggior decisione, chi con minor impatto. Shang-Chi e la Leggenda dei Dieci Anelli è stato il classico film di origini, ma anche il primo dedicato a un cast interamente, o quasi, asiatico; Eternals, il cinecomic non-cinecomic di Chloe Zhao, demolito dalla critica americana che non si aspettava un prodotto dagli intenti filosofici (ma non per questo privo di difetti); Doctor Strange nel Multiverso della Follia, il grande ritorno sulle scene del maestro dell’horror Sam Raimi, che ha raccontato il film attraverso uno stile inconfondibile; Thor: Love and Thunder, il risultato della libertà totale concessa a Taika Waititi, talentuoso regista neozelandese che però in questo caso ha esagerato anche troppo; Black Panther: Wakanda Forever è stato invece il più oscuro e intimo, anche a causa della tragica scomparsa di Chadwick Boseman nel 2020.

Tanti esperimenti, tanta voglia di espandere l’universo, che collidono però con risultati non sempre eccelsi al box office (i 950 milioni di Strange 2 sono stati un capolavoro per Kevin Feige, ma dall’altro lato abbiamo i 379 di Black Widow) e un pubblico che sempre più spesso lamenta insoddisfazione dopo aver guardato un prodotto del MCU, spesso accusati di scarsa coesione narrativa, quasi come se ogni film fosse scollegato l’uno dall’altro pur condividendo lo stesso universo narrativo. Una critica, a nostro avviso, poco condivisibile. Nessuno ricorda la Fase 2? Cosa avevano in comune Iron Man 3, Thor: The Dark World, Captain America: The Winter Soldier e Guardiani della Galassia, se non il fatto che furono tutti distribuiti prima di Age of Ultron? Assolutamente nulla. Non è la prima volta che l’MCU cade in questo espediente narrativo, quello cioè di mostrare le vite di più personaggi da più punti di vista, in attesa poi di quello che saranno i risvolti futuri con i vari The Kang Dynasty e Secret Wars.

Non è un tentativo di scusare il modus operandi degli studios in questi due anni (la Fase 4 è tutt’altro che perfetta, come vedremo anche tra poco), ma capirete che dobbiamo osservare il quadro d’insieme. Anche nel corso della Infinity Saga, dicevamo, non tutti i prodotti avevano direttamente a che vedere con le Gemme dell’Infinito o vedevano coinvolto Thanos, e questo è stato un bene in quanto l’MCU si è preso il giusto tempo per assestare le fondamenta della storia, introdurre e far evolvere i giusti personaggi per poi buttarli nel calderone del maxi-evento, proprio come accadrà con la Multiverse Saga. Questo porta quindi la narrazione a svilupparsi su tanti livelli: si va dalla realtà più piccola, lo “street-level” che presto coinvolgerà anche Daredevil con la sua serie, fino alla sfera cosmica di Guardiani, Thor e altre opere annesse.

Ancora una volta, su tanti film del MCU ha pesato il fattore percezione, e ancora una volta buona parte della colpa arriva da quell’evento epocale che fu Endgame. Il pubblico è stato abituato per oltre un anno ad avere a che fare con cast corali, mega-eventi cinematografici che hanno coinvolto e sconvolto l’intero MCU in più di un’occasione, ma è chiaro che questo non può sempre avvenire. Anche per una macchina produttiva come quella dei Marvel Studios, un film all’anno dedicato agli Avengers sarebbe troppo (la Fase 4 è inoltre la prima a non avere una pellicola dedicata ai Vendicatori): occorre far decantare le storie e i personaggi prima di rimetterli insieme, specie dopo i citati eventi di Endgame durante i quali si sono conclusi gli archi narrativi di alcuni importantissimi personaggi quali Tony Stark, Steve Rogers e Natasha Romanoff. E proprio da questi nomi arriva un’altra delle più deboli componenti di questa quarta fase cinematografica (ma che si estende anche alla tv): i nuovi personaggi non sono riusciti a fare breccia nel cuore dei fan. Non c’è un “nuovo Stark”, non c’è un nuovo simbolo per l’MCU, ma tante personalità differenti che ancora non riescono a emergere. Per quanto il potenziale sia interessante, Sam Wilson (Anthony Mackie) non ha ancora certo il carisma richiesto per ricoprire il ruolo di Captain America, mentre la giovane Riri Williams (Dominique Thorne) non è che un’unghia di Iron Man, così come Shuri (Letitia Wright) non sembra essere in grado di raccogliere la pesante eredità di T’Challa. Tra i volti inediti, i più interessanti finora sono probabilmente Yelena Belova (Florence Pugh), Kate Bishop (Hailee Steinfeld) e America Chavez (Xochitl Gomez), ma il loro impatto non è stato certo allo stesso livello delle originali stelle del MCU. Almeno per ora.

Più che una coesione narrativa, quella che sembra essere realmente mancata è una collaborazione più stretta tra tutti i reparti creativi. Prendiamo ad esempio il personaggio di Valentina Allegra de la Fontaine (Julia Louis-Dreyfus), apparso in Black Widow, TFATWS e Wakanda Forever. I suoi intenti non sono ancora perfettamente chiari, così come la sua lealtà o ideologia, ma quello che abbiamo visto di lei in queste poche occasioni è stato più volte contrastante. In BW, convince Yelena a uccidere Clint Barton ritenuto responsabile della morte di Natasha Romanoff; in BPWF afferma sostanzialmente di voler mettere le mani su tutto il vibranio del mondo, mentre in TFATWS vuole arruolare John Walker (Wyatt Russell) nella sua squadra. Allo stesso modo anche quello che dovrebbe essere il grande focus di questa storia, il Multiverso, non è stato ancora spiegato come speravamo: si tratta di universi paralleli in tutto e per tutto? Le linee temporali sono un altro concetto, oppure sono state rielaborate come realtà alternative? Quand’è che si crea realmente una variante? E soprattutto, come è fatto il Multiverso? Loki ce lo ha mostrato in un certo modo, What If… ? in un altro. E poi, in tutto questo bailamme, arriva Spider-Man: No Way Home.

Il caso No Way Home

Non staremo a discutere degli (evidenti) problemi a livello narrativo di No Way Home – ma per quale motivo Garfield e Maguire arrivano su Terra-616? Perché sanno che Spider-Man è Peter Parker? Grazie al c…avolo – ma di quello che è stato invece il suo impatto, altamente devastante, sui prodotti cinematografici di casa Marvel nell’ultimo anno. In tempi non sospetti, ritenevo che l’ultimo film di Spider-Man, senza dubbio il personaggio di maggior rilievo oggi nel MCU e protagonista di una trilogia che in fin dei conti è stata un grande racconto di formazione che solo ora ci ha consegnato il “vero” supereroe dei fumetti, avrebbe scombussolato non tanto i Marvel Studios quanto invece il pubblico. Quello di No Way Home è stato a tutti gli effetti un evento colossale, un film che nessuno di noi pensava sarebbe potuto diventare realtà, e che invece ha messo in scena i tre amatissimi Spider-Man cinematografici in una intensa pellicola contro cattivi già noti come Octopus, Electro e Goblin, con un Willem Dafoe in gran spolvero capace di rubare nuovamente la scena dopo quasi 20 anni dal suo primo Norman Osborn.

Nuovamente, sorvoleremo sui numerosi problemi di continuità presenti in No Way Home, anche perché al netto di questi difetti, l’ultimo film (finora) con Tom Holland nei panni dell’Arrampicamuri è un turbinio di emozioni, tanto che non sono pochi quegli spettatori soprattutto casual che lo ritengono il miglior film della Fase 4. L’effetto, diceva Jon Watts prima della release, era fare di No Way Home l’Endgame di Spider-Man, e così è stato (anche e soprattutto grazie alle pressioni di una Sony che vuole espandere il suo multiverso ragnesco): incassi stratosferici, pubblico in visibilio, e un bel problema per i Marvel Studios. Sì perché l’effetto No Way Home è lo stesso che si è trascinato dietro Endgame, e sin da Doctor Strange nel Multiverso della Follia si è fatto sentire. Gli spettatori chiedevano a gran voce il mega-evento, volevano camei in continuazione, ripescare in quei film che fecero l’infanzia di molti. Un’operazione che con ogni probabilità la Marvel ripescherà in Avengers: Secret Wars, e forse anche in Deadpool 3, ma non è questo il momento: rendere ogni pellicola un No Way Home, o un Endgame, avrebbe di fatto annullato tutte queste sensazioni, abituando il pubblico a vivere tre o addirittura quattro film epocali all’anno.

Impensabile, chiaramente, che Kevin Feige e i suoi portassero avanti queste idee (il mega-evento serve, e No Way Home lo insegna con i suoi quasi 2 miliardi di incassi post-pandemia, ma non può essere una costante assoluta), ma è possibile che queste considerazioni non vadano bene per il settore del MCU che riguarda il Ragno e soprattutto Sony. La major nipponica in questo momento è molto poco interessata alla qualità (Venom 2 e Morbius ancora oggi gridano pietà) puntando invece in direzione di un film corale che certamente prima o poi accadrà, anche a costo di produrre film di dubbia utilità nel mezzo. L’importante è che abbiano il marchio di Spider-Man sopra, in fin dei conti, ma la cosa non sempre funziona – il già citato Morbius, che Sony ha cercato di rilanciare come un meme vivente, è una ciofeca di rara bruttezza, e il pubblico se n’è accorto. Problema simile a quello delle produzioni vere e proprie del MCU, con il nome dei Marvel Studios stampato sopra: se fino a un paio d’anni fa il marchio era simbolo di qualità, pur considerando film non proprio riusciti, oggi il troppo è diventato un problema.

Il problema Disney+

C’è infatti un grande problema da considerare, parlando della Fase 4. Se per i film il discorso fatto è stato relativamente semplice, comprendendo quella che è l’attuale situazione delle sale cinematografiche, la questione più spinosa di questa prima parte della Multiverse Saga riguarda l’altro grande gruppo di progetti sui quali i Marvel Studios hanno puntato sin dall’annuncio di Disney+: le serie TV live action. Sin dal reveal dell’allora nuovissima piattaforma streaming di Topolino, infatti, Kevin Feige mise in moto la macchina produttiva della Marvel per ampliare a dismisura (anche troppo!) il MCU con serie TV che avrebbero dato maggiore spazio a quei personaggi altrimenti lasciati in secondo piano sul grande schermo.

Operazione molto interessante, almeno sulla carta. Concedere minutaggio e storie a supereroi come Wanda Maximoff, Sam Wilson e Bucky, tre personaggi che non hanno mai avuto molto spazio nei film o avranno un ruolo fondamentale nel futuro scacchiere del MCU, era una mossa saggia e oculata, specie poi per il fatto che la piattaforma avesse bisogno di prodotti originali di punta – la Marvel, oggi, è la divisione più in forze del pacchetto Disney e schiaccia con prepotenza il franchise di Star Wars, nonostante Andor sia intere spanne sopra molti recenti prodotti MCU. Nel caso delle serie, il problema della scarsa coesione è limitato, in quanto appunto si parlava di prodotti destinati a raccontare le origini o approfondire determinati personaggi. Gli studios si sono però dovuti inchinare, come accaduto per i film, ai problemi produttivi legati soprattutto alla pandemia – non solo. La sceneggiatura di WandaVision, forse la più riuscita tra le serie MCU insieme alla prima stagione di Loki (che comunque è ancora un giocattolone dall’alto potenziale in parte inespresso), venne infatti rivista e accorciata, mentre quella di The Falcon and the Winter Soldier è stata praticamente stuprata – il focus principale erano inizialmente i Flagsmashers che mettevano in circolazione un virus letale, non proprio l’idea migliore da mettere in scena se nel mondo è appena scoppiata una pandemia…

Le serie TV del 2022, poi, non hanno certo risollevato la situazione, e anzi l’hanno probabilmente peggiorata. Moon Knight, con Oscar Isaac, è partita alla grande, con la promessa di mostrare il primo vero antieroe del MCU in una serie che avrebbe dovuto esplorare l’animo umano e le sue sfaccettature. Peccato solo che la serie, condita con effetti speciali da film della Asylum, sia stata funestata sia dalla morte di Gaspard Ulliel che ha costretto i produttori a ripensare il finale, sia da una sceneggiatura al limite dell’assurdo, anche per l’MCU (per carità, molto affascinante la sequenza del “riavvolgimento” della volta celeste”, ma questo provocherebbe stravolgimento che Thanos spostati proprio). Il discorso con Miss Marvel è sostanzialmente lo stesso, mentre She-Hulk: Attorney at Law è un’altalena continua tra il “cavoli, questa è una serie che può funzionare” e il “ma cosa diavolo ho appena visto”. Nel mare della mediocrità, se non altro, sono emersi i recenti Licantropus e Guardiani della Galassia: Holiday Special, prodotti fortemente autoriali e facenti parte della nuova linea Special Presentation.

Le serie, in effetti, hanno subito lo stesso problema da “sceneggiatura cinematografica diluita” (lo stiamo osservando anche con i primi episodi di National Treasure: Edge of History, una grande occasione sprecata finora), con poche eccezioni – WandaVision e, forse, Loki, se pensiamo che avrà più stagioni – e non è difficile capire per quale motivo sembra che i Marvel Studios approfitteranno con maggior tenacia della formula Special Presentation in futuro. Se Feige ha dimostrato di saper costruire prodotti cinematografici di alto livello, gli show televisivi non hanno mai reso allo stesso modo, dando sempre l’impressione di “vorrei ma non posso”. In più, il problema del budget ha iniziato a farsi sentire sin dall’uscita di Loki. Se con serie come Hawkeye la cosa è molto meno evidente, grazie al fatto che la serie risulta molto terrena e non ha richiesto grandi sforzi visivi, l’MCU ha probabilmente toccato il fondo, ma che dico fondo, la Fossa delle Marianne con le serie di quest’anno. Mentre avevamo ancora gli incubi per la testa fluttuante di Axl (Kyeron Dier) in Love and Thunder, ecco arrivare She-Hulk e la sua inoppugnabile bruttezza a livello visivo, sintomo evidente del fatto che qualcosa non sta andando come dovrebbe. E dire che sono stati gli stessi studios a porsi limiti molto alti, spiegando a più riprese che ogni prodotto live action avrebbe avuto la stessa cura dei film. No, non è così, o comunque non sembra che sia così.

Multiverse Saga, ma non troppo

La Multiverse Saga, al momento attuale, conta 17 prodotti tra film, serie TV, serie animate e Special Presentation. E siamo solo alla Fase 4, la cui durata è stata di circa un anno e mezzo – praticamente la metà rispetto alle altre fasi, ma con molti più contenuti. Diciassette prodotti in diciotto mesi, a cui poi si aggiungono speciali come Legends e i documentari Assemble, significa essere bombardati costantemente da film e serie TV dei Marvel Studios, un progetto sul quale Feige ha lavorato duramente per farlo diventare realtà… senza però fare i conti con l’eccessiva presenza del MCU nella vita dei fan, molti dei quali si sono sentiti spaesati di fronte a questa moltitudine di prodotti al cinema e in TV molti dei quali sembrano distaccati l’uno dall’altro.

Abbiamo spiegato che la coesione narrativa non deve per forza essere vista come un difetto della Fase 4 del MCU, tuttavia è inutile negare l’evidenza: la Multiverse Saga non sta finora avendo lo stesso impatto della Infinity Saga, poiché gli spettatori sono ora concentrati su troppe linee narrative da seguire contemporaneamente. Oltre al focus sul Multiverso, tema principale di molte produzioni ma ancora non perfettamente chiaro (in Miss Marvel, ad esempio, i Clandestine arrivano da un’altra dimensione o da un altro universo? Quali sono le differenze tra questi concetti che troppo spesso si confondono?), le storyline sono numerose, e ancora oggi, dopo 17 prodotti, appaiono tutte slegate l’una dall’altra, nonostante sappiamo perfettamente che prima o poi tutto colliderà in Secret Wars. Nessuno, se non con qualche rapidissimo ritaglio di giornale, ha ad esempio ancora fatto menzione di quel piccolo incidente chiamato “Celestiale grande quanto l’Oceano Pacifico che è ora morto congelato”. Follia, potrebbe dire qualcuno, eppure occorre ricordare che Eternals, nella timeline del MCU, è uno dei prodotti più recenti cronologicamente parlando, e che i prodotti “terrestri” successivi a tali eventi sono Moon Knight, She-Hulk e Miss Marvel, che certo come focus principale non potevano avere stravolgimenti e scoperte sensazionali – una delle teorie più in voga è che il Celesiale morto sia l’origine del celebre adamantio, il materiale di cui sarà poi ricoperto Wolverine.

La spiegazione del perché Tiamut sia ancora snobbato, insomma, c’è, ed è legata appunto a quel puzzle cronologico che però non tutti, fan compresi, riescono più a seguire. La Multiverse Saga ha inevitabilmente messo troppa carne al fuoco: non tutti i prodotti potevano avere come riferimento principale il multiverso, rischio stanchezza (neppure la Infinity Saga proponeva le Gemme dell’Infinito in ogni film), e allora ecco una, due, cinque, dieci altre storyline da seguire a vari livelli, col risultato che i personaggi sono aumentati esponenzialmente, il trait d’union è venuto meno, e forse neppure gli stessi reparti creativi dei Marvel Studios riescono a star dietro a tutto questo – il caso Blade è emblematico, ma anche piccoli dettagli come la collocazione temporale di Thor: Love and Thunder, teoricamente ambientato nel 2025 quando in realtà, stando a James Gunn, sono passate solo poche settimane da Endgame. Ancora una volta, il più grande progetto mai realizzato finora dai Marvel Studios è anche quello che sta provocando più caos per il devastante impatto che ha avuto sul MCU e sul pubblico. Chiaramente, però, è tempo che l’MCU ritrovi la quadratura del cerchio, e la Fase 5 avrà un compito fondamentale, quello cioè di dare finalmente un quadro chiaro e conciso sul multiverso e su quella che è la più grande minaccia di tutte le realtà. Se non dovesse riuscirsi, la Multiverse Saga rischia di essere ricordata come un flop creativo di notevoli proporzioni.

Scritto da
Andrea "Geo" Peroni

Entra a contatto con uno strano oggetto chiamato "videogioco" alla tenera età di 5 anni, e da lì in poi la sua mente sarà focalizzata per sempre sul mondo videoludico. Fan sfegatato della serie Kingdom Hearts e della Marvel Comics, che mi divertono fin da bambino. Cacciatore di Trofei DOP.

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  • Mai letta una disamina così obiettiva, circostanziata, puntuale. Complimenti all’Autore

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