I Marvel Studios concludono la Fase 5 con Ironheart, serie tv arrivata con quei due o tre anni di ritardo dedicata al personaggio di Riri Williams, vista per la prima volta in Black Panther: Wakanda Forever. Ecco, già qui vi avremo persi, perché uno dei problemi più grandi del MCU nelle sue fasi 4 e 5, che Kevin Feige ha perfettamente riconosciuto non troppo tempo fa, è la preoccupante quantità di personaggi gettati nella mischia, mai approfonditi e soprattutto poco ricordati. La giovanissima Williams, appunto, è una di queste.
Facciamo allora un piccolo passo indietro, prima di discutere effettivamente della serie tv – una serie che, come dicevamo, arriva tremendamente in ritardo, in quanto già pronta da anni ma posticipata per chissà quale oscuro motivo fino al giugno 2025. Riri Williams entrò in contatto con il Wakanda grazie al suo lavoro: la ragazza è un genio totale, c’è chi (tra cui lei stessa) la paragona a Tony Stark, tanto da aver non solo vinto una delle borse di studio Stark al MIT, ma anche da voler costruire una nuova generazione di armature in onore dell’eroe che ha salvato l’universo. Già così, l’eredità è ingombrante oltre ogni immaginazione. Qui non si parla di un nuovo Occhio di Falco, che per quanto sia amato, non ha certo la potenza rappresentativa di una figura come quella di Tony Stark. Eppure, Riri ci vuole provare.
In Wakanda Forever, durante la guerra contro Namor, Riri aveva a disposizione la tecnologia di Shuri e il Vibranio per poter dare forma al suo sogno: un’armatura che emulasse colui che è per lei un simbolo. Ora, tornata a Chicago alla vita quotidiana, non c’è tecnologia o altro, ma tutto è nelle sue mani. E se alla prima occasione un esperimento va male, con conseguente espulsione dal MIT, a Riri ovviamente resta solo una cosa da fare per coronare il desiderio di una vita: arruolarsi in una banda di criminali che vogliono rubare ai ricchi per donare soldi a loro stessi.
Cooossssa!?, potrebbe aver pensato qualcuno di voi. Come dare torto a questo sbigottimento: le premesse di Ironheart sono alquanto bizzarre se si pensa al tipo di eroe che Riri ha preso come punto di riferimento, ma questo è il meno. In quello che dai produttori è stata descritta come un percorso per Riri pari a quello di un personaggio alla Walter White in Breaking Bad, di cui comunque si scorge un legame in tal senso, non si salva quasi nulla.
Ironheart è una serie piatta, noiosa, tremendamente superficiale e con personaggi di contorno poco interessanti. Se proprio volessimo trovare qualche spunto interessante, dovremmo andare a rileggere l’intera trama relativa al percorso di Riri: da ragazza determinata a diventare qualcuno, Riri intraprende un percorso da antieroe, una figura fatta di chiaro e scuro, che conduce anche lo spettatore verso una dimensione oscura che emerge soprattutto nell’ultimo episodio. Una novità, con un colpo di scena che, e su questo lo dobbiamo sottolineare, siamo rimasti piacevolmente colpiti. Ma tutto il resto, purtroppo, è superfluo. Non c’è niente. Non si salva quasi nulla.
Al netto di pochi ma ragionati effetti speciali, migliori di molti altri prodotti televisivi targati Marvel negli anni, Ironheart si consegna nelle piattaforme streaming degli spettatori con una storia incapace di lasciare la benché minima soddisfazione; non solo tutto quello che vediamo ha l’aria di essere un lunghissimo e inutile filler narrativo, che poteva tranquillamente essere condensato in una Special Presentation o, perché no, un film esclusivo per Disney+, ma le motivazioni e le caratterizzazioni dei personaggi stessi lasciano pensare che quanto visto sia semplicemente un sogno. Perché nessuno, con un minimo di logica, si comporterebbe così.
Se Riri intraprende tutto sommato un percorso di formazione che a grandi linee soddisfa, specie per le sfumature grigie che la caratterizzano, i comprimari sono tra il dimenticabile e l’impossibile.
Prendiamo la famiglia di Riri: Ronnie Williams (Anji White) sembra completamente sconnessa dalla realtà. La figlia costruisce armature fantascientifiche in garage che la portano a volare nello spazio, spesso torna a casa zoppicante per un test fallito, viene esclusa dal MIT, trova denaro in modi sconosciuti… e non c’è la minima reazione da parte sua. Ronnie è come il poliziotto Huber nel Canton Ticino: non si pone domande. Ronnie appoggia qualsiasi tipo di decisione di Riri, si preoccupa ma solo ed esclusivamente quando il tasso di pericolo è prossimo alla morte certa. Tutto il resto, anche le cose più folli che capitano a Riri o a se stessa, tutto passa sotto l’uscio. Basta un’esclamazione di sorpresa o un sopracciglio alzato, e tutto è risolto.
Ma anche gli amici di Riri, quelli che la sostengono da anni, sembrano fin troppo perfetti per essere veri. Se l’intento di Coogler era di costruire una dimensione più terrena e cittadina dopo aver esplorato il gigantesco Wakanda, questo intento è fallito. Non solo l’identità segreta è un concetto che non viene mai, in alcun modo, preso in considerazione (effettivamente il Marvel Cinematic Universe sembra essersi dimenticato in gran parte di questo aspetto), ma i personaggi sembrano vivere la sindrome da Episodio 9 di Star Wars, dove tutti sanno tutto ma non si sa per quale motivo.
C’è un particolare momento, all’inizio dell’episodio 4 o 5 (perdonatemi, non ho segnato questo particolare dettaglio nella mia agendina degli appunti), nel quale una delle amiche di Riri si esibisce nella mossa à la Dominic Monaghan ne L’ascesa di Skywalker: un personaggio totalmente sconosciuto, fuori contesto e senza alcun legame con i protagonisti che se ne esce fuori con le leggende perdute dei Sith, che nella galassia non vengono raccontate da centinaia di anni, se non anche di più. Il motivo di tutto questo? Serviva qualcuno che mandasse avanti la narrazione, ecco.
Anche Parker Robbins (Anthony Ramos), in arte Hood, ne esce con le ossa rotte. In 6 episodi, l’unico vero approfondimento che il suo personaggio ha a disposizione è sempre nell’episodio finale, il migliore dell’intera miniserie (o meglio, l’unico salvabile), ma anche qui il tutto si riduce a un villain macchiettistico e tutt’altro che indimenticabile. Parliamo di un criminale che nei fumetti, tramite sotterfugi e poteri, era quasi riuscito a ottenere tutte le Gemme dell’Infinito. L’Hood di Ironheart, con tutto il rispetto, non avrebbe saputo rubare neppure il Garpez di Aldo, Giovanni e Giacomo facendo affidamento sulla sua intelligenza.
Dopo 5 episodi di nulla cosmico tra dialoghi insulsi e una bella infornata di politicamente corretto totalmente casuale e non necessario (pure il Joe McGillicuddy di Alden Ehrenreich è lì perché doveva, non per un particolare bisogno narrativo), arriva una puntata finale decisamente più scoppiettante. Poca azione ma ben confezionata, qualche spunto interessante, una comparsata davvero intrigante, e un colpo di scena che, devo ammetterlo, mi ha lasciato positivamente spiazzato. La serie si salva grazie a questo finale? Assolutamente no. Però fa sicuramente ridere, o riflettere, la situazione: la Marvel è sempre stata criticata per la sua capacità di aprire degnamente le serie tv, facendo poi calare la qualità. Stavolta, a ben pensarci, è accaduto l’esatto contrario.
Ma arrivati alla fine, se ci riuscirete, una domanda vi assalirà: questo colpo di scena, che appunto è interessante al contrario di tutto il resto della serie, a cosa porterà? O meglio, quando vedremo le conseguenze di tutto questo? O ancora meglio, le vedremo? Proprio qualche giorno fa correva il secondo anniversario dell’uscita di Secret Invasion, la peggior serie tv del Marvel Cinematic Universe, i cui fatti sono stati probabilmente dimenticati del tutto nonostante promettessero grandi ripercussioni. Speriamo di sbagliarci, soprattutto nei confronti di un certo personaggio, ma l’impressione è che con Ironheart potrebbe andare esattamente allo stesso modo.

Review Overview
Riassunto
Ironheart è una serie davvero scialba, inconsistente, e con personaggi totalmente fuori contesto, sia nella forma quanto nella sostanza. Riri Williams, di cui molti neanche ricordavano l'esistenza, è destinata a tornare nell'oblio dalla quale è venuta. Su 6 episodi, solo uno riesce a guadagnare la sufficienza, e gli effetti speciali, dobbiamo ammetterlo, sono piacevoli; tutto il resto è uno show che è, a conti fatti, impossibile da consigliare per la visione. Ironheart conclude non solo la Fase 5 (speriamo che per la 6 le cose vadano meglio), ma anche il precedente corso delle produzioni tv Marvel, che ora cambieranno registro. E questo cambio ci voleva. Ooooh, se ci voleva.
- Giudizio complessivo2.75
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