Lanciato il 15 luglio, I Confini del Destino è la settima espansione di Destiny 2. Con un prezzo ridotto rispetto alle espansioni passate, propone un approccio radicalmente diverso: bye bye stagioni e pass annuali, benvenuti hub concentrati e cambiamenti strutturali profondi al sistema di progressione. Si sente sin da subito l’intento di dare una nuova direzione alla saga, cercando di semplificare il gameplay e la narrativa. Ma, come vedremo, certe semplificazioni finiscono per pesare.
Siamo finalmente pronti a parlarvi de I Confini del Destino, un nuovo inizio per Destiny 2 e per il suo universo narrativo. Ma è un inizio riuscito?
Un nuovo inizio per Destiny 2
Con questo DLC, Bungie abbandona il modello delle stagioni per abbracciare espansioni autonome più piccole ma frequenti. L’interfaccia è stata ridisegnata: addio al menu dei vari mondi da selezionare—ora tutto è raccolto nel nuovo Portale, un hub dove confluiscono missioni, sfide PvE, attività cooperative e PvP. L’idea è rendere chiara e accessibile la progressione, eliminando la sensazione di avere contenuti dispersi o “da non perdere”. Tuttavia, si avverte subito che la semplificazione è anche un rischio: il mix di contenuti è meno vario e più prevedibile rispetto al passato.
Anche l’introduzione di Kepler, il nuovo mondo, è chiaramente voluta come dichiarazione di intenti: un colonizzato planetoide dominato dalla materia oscura, visivamente ispirato e originale ma con ambienti che ripropongono asset di luoghi vecchi (come Io, Titan o la Tangled Shore). Il risultato è un setting che funziona, ma non lascia il segno con la stessa intensità delle ambientazioni più iconiche del franchise
La storia del DLC
Per riavviare Destiny 2, il contesto scelto è quello di Kepler-13b, un misterioso planetoide ai confini del sistema solare, avvolto da una distorsione temporale anomala che sembra portare gli anni ’60 direttamente nel futuro – se non altro, un buon artificio per rimescolare l’art design del tutto. I Guardiani sono inviati lì per indagare, ma scoprono presto che quel luogo non è solo una nuova zona d’esplorazione: è un archivio vivente del tempo stesso. Frammenti di realtà si fondono, eventi del passato emergono come eco, e il tempo non scorre più linearmente. Questo diventa non solo il pretesto per nuove missioni, ma anche l’allegoria centrale della trama: la lotta per riscrivere, comprendere o preservare il proprio destino.
La vera rivelazione è l’introduzione degli Aioniani, una razza aliena mai apparsa prima nel franchise, e che più di tutto il resto segna un nuovo inizio. Diversi dagli avversari precedenti per estetica e concetto, non sono motivati da conquista, vendetta o corruzione, ma da una missione molto più inquietante: preservare l’equilibrio temporale a ogni costo, anche se questo significa cancellare intere linee temporali. Si presentano come entità neutre, quasi impersonali, ma la loro logica è spietata. Non sono malvagi in senso classico: sono custodi di un ordine temporale superiore. È proprio questo che li rende affascinanti e per certi versi disturbanti: proprio come un Galactus della Marvel, gli Aioniani agiscono così perché sono stati creati per questo; è l’ordine naturale delle cose.
Questa nuova minaccia funziona bene perché mette in discussione il concetto stesso di “eroe”. I Guardiani, da sempre protettori del presente e costruttori del futuro, si trovano qui ad affrontare un nemico che sostiene che ogni loro scelta ha già compromesso irrimediabilmente il flusso del tempo. Il conflitto diventa più ideologico che morale: chi ha davvero il diritto di decidere quale futuro debba esistere?
La campagna principale si compone di quindici missioni, con alcuni momenti memorabili e altri più meccanici. La struttura narrativa alterna sezioni di esplorazione a combattimenti classici, con alcune missioni secondarie che approfondiscono eventi alternativi o errori temporali da correggere. Alcune di queste piccole missioni sono tra le più ispirate dell’espansione: si rivive, ad esempio, una battaglia sul Raccordo Cosmodromo ma con esiti completamente diversi, o si interagisce con proiezioni future di personaggi familiari. Le quest secondarie, a dire il vero, sono poco secondarie e molto importanti per conoscere ogni aspetto della trama.
L’incipit è piuttosto lento: le prime missioni si concentrano sull’ambientazione e sulla scoperta delle anomalie, ma non spingono davvero l’acceleratore sulla trama. Questo ha un effetto ambivalente. Da un lato, favorisce un senso di mistero e graduale immersione nel mondo di Kepler. Dall’altro, potrebbe risultare poco incisivo per i giocatori che si aspettano una narrativa più serrata sin da subito. Senza fare spoiler, l’intera narrazione de I Confini del Destino è però assolutamente dignitosa, dando una rinnovata prospettiva al futuro di un gioco che molti danno già per spacciato. Purtroppo, non si può dire di certo la stessa cosa per quanto riguarda il gameplay, che si rivela essere un colabrodo di problemi.
Ricostruire Destiny 2
Uno dei dubbi più grandi di Bungie, dopo tutti questi anni, è capire come riportare su Destiny 2 i vecchi giocatori, ma soprattutto come spingere i neofiti a entrare a far parte di un universo già vasto e consolidato. Ecco, con I Confini del Destino, parlando del gameplay, non ci sono certo riusciti.
Partiamo con le note positive: la progressione. Bungie ha rivisto completamente il sistema di livellamento di Destiny 2 con questa espansione, e a nostro avviso il risultato è ottimo, in quanto ora viene dato anche molto più spazio alla personalizzazione e a una sorta di libertà d’azione. Ogni vingolo temporale è stato rimosso, non ci sono più le ricompense settimanali, ci sono attività a diversi livelli di difficoltà ed è possibile aggiungere modificatori per migliorare il bottino finale. Bella anche l’idea di introdurre le missioni In Solitaria, che durano all’incirca 10 minuti e riescono a garantire ricompense adeguate. Con queste novità, Bungie sta ora dicendo ai giocatori che per livellare non serve fare sempre le solite due o tre attività, ma spendere il proprio tempo su ciò che davvero piace.
Ma, fronte gameplay, le note positive sono già finite. Con I Confini del Destino, Bungie ha cercato di coniugare il tema della distorsione temporale con nuove meccaniche di gioco, nella speranza di offrire un’esperienza rinfrescante dopo il climax narrativo e ludico de La Forma Ultima. Tuttavia, il risultato finale è più vicino a un tentativo maldestro e poco funzionale. Le nuove idee ci sono, ma spesso appaiono scollegate, poco sfruttate o – peggio – già viste, riformulate senza reale impatto sul core loop di Destiny 2. Ci sono alcuni sprazzi di miglioramento, come nel caso della rielaborazione di armi e armature ulteriormente sistemata rispetto al passato, ma qui interviene un grinding davvero asfissiante che rischia di essere deleterio, molto più che in passato.
La novità più pubblicizzata dell’espansione è il sistema delle Fenditure Temporali: eventi instabili che si aprono in determinati momenti delle missioni o durante l’esplorazione libera su Kepler-13b. Queste fenditure alterano lo scenario circostante e talvolta introducono modificatori alle armi o ai poteri. In teoria, questa meccanica doveva rendere ogni incontro dinamico e imprevedibile, ma nella pratica le variazioni sono superficiali e raramente influenzano la strategia di combattimento.
Anziché creare vere ventate di novità nel gameplay, le Fenditure si limitano ad aggiungere ondate di nemici con buff e nerf casuali, oppure modificatori ambientali che non cambiano sostanzialmente il modo in cui il giocatore affronta una missione. Inoltre, sono poco integrate con il level design: troppo spesso appaiono come eventi-scripted, più coreografici che tattici, ma soprattutto qualcosa che ormai abbiamo già visto in mille salse. E persino Scintimateria, l’abilità inedita che consente di esplorare Kepler e risolvere enigmi, è quanto di più banale si potesse fare.
È una banalità: Destiny 2, ormai, è così, e non è facile, e forse neanche possibile, trasformarlo in un sandbox. Scintimateria e le abilità ad esso associate non possono fare un miracolo. La mancanza di nuove opzioni di abilità, anche solo di aspetti aggiuntivi o frammenti per una delle sottoclassi esistenti (non ci sono nuove sottoclassi), si fa sentire. La cosa peggiore è che quasi nessun equipaggiamento inedito risulta in grado di cambiare l’esperienza, e non ci riferiamo solo alle armi (ne parliamo tra poco): anche Scintimateria è protagonista di puzzle a dir poco sottotono, risolvibili in pochi istanti. Anche il nuovo hub semi-aperto chiamato Arx Caelus, una stazione orbitale sospesa nel tempo, è l’ennesima reiterazione di cose già viste. Visivamente è affascinante, ma a livello di interattività resta poco più che una skin diversa per le funzioni classiche: NPC che assegnano taglie, terminali per potenziamenti, una zona di addestramento.
Il problema, però, è il bilanciamento: pochissime di queste armi riescono a emergere nel meta attuale. I perk associati sembrano creati per situazioni molto specifiche, ma nel concreto non offrono vantaggi significativi rispetto ai loadout consolidati. Alcune esotiche risultano poi essere quasi superflue, rompendo il loro stesso significato. Sul fronte armature, i set condividono lo stesso problema: sono affascinanti a livello visivo, ma raramente offrono bonus che inducano il giocatore a cambiare build. Anche i mod legati alle Fenditure Temporali non incidono davvero sul gameplay, rendendoli più cosmetici che strategici.
A livello di design, molte missioni della campagna seguono schemi collaudati: progressione lineare, combattimenti in arene chiuse, boss fight con fasi a ondate. L’assenza di varianti reali nel ritmo e nell’interattività si fa sentire. Anche le missioni secondarie legate alle anomalie temporali – pur interessanti sul piano narrativo – non introducono vere meccaniche nuove, ma piuttosto riutilizzano modelli di missione già noti (difesa di zona, raccolta di dati, sopravvivenza a ondate). È un peccato, perché la premessa della distorsione temporale avrebbe potuto tradursi in livelli con architetture dinamiche, scelte a bivi, enigmi temporali o segmenti puzzle-based. Invece, tutto resta molto statico. Le variazioni si limitano a piccoli dettagli estetici o modificatori di status, senza mai toccare le fondamenta della progressione.
Endgame… forse per davvero
Un altro nodo tristemente critico, vista la quantità di esperienza che Bungie porta con sé, è rappresentato dalle attività endgame introdotte con il DLC: monotone, per nulla innovative, talvolta troppo difficili come nel caso del raid Il Deserto Perpetuo, che ancora una volta riprende i Vex come nemici principali.
In una struttura simile a quella del Leviatano, la nuova incursione di Destiny 2 azzecca notevolmente l’ambientazione, quasi onirica a tratti, e propone ricompense accattivanti. C’è però un problema proprio a livello strutturale: nemici con una barra della vita esageratamente grande, e la necessità di una coordinazione al millesimo di secondo che è davvero difficile da digerire, specie per i nuovi arrivati. Come è possibile arricchire la community di Destiny 2 con i neofiti, se le porte a loro vengono precluse da muri così invalicabili? Se questo raid doveva essere il biglietto da visita per i nuovi giocatori, risulta invece essere un buco nell’acqua pazzesco e difficile da comprendere per chi non mastica Destiny 2 da una vita. Può piacere ai fan più accaniti… Ma quanti ne sono rimasti davvero, considerando che da anni il team lamenta un crollo dei ricavi e dell’interesse?

Review Overview
Riassunto
Bungie, batti un colpo. Da un lato, I Confini del Destino riesce a rinnovare l'entusiasmo di un universo narrativo sconfinato, e che dimostra di avere ancora tanto da dire. Dall'altro, le scelte di design e gameplay risultano inefficaci: sotto questi due punti di vista, è tra le peggiori espansioni dell'intera storia del franchise. Se il futuro di Destiny 2 parte da qui, non è un grande inizio.
Pro
Ottima narrativa e nuovi personaggi Le ambientazioni sono molto accattivanti La progressione, finalmente, ha fatto un passo avantiContro
Nuove meccaniche poco sfruttate Il Raid è troppo complesso Grinding asfissiante- Giudizio complessivo6.5
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