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Escape from Duckov | Recensione

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È difficile immaginare che, nel mese di ottobre, il gioco che è riuscito a segnare un record su Steam riuscendo a vendere ben 2 milioni di copie sia un top–down shooter con uno stile artistico cartoonesco. Escape from Duckov, grazie a un design di gameplay perfettamente integrato e a una struttura che non punta a frustrare chi lo prova, è riuscito a catturare i giocatori di tutto il mondo, che sono diventati una comunità attiva al seguito di questo indie ad opera di Team Soda, uno studio di sviluppo cinese.

E non lasciatevi ingannare dai pregiudizi su una campagna di marketing troppo vistosa, o sui moltissimi streamer che hanno dedicato live a profusione su questo titolo, perché rischiereste di perdervi una sorpresa enorme di questa stagione. Scopriamo di più nella nostra recensione!

Papere alla riscossa

Cos’è piccola, gialla e molto pericolosa? Ovviamente una paperetta con un mitra! Escape from Duckov ci mette nei panni di un palmipede con al seguito il suo cagnolino alle prese con un mondo ostile, sulla falsa riga di tutti i più famosi extraction shooter. È allo stesso tempo un gioco fatto di partite brevi, capaci di regalare soddisfazione immediata, e un titolo che merita investimenti di tempo più consistenti per godersi un’esperienza immersiva e di lungo respiro.

Come dicevamo, il gioco prende a modello l’idea alla base di Escape from Tarkov, riassumibile nella formula “loot–fight–extract” (“cerca, combatti, scappa”), e la rielabora con un’impostazione accessibile a chiunque. Sembra poter soddisfare ogni tipo di approccio: non ci sono barriere, oltre al genere stesso.

La cosa interessante è che Escape from Duckov non introduce quasi nessuna meccanica realmente nuova: prende un modello di gameplay già consolidato e lo riassembla con cura, ottenendo risultati eccezionali. Non è una scelta opportunistica, ma la prova concreta di quanto sia solido nella sua visione. Invece di cercare di reinventare la formula “loot–fight–extract”, il gioco la esalta, restituendo al giocatore un messaggio chiaro: trova risorse; vinci gli scontri; esci vivo.

E Escape from Duckov non solo riesce in tutti e tre questi obiettivi, ma riesce addirittura a trasformare l’ultimo in goduria pura. Siamo di fronte ad un game design consapevole, non ad un colpo di fortuna estemporaneo.

Tra armi, risorse e piume

Se non avete mai giocato a titoli simili, Escape from Duckov vi offrirà un’esperienza che risponde perfettamente all’immaginario del genere. Se invece siete già appassionati di questo tipo di gameplay, vi offrirà un’esperienza priva di fronzoli, a misura di giocatore e senza la frustrazione che può derivare da una partita online.

La chiave è tutta in quelle tre semplici parole, ovvero “cerca, combatti, scappa”, che qui ritrovano una forza speciale grazie al formato single–player PVE. La morte ha un peso, certo, ma senza le penalità punitive del multiplayer competitivo: niente matchmaking punitivo, nessun giocatore ostile che ci tradisce mentre cerchiamo di estrarre risorse.

Non serve neppure una strategia di live–service, né un bilanciamento competitivo esasperato. Tutto ciò che conta è che Escape from Duckov sia divertente. E in questo genere, il divertimento deriva in gran parte dalla capacità del gioco di farci trovare bottini talmente buoni da saltare sulla sedia. E Escape from Duckov in questo è maestro: possiamo iniziare come una povera papera senza protezioni e trovare un’armatura di livello 6 in un cestino, trovare un RPG in una busta o inciampare in una scheda grafica giocando nudi con un coltello in mano.

Escape from Duckov riesce sempre a sorprendere il giocatore: è ciò che questo gioco sa fare meglio. Il drop rate è generoso, i limiti di accesso agli oggetti quasi inesistenti, e ogni angolo della mappa è potenzialmente una miniera d’oro. Vale la pena portare a termine ogni partita e ci ritroveremo a pulire la mappa fino all’ultimo cassetto.

Tra rischio e ricompense

Ma sorge una domanda: se si ottiene equipaggiamento potente troppo velocemente, la progressione non si brucia? La risposta è no, perché mantenere funzionante l’equipaggiamento costa. Riparare un’armatura top–tier è costoso, perfino più che comprarne una. Le munizioni di grado alto superano il costo delle armi. Così anche i giocatori più fortunati devono ponderare ogni uscita: meglio craftare proiettili costosi, o rubarli dai nemici più forti?

In questo modo il sistema di gioco crea equilibrio. Più gli avversari sono forti, più il giocatore può crescere rapidamente… ma allo stesso tempo rischia di perdere tutto in un angolo buio per colpa di un attacco nemico. Questo ciclo di rischio–ricompensa su un gioco PVE è incredibilmente efficace: quando siamo una paperetta priva di armi e difese, sogniamo nemici armati fino ai denti; quando siamo equipaggiati al massimo, temiamo ogni incontro.

E la mappa è davvero viva. Ci sono scontri continui tra fazioni, e possiamo sfruttare il caos per arraffare bottini… o buttarci nella mischia come un vero eroe piumato. Oltre al combattimento e al loot, la progressione si articola in crafting, gestione materiali, e costruzione di strutture nella base, con oggetti rarissimi, percorsi di upgrade multipli e variabili, e mille micro–obiettivi che danno sempre una ragione per continuare.

Ogni risorsa, persino le più insignificanti, trova uno scopo: possiamo persino assemblare una console e giocare a Snake, Puzzle Bobble o Gold Miner. E se non avete craftato uno schermo a colori, dovrete accontentarvi di uno a tubo catodico in bianco e nero. Questo spirito di gioco nel gioco, di piccole sorprese ovunque, dà l’idea di un team che ha curato tutto con amore e passione.

Ci resta un’altra domanda finale: con loot così ricco, il gioco diventa punitivo nell’estrazione? No. È sorprendentemente generoso. Salva automaticamente i file delle ultime dieci sessioni, permettendo al giocatore di tornare indietro. E possiamo cambiare difficoltà dopo la morte per recuperare l’equipaggiamento e poi tornare alla difficoltà normale. Certo, c’è ancora spazio per dei miglioramenti, e difatti Team Soda è prodigo di aggiornamenti costanti: da parte nostra, non vediamo l’ora che sia introdotto un miglior supporto per il controller e un sistema di co-op online. Inoltre al momento manca ancora una traduzione in italiano.

Divertimento allo stato puro

Escape from Duckov è chiaro, onesto e accessibile: un top–down shooter che punta a farci divertire, senza pretese di eSport o virtuosismi autoriali. Ricorda Dave the Diver nello spirito: una celebrazione del gameplay strutturato bene e pieno di sorprese, senza prendere sé stesso troppo sul serio. Non ambisce a rivoluzionare il mondo dei videogiochi. Vuole farci sorridere, premiarci, farci dire “ancora una run”. E riesce benissimo nel suo intento.

8.5
Riassunto
Riassunto

Escape from Duckov è molto più di un gioco-parodia: la nuova sorpresa del momento è un titolo dal gameplay solido ed estremamente divertente. La nostra papera deve sopravvivere e trovare risorse in un mondo ostile, ma anche ironico, privo certamente dello stress dei giochi competitivi online. C'è sicuramente bisogno di qualche miglioramento da parte di Team Soda, soprattutto a riguardo della gestione del controller, ma gli aggiornamenti già in questo primo mese non sono mancati, e siamo convinti che non tarderanno nemmeno in futuro.

Pro
Gameplay divertentissimo ed estremamente solido Molto ironico Siamo una papera armata di mitra
Contro
Supporto dei controller non ben implementato Non c'è ancora la co-op online Manca la traduzione in italiano
  • Giudizio complessivo8.5
Scritto da
Silvia SiL Mannu

Nel lontano 1990 entro in una sala giochi e scopro i cabinati arcade. Da quel momento, la passione per i videogames non mi ha mai abbandonata. Oggi sono una PC Gamer legata soprattutto a titoli action, giochi di ruolo, stealth e picchiaduro.

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