Home Cinema Ahsoka – La recensione dei primi due episodi della nuova serie Star Wars

Ahsoka – La recensione dei primi due episodi della nuova serie Star Wars

Ahsoka Tano è così, è sempre stata così: imprevedibile. Ex Jedi, ex apprendista di Anakin Skywalker, presenza costante intorno agli eventi ma mai alla luce del sole nell’universo di Star Wars. Così la ritroviamo nella serie che prende proprio il suo nome, che potremmo considerare il primo atto di quello che sarà poi un grande crossover conclusivo che chiuderà i conti con la Nuova Repubblica e, forse, anche tutte le storie ambientate in questo periodo.

Non che sia un male: per quanto serie come The Mandalorian abbiano funzionato (anche se la terza stagione ha lasciato un po’ a desiderare), da tempo sottolineiamo la necessità di allontanarsi dall’ingombrante bagaglio degli Skywalker, dell’Impero e del Primo Ordine, ma nel caso di Ahsoka le cose sono molto diverse. Non solo perché Dave Filoni torna a muovere i fili del personaggio che è nato e cresciuto con lui, ma anche perché la serie promette di chiudere finalmente un cerchio che non si è mai chiuso, quello di Star Wars: Rebels. E diamine, nonostante il passaggio al formato live action, le cose sono come un tempo.

I primi episodi di Ahsoka, nella quale Rosario Dawson riprende i panni dell’amata guerriera già apparsa in The Mandalorian e The Book of Boba Fett, riescono nell’impresa non facile di dare forma a un mondo e a un modo di raccontare che fino a oggi avevamo visto solo in animazione. Non si parla solo di vedere sul piccolo schermo amatissimi volti come Syndulla (Mary Elizabeth Winstead) e Sabine Wren (Natasha Liu Bordizzo), o l’impareggiabile droide Huyang (David Tennant) per il quale dialoghi e tempi comici sono sempre perfetti, ma delle atmosfere stesse di un microcosmo, quello di Rebels appunto, che ha sempre cercato di dare vita a una delle più grandi minacce che la Galassia Lontana Lontana abbia mai visto.

Non è un mistero, e lo sappiamo sin dalla prima apparizione di Dawson nei panni di Ahsoka, che l’ex cavaliere Jedi sia alla ricerca del Grand’Ammiraglio Thrawn, ufficiale di altissimo livello dell’Impero disperso da tempo dopo uno scontro con Ezra Bridger. L’incontro, chiaramente, non è materiale per questi primi episodi, che sono abbastanza però per far intuire l’ormai classico sottotesto politico al quale siamo abituati: la Nuova Repubblica continua a portarsi dietro gli strascichi di un trentennale dominio imperiale, e questo porta sempre a doppiogiochisti e imprevisti.

La missione, comunque, è chiara: sin dalle prime battute dell’episodio pilota, Ahsoka sta cercando quello che inevitabilmente diventerà un manufatto fondamentale per la sua ricerca, una mappa galattica (o forse qualcosa di più?) che la potrà condurre da Thrawn. Indispensabile però tornare sui propri passi, e coinvolgere quel gruppo di un tempo amici ora cresciuti coi quali le questioni in sospeso sono ancora tante. Sabine, ad esempio, non può che avere ruggini con la maestra, una figura chiave della sua vita che se n’è andata senza lasciare traccia. Ma quando il gioco si fa duro, occorre appianare le divergenze e pensare al bene superiore.

Gli stessi villain, come Baylan Skoll (il compianto Ray Stevenson) e Morgan Elsbeth (Diana Lee Inosanto) non risultano essere semplici emuli di Sith o altre oscure organizzazioni, ma complessi personaggi mossi sì dal potere ma non per questo limitati nel libero arbitrio, tanto che è interessante notare sin da questi primi episodi che un certo attrito tra le parti coinvolte potrebbe già essere stato sottolineato. E qui, fortunatamente, si entra anche nei dettagli più tecnici dell’analisi, che vanno a toccare due problemi fortemente criticati nelle recenti opere starwarsiane.

Se da un lato abbiamo una prima stagione di Andor che meriterebbe un successo ben al di sopra di quello ottenuto, dall’altra prodotti come The Book of Boba Fett e anche Obi-Wan Kenobi hanno evidenziato problemi di varia natura, da una scrittura dei personaggi (soprattutto secondari, ma anche principali talvolta) molto approssimativa e raffazzonata, a una regia quasi imbarazzante che non è riuscita in alcun modo a dare organicità al racconto, con grande rammarico.

Ahsoka, per ora, è partita con grande tenacia su entrambi i fronti: gli episodi scorrono piacevolmente, gli eventi sono splendidamente messi in scena, e anche i personaggi sono quelli che tutti (?) ricordavamo dalla purtroppo bistrattata Rebels, che forse ora vivrà una seconda vita. È ancora presto per dire se la qualità sarà mantenuta (basti pensare al tracollo di Boba Fett), ma certo l’inizio è molto incoraggiante.

Chiaro è che aver coinvolto in questo progetto tutti coloro che hanno sempre creduto in questa particolare ma molto affascinante branca del franchise, compreso il compositore Kevin Kiner che ha lavorato anche a The Clone Wars e The Bad Batch e che tira fuori dal cilindro musiche molto riuscite, è un segnale di forte continuità che si nota in ogni istante.

Dave Filoni, dopo aver sperimentato con Din Djarin e Grogu, può finalmente dare alla sua Ahsoka un palcoscenico più importante, ispirandosi ora con più libertà alla mitologia dei samurai tanto cari a Lucas e allo stesso autore americano. Tanti silenzi, tanti sguardi, ma le parole, in molti casi, non servono neanche.

I primi due episodi di Ahsoka debutteranno su Disney+ il 23 agosto.

Scritto da
Andrea "Geo" Peroni

Entra a contatto con uno strano oggetto chiamato "videogioco" alla tenera età di 5 anni, e da lì in poi la sua mente sarà focalizzata per sempre sul mondo videoludico. Fan sfegatato della serie Kingdom Hearts e della Marvel Comics, che mi divertono fin da bambino. Cacciatore di Trofei DOP.

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