Qualche giorno fa, in un reel su YouTube, abbiamo definito quello di Digimon come un brand sfigatissimo. Beh, è proprio così: chissà come si sentono oggi i mostri digitali di Toei Animation, costretti sin da quando sono nati a restare nell’ombra dei Pokémon. Quegli stessi Pokémon che, pure in ambito videoludico, hanno sempre fatto il bello e il cattivo tempo, dominando senza problemi il mercato dei giochi monster catcher. Lo si vede chiaramente: persino pessime prove come Scarlatto & Violetto riescono a vendere cifre che quasi tutti si sognano. E i Digimon, intanto, restavano a guardare.
Mentre tra le generazioni di PS1 e PS2, e console annesse, i Digimon erano una costante, le cose vennero presto ridimensionate, forse a causa proprio dello strapotere di Pokémon. Intorno alla metà degli anni 2010, Bandai cercò miracolosamente di rilanciare il brand in Occidente, grazie ai due giochi di Digimon Story e all’apprezzato ritorno di Digimon World. Esperimenti, più che vere occasioni, così come il particolare Digimon Survive di qualche anno fa. La cosa che ha sempre fatto arrabbiare i fan è il grande potenziale che Agumon e compagnia sembravano tenere sempre nascosto. Un potenziale che oggi, finalmente, emerge in tutto il suo splendore.
Digimon Story: Time Stranger non rappresenta solo il ritorno dei Digimon in gran forma, ma anche una lettera d’intenti a Pokémon, che ora, per la prima volta da molti anni, si ritroverà di fronte a un avversario a dir poco agguerritissimo nel suo stesso ambito di competenza. Vi raccontiamo tutto di Time Stranger nella nostra recensione, per arrivare pronti in tempo per l’uscita del gioco.
Versione provata: PlayStation 5
Due mondi, due tempi
Il concetto di tempo, manco a dirlo, riveste un ruolo fondamentale nella narrativa di questo nuovo capitolo di Digimon Story. In una storia che sembra in qualche modo presentare alcune analogie con il primo anime del franchise, Digimon: Adventure, la trama inizia a Tokyo, dove il nostro taciturno protagonista e i suoi Digimon si ritrovano coinvolti in strane anomalie che li riportano indietro nel tempo. Il suo unico punto di contatto col futuro sarà l’Operatrice, che comunica attraverso il Digivice.
Ciò che innesca veramente gli eventi è l’incontro con una ragazza, Inori Misono. La tipica ragazza con una sorta di sindrome da crocerossina, che subito dopo essere aiutata, invita a casa sua il protagonista (o la protagonista, possiamo scegliere il sesso a inizio gioco ma non ha alcun impatto sugli eventi) e i Digimon per ringraziarli. Scherzi a parte, è un banale incipit per dare il via a una storia che invece si rivela essere parecchio interessante e ben strutturata. L’incontro con Inori è infatti una sorta di pretesto per il vero interesse della storia, il padre della ragazza, in qualche modo coinvolto con ciò che sta accadendo ai Digimon e alle anomalie.
Hiroko, amica di Inori, sfrutterà il protagonista per dare il via a una serie di indagini dedicate alle anomalie, che lo condurranno in qualche modo persino a Digiworld. Strano pensare che solo all’arrivo nel mondo digitale, che arriva diverse ore dopo l’inizio del gioco, appaiano i titoli di testa, quasi a dire che tutto quello che è venuto prima, e che già ci aveva convinto, era solo l’antipasto. Da qui, però, cambiano anche gli intenti e il modo di presentare il mondo e i personaggi: Tokyo è volutamente più spenta, mentre Digiworld è un’esplosione di vita e colori, ricca di luoghi da sogno come la gigantesca Foresta Meccanica o la fornace che dà energia a tutto il mondo, con mostri perfettamente senzienti – anche troppo.
Il fatto che i Digimon possano provare sentimenti, dialogare, cospirare, offre a questo franchise una dimensione che Pokémon, per altre scelte creative, non può dare. I Digimon, in questo caso, ricoprono tranquillamente il ruolo che potrebbe appartenere agli esseri umani in altre produzioni. La presenza di forze oscure che manipolano e pensano è un concetto che spesso torna nei prodotti del franchise: le tenebre non sono solo un concetto, ma molto spesso hanno una forma e un nome. Allo stesso tempo, riesce a emergere un legame molto forte tra gli umani e i mostri, capace di attraversare lo spazio e il tempo. La storia gioca con i balzi temporali, e riesce a darci una prospettiva varia sui rapporti che nascono tra i vari personaggi: il protagonista deve spesso tornare sui propri passi per capire cosa si cela dietro ai guai che attanagliano il mondo digitale.
Digimon Story: Time Stranger è un titolo che riesce a nascondere una storia davvero ricca e affascinante, che insiste sul concetto sì di bene e male ma anche delle sfumature che girano intorno a essi, e di come i sentimenti, un elemento chiave in tutto questo, riescano ad attraversare le barriere dei mondi e del tempo. L’espediente serve anche a Media Vision a risparmiare alcune energie produttive, e l'”effetto Dragon Quest XI”, come ci piace definirlo, appesantisce un po’ la progressione in alcuni momenti.
Per chi non sapesse di cosa parliamo, il JRPG di Square Enix accompagna più volte i giocatori nelle medesime location per rivivere situazioni simili, allungando la longevità ma risultando anche inevitabilmente ripetitivo sotto alcuni aspetti. Time Stranger, in un modo paragonabile a quello di DQ11, replica questa struttura, appesantendo in alcuni momenti la progressione. Se non altro, gli sviluppatori hanno avuto l’intuizione di intervenire sulla direzione artistica per raccontare il passaggio da un tempo all’altro, cercando anche di variare quanto basta le dinamiche dell’esplorazione – c’è persino un momento che sembra un omaggio alla celebre casa dei fantasmi di Super Mario World, per intenderci.
La trama di Time Stranger impiega qualche ora a ingranare. All’inizio vi sembrerà di essere rimasti al contesto investigativo di Cyber Sleuth, che rigiocato oggi dimostra tutti i suoi limiti (proprio di recente abbiamo recuperato Hacker’s Memory su PS Plus, e l’esperienza non è delle migliori), ma di fronte al giocatore si apre poi un mondo fatto di amore, passione e tantissimo intrattenimento, confezionato in uno stile davvero appagante, e con tante, tante ore da assaporare. E se già la storia soddisfa pienamente, a parte qualche ripetizione di troppo, il gameplay migliora ulteriormente tutto il pacchetto.
Migliore in tutto
Cyber Sleuth e il suo spin-off Hacker’s Memory, negli anni passati, avevano saputo rilanciare in modo intelligente la formula Digimon, ma non mancavano alcuni limiti importanti.
Appurato che anche la trama ha fatto notevoli passi avanti, va sottolineato che Time Stranger riesce a migliorare in tutto e per tutto ogni elemento di Cyber Sleuth, rappresentandone un notevole balzo evolutivo che avvicina Digimon Story ai pezzi da novanta del genere. Lasciando percepire le influenze da giochi come Shin Megami Tensei (la serie non lo ha mai nascosto) e persino Persona, vengono integrati nuovi elementi che affinano la tecnica, migliorano la qualità dell’esperienza e la rendono ancor più accessibile, senza però perdere alcuna profondità.
Dopo aver scelto il protagonista iniziale, taciturno e indefesso essere umano che ha un qualche legame molto particolare con i Digimon, il gioco spiega in pochi minuti tutto quello che dovete sapere sul suo funzionamento, pur lasciando al giocatore il compito di carpirne ogni segreto. Da Cyber Sleuth, torna l’ossatura: si costruisce una squadra di tre Digimon, con tre riserve, e si procede in scontri a turni che proseguono sulla base della griglia mostrata a destra dello schermo; a seconda della velocità o dell’attacco a sorpresa, cambia l’ordine. Ogni Digimon può vantare una lunga serie di attacchi, magici e fisici (possono anche essere acquistati dai negozi di Gwappamon, sparsi per tutto Digiworld), oltre che classici comandi da GDR come oggetti che curano gli status negativi, parata preventiva e la possibilità di fare uno scambio con la squadra in panchina.
Per inciso, è anche possibile mettere tutti i combattimenti in modalità Automatica, lasciando che il giocatore possa godersi la storia e l’aspetto gestionale del team, per così dire. Tale modalità, comunque, torna comodo nella fase esplorativa, mentre risulta molto poco affidabile durante le battaglie coi boss. Non rappresenta uno sbilanciamento nella curva di apprendimento coi normali incontri, ma certo i Digimon più tenaci richiedono maggiori analisi e concentrazione, osservando attentamente status, punti di forza e le loro maggiori debolezze – i Digimon sono suddivisi in varie categorie come Dati, Virus e Vaccini, ognuno dei quali ha effetti diversi sugli altri.
Come è giusto che sia, è proprio nelle battaglie contro i boss che risulta necessario studiare una buona strategia (le battaglie sono suddivide in due macro-momenti, nel secondo dei quali il boss si carica per un attacco distruttivo e la squadra deve indebolire la barra di ricarica il più presto possibile), che in Time Stranger si traduce nella costruzione della squadra perfetta. In questo ambito, il gioco fornisce due elementi chiave: la conversione e l’immancabile digievoluzione. La prima, banalmente, riguarda gli incontri casuali: a ogni Digimon sconfitto, sale la percentuale di livello di conoscenza di questo mostro digitale, e quando i dati raggiungono il 100% della scansione è possibile crearlo e inserirlo in squadra – si arriva a un massimo di 200%, per massimizzare il tutto.
Ah, prima di dimenticarci: è a dir poco intelligente la mossa di Media Vision di consentire ai giocatori di tenere a disposizione nel box, oltre ai 6 Digimon tra titolari e riserve, anche un massimo di 999 Digimon, per evitare tutte le fastidiosissime operazioni che dovevamo compiere in Cyber Sleuth: anche i Digimon nel box ottengono XP dai combattimenti pur senza prenderne parte, e questa è una comodità importantissima: si risparmiano tempo, energie e soprattutto si ha sempre sotto controllo tutta la propria scuderia di mostri.
La digievoluzione, come già in passato, è la parte più divertente. Ciò che ha sempre contraddistinto i Digimon dai Pokémon sono le possibilità quasi infinite di evoluzioni, incroci e persino colpi di scena nella linea evolutiva di un mostro digitale: un tenero Digimon pacioccone e di tipo Vaccino può compiere una digievoluzione totalmente imprevedibile e passare al tipo Virus, ribaltando completamente il suo comportamento e la sua utilità in battaglia. Anche in Time Stranger le evoluzioni vengono decide dal giocatore, e non sono casuali: sta al protagonista capire quando e come far evolvere il proprio mostro, con i livelli più alti che vengono via via sbloccati aumentando il Livello Agente – anche grazie a questo, come detto, si mostra una progressione importante nell’evoluzione del personaggio e della squadra nel corso della storia.
Possibilità illimitate
Giocare con le digievoluzioni di Time Stranger è davvero bellissimo, anche perché Media Vision ha costruito un sistema che premia chi entra continuamente nel menù del Digivice (a primo impatto, non poco confusionario, occorre qualche ora di gioco per prenderci su la mano) e si diverte a sbattere la testa contro tutto quello che il gioco ha da offrire. I Digimon, che passano nell’ordine dal livello Primario a Primo Stadio, Intermedio, Campione, Evoluto e Mega, accrescono le loro statistiche con l’esperienza, ma anche andando avanti e indietro nella linea evolutiva.
Prendiamo, ad esempio, il classico Agumon, mostro simbolo di Digimon. Il suo primo step evolutivo è quello di Greymon, e subito dopo arriva MetalGreymon (in mezzo, come detto, ci sono anche una serie di altre linee evolutive talvolta completamente diverse, come nel caso di SkullGreymon). Arrivarci, però, non è così immediato: i Digimon mantengono una sorta di memoria interna nella loro evoluzione, e più vengono fatti digievolvere e diginvolvere (il passaggio inverso), più questi si fortificano – tradotto, hanno statistiche migliori e viene aumentato il level cap.
Si tratta di un elemento geniale, che peraltro viene ereditato anche dalle varie serie animate, esprimendo un concetto chiave: più un Digimon mantiene una certa forma, più diventa esperto. Media Vision lo ha tradotto ludicamente in modo egregio, e forse non sarebbe stato possibile fare di meglio. Certo, non tutte le evoluzioni saranno semplici. Le DNA-digievoluzioni, ad esempio, sono le più complesse, poiché richiedono due Digimon con determinate caratteristiche e personalità per essere completate. La soddisfazione di ottenere però tutti i mostri e completare la guida è impagabile, così come la sensazione di avere davvero possibilità infinite di fronte ai propri occhi: non c’è una squadra che possa andar bene dall’inizio alla fine, e tutto è in continua evoluzione.
Probabilmente è anche per questo che Media Vision ha optato per alcune altre semplificazioni, molto gradite. Il cyberspazio, in precedenza fondamentale dal punto di vista narrativo ma dannatamente anonimo a livello di design, è stato ora ristrutturato visivamente, con colori e tinte psichedeliche, ma si fa vedere abbastanza di rado. Le altre ambientazioni, molto ben caratterizzate dal punto di vista artistico e con Digimon che riflettono i vari biomi, sono concepite come sentieri con diramazioni da seguire più che open map (nota aggiuntiva: è possibile anche cavalcare alcuni Digimon, per esplorare più rapidamente), dove i Digimon selvatici pascolano e possono essere sconfitti in un lampo. Sì, ecco, c’è anche questa brillante idea: basta premere R2 per fare un attacco preventivo, e in alcuni casi lo scontro si conclude in un istante, con il giocatore che raccoglie i dati del Digimon sconfitto e accumula XP. Dopo oltre 30 anni di scontri casuali, per chi scrive, siamo pronti a ringraziare Media Vision per questa intuizione.
Sarà per questo che una delle funzionalità più importanti del precedente gioco, la Digifattoria, qui passa quasi in secondo piano. Abbiamo concluso Time Stranger osservando la dependance per Digimon forse 5 volte in tutta la storia, proprio perché ora è possibile avere a disposizione tantissimi mostri direttamente nel box e senza dover passare per questa opzione secondaria. È un peccato perché, comunque, la Digifattoria è stata resa più completa, oltre che personalizzabile in vari aspetti: si può ad esempio cambiare la conformazione del terreno per meglio adattarla ai bisogni di un Digimon, un po’ come accade nei parchi di Jurassic World Evolution. Come detto, tuttavia, è più un extra che una reale funzionalità utile, ma anche poco pratica.
La Digifattoria è infatti accessibile solo dall’Intermezzo, un’area speciale tra i mondi che si può raggiungere solo in certi punti. Qui, oltre alla farm per Digimon, ci sono anche gli accessi ai dungeon esterni, alcuni dei quali acquistabili con DLC: si tratta di missioni extra con richieste particolari, che vanno da sopravvivenze a tempo a gare a bordo di Digimon – a dire il vero davvero poco chiare e/o divertenti.
Dal punto di vista dell’impatto visivo, poi, Time Stranger è davvero affascinante. Gli sviluppatori hanno scelto ancora una volta di ridurre all’essenziale alcuni elementi, come la massiccia presenza di esseri umani a Tokyo senza volto e attraversabili come ectoplasmi (non servono a nulla, se non a fare da contorno), per dare risalto agli spettacolari modelli 3D cel-shaded dei mostri e alla magica e colorata vita di Digiworld, ma soprattutto agli emozionanti scontri. Ogni attacco ha una sua animazione, i colori e le luci sprizzano vivacità in ogni direzione, e il mondo di gioco appare vivo. Una sensazione che, in altri monster catcher (non faremo nomi), capita sempre più di rado. Digimon Story: Time Stranger non sarà il gioco che va a innovare il genere, ma quello che fa, per come lo fa, è dannatamente bello.
GiocoMon!
Menzione d’onore finale per il gioco Battaglia di Carte GiocoMon, con un’idea semplice ma efficace.
In Battaglia di Carte, i giocatori si alternano nel mettere in campo i propri Jogmon (le carte raffiguranti i Digimon) per farli combattere l’uno contro l’altro. Ogni battaglia dura 5 round, e uno di questi si può completare sconfiggendo il Jogmon rivale. Come un vero TCG, ogni carta ha i suoi punti deboli e di forza da tenere a mente, così come possibili combinazioni per creare effetti inediti.
Le cose si fanno via via sempre più complesse, e costruire i mazzi diventa coinvolgente con le varie carte da acquistare presso gli appositi rivenditori. Un minigioco stimolante e capace di diversificare quanto basta, concedendo al protagonista (e al giocatore) qualche sano momento di relax durante la storia. O di sconfitte all’ultima carta, perché ci sono pure quelle.

Review Overview
Riassunto
Pur senza inventare nulla ma rifacendosi anzi ad alcuni grandi esempi del genere JRPG, Digimon Story: Time Stranger è probabilmente il miglior gioco mai concepito sui mostri digitali di Toei. Un titolo capace di riproporre e migliorare una formula collaudata, con un comparto tecnico ottimo e una direzione artistica appassionata, capace di sfruttare tutte le sue potenzialità e portare tantissimi contenuti. Difficile trovare sbavature importanti nell'ottimo lavoro di Media Vision: i fan dei Digimon hanno finalmente ottenuto la loro rivincita.
Pro
Ricchissimo di contenuti Storia capace di appassionare La potenza degli scontri è tangibile Migliora tutti i difetti dei suoi predecessoriContro
Certo, di davvero originale non c'è quasi nulla L'effetto "Dragon Quest XI" si fa un po' sentire- Giudizio complessivo8.7
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