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[Recensione] Bluethroot

Questa non sarà una recensione come tutte le altre. Non perché Bluethroot non proponga temi interessanti, anzi è esattamente il contrario. Il titolo tutto italiano, da pochi giorni disponibile su Steam, è un prodotto che fa della gamification il suo principale obiettivo, e dei giovani il suo target. Giovani che non per forza devono essere immersi in Fortnite, GTA, Clash Royale o altri fenomeni di massa. Lo scopo, in questo caso, oscilla tra l’accademico e l’introspettivo, rendendo il tutto un vero esperimento pronto ad approdare nelle scuole.

La parola esperimento non è casuale, ma ne parleremo più avanti. Il discorso che riguarda l’ambiente scolastico, invece, è perfetto per introdurre l’argomento. Ciò che vogliamo mettere in chiaro sin da subito, prima di lasciarvi alla nostra analisi (tutt’altro che incentrata sulle qualità ludiche del titolo, che francamente non sono la parte importante), è che Bluethroot è un prodotto pensato appositamente per il contesto giovanile dei disturbi e delle difficoltà di uno studente qualsiasi, immaginando una distopia neppure troppo lontana dalla realtà nella quale le paure e i dubbi diventano il motivo per andare avanti.

Bluethroot, un esperimento sociale

Bluethroot è un videogioco che i suoi sviluppatori hanno definito come “intimista e malinconico”, e potrebbero non esserci parole più adeguate per esso. Nato come progetto vincitore del Bando Europeo 2020 dall’Associazione S.Benedetto di Foggia, in collaborazione con Argomedia S.r.l, l’obiettivo di questo videogioco punta e clicca molto semplice nelle dinamiche ludiche quanto efficace in quelle sociali è quello di affrontare le tematiche adolescenziali più delicate e attuali.

Del resto, nelle scuole italiane sta sempre più prendendo piede la gamification, che ha proprio come scopo quello di cambiare l’approccio all’apprendimento. Il termine, che deriva ovviamente dalla parola Game, è quella pratica di insegnamento che trae vantaggio dall’interattività del videogioco e dei moderni mezzi messi a disposizione di docenti e studenti per proporre uno strumento innovativo, efficace e diretto, capace di interpretare e rielaborare le conoscenze e le competenze che l’alunno deve acquisire ponendolo al centro del percorso di apprendimento. L’ambito della gamification è ampissimo, abbracciando non solo molte discipline ma anche temi differenti a seconda delle esigenze, che possono includere anche importanti temi di educazione civica o consapevolezze personali fondamentali nel percorso di crescita individuale. Bluethroot si posiziona proprio in quest’ultima categoria.

Prima di proseguire oltre, se siete interessati a sapere di più sulla gamification vi lasciamo un utile riferimento in fondo alla recensione.

Tornando al titolo in questione, Bluethroot non è solo il titolo del videogioco, ma anche di un’app che sta misteriosamente comparendo sugli smartphone dei giovani. Protagonista della vicenda è Andrea, da poco trasferitosi nella città di Foggia. Senza amici, solitario, spesso ama ascoltare la musica nella propria stanza e giocare ai videogiochi, alzando però verso l’esterno uno scudo pericoloso di indifferenza e finta sicurezza figlio del delicato periodo della vita che sta vivendo: l’adolescenza. Complessa, criptica, talvolta temibile.

Il parallelismo con la situazione che Andrea vivrà è perfetto: una volta entrati nel mondo di gioco, fatto di meccaniche volutamente elementari in quanto costrette ad adattarsi a una vasta platea che non necessariamente mastica pane e videogiochi, subito il giovane che impersona Andrea percepisce il senso di smarrimento. Qualcosa non sta andando come dovrebbe, troppi eventi strani stanno accadendo: una misteriosa app chiamata Bluethroot che si è installata autonomamente sul suo smartphone, le sue cuffie che iniziano a captare sussurri e pianti provenienti da altri compagni di scuola colpiti da angoscianti problemi adolescenziali, l’intera scuola finita al centro di un clamoroso e distopico esperimento sociale messo in atto dal Consulente scolastico del liceo per spiare i giovani per conto dei genitori. La mossa che gli enti scolastici hanno ritenuto fondamentale per interfacciarsi al meglio con la Gen Z post-pandemia, nella speranza che questa idea possa dare frutti fondamentali per la crescita di ragazze e ragazzi.

Ora, senza scendere troppo nei dettagli di una trama che sa come intrattenere ma che è comunque un pretesto per scoprire qualcosa di più sul protagonista (il giocatore, non Andrea), l’intero impianto ludico è studiato per portare l’utente non tanto a divertirsi nel vero senso della parola, ma a riflettere. Attraverso Andrea, ogni giocatore ha la possibilità di interfacciarsi in maniera differente con altri studenti della scuola, conoscere le loro paure e ammettere i propri dubbi, lasciando trasparire un sano sentimento di genuinità e compassione oppure lasciandosi andare a toni più accesi e decisi.

A ben vedere, forse lo stesso Bluethroot è un esperimento sociale. E non parliamo dell’app, ma del gioco stesso. Un titolo che affronta tematiche molto importanti in modo intelligente e perspicace, ed è anche per questo che è complesso parlarne seguendo gli stilemi classici di una recensione. Siamo di fronte a una produzione studiata appositamente per proporre un approccio metodologico alla crescita personale di uno studente, alla sua consapevolezza di se stesso ma anche del prossimo. Attenzione però a non sottovalutare la sua potenza: Bluethroot discute di alcune tematiche delicatissime tra cui autolesionismo, ansia sociale, depressione, bullismo.

Non è quindi semplice da digerire, pur mettendo in conto che lo studente viene sempre messo al centro dell’esperienza, con gergo famigliare e situazioni plausibili. Ma definire le qualità di Bluethroot, proprio per questo, non è facile: una persona coinvolta potrebbe rispondere in modi diametralmente opposti a quelli utilizzati da un’altra. Le discussioni nasceranno proprio per questo, e mirano a essere importanti.

Un pensiero dalla scuola e per la scuola

Un piccolo pensiero, in chiusura di recensione. Chi scrive questa recensione non è solo un appassionato di videogiochi, ma è in qualche modo coinvolto con lo stesso Bluethroot, in quanto docente in una scuola secondaria di primo grado. L’impatto che Bluethroot può avere su uno studente è potenzialmente molto significativo, sia per i temi che vengono trattati che per il modo in cui vengono trattati.

Occorre però anche ricordare che si parla di argomenti molto delicati, sui quali l’occhio di una persona più esperta non può mancare. L’esperienza deve necessariamente essere presa con cautela, pur sfruttando l’idea di un divertimento interattivo che tende a mitigare la pesantezza delle atmosfere e dei problemi che affliggono i personaggi. Proprio per questo si consiglia una fruizione di Bluethroot a una fascia di studenti per i quali la consapevolezza diventa una parte importante della propria vita, probabilmente non limitandosi alle scuole superiori ma anche alla fase di transizione con esse.

In ogni caso, se siete docenti o esperti, consigliamo caldamente la prova di Bluethroot, prima di arrivare a una decisione finale.

Cos’è la Gamification? Ecco un chiarimento

7.5
Review Overview
  • Concept & Trama8
  • Gameplay8
  • Comparto Artistico7
  • Comparto Tecnico7
Scritto da
Andrea "Geo" Peroni

Entra a contatto con uno strano oggetto chiamato "videogioco" alla tenera età di 5 anni, e da lì in poi la sua mente sarà focalizzata per sempre sul mondo videoludico. Fan sfegatato della serie Kingdom Hearts e della Marvel Comics, che mi divertono fin da bambino. Cacciatore di Trofei DOP.

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