Ci sono videogiochi che conquistano per la loro perfezione tecnica, e altri che colpiscono per la loro audacia, nonostante le imperfezioni. Echoes of the End, sviluppato dal team islandese Myrkur Games e pubblicato da Deep Silver, appartiene senza dubbio alla seconda categoria. Si tratta di un titolo che incarna alla perfezione ciò che molti appassionati definiscono Euro jank: quel misto di creatività e imperfezione tipico di alcuni giochi europei, spesso sviluppati da studi di piccole dimensioni e con budget contenuti. Non è una definizione dispregiativa; anzi, per molti è sinonimo di autenticità e carattere. Un Euro jank è un’opera che può sorprendere con trovate geniali, far sorridere per glitch e animazioni legnose, e allo stesso tempo rimanere impressa proprio per questa sua “personalità storta”.
Il contesto produttivo è già di per sé interessante: non capita spesso di vedere un videogioco proveniente dall’Islanda, un paese più noto per i suoi paesaggi spettacolari che per la sua scena videoludica. A parte l’eccezione di EVE Online, non ci sono molti titoli islandesi a cui fare riferimento. Echoes of the End si inserisce quindi in un panorama poco popolato, con l’ambizione di proporre un’esperienza narrativa intensa e un gameplay avventuroso in terza persona. La cornice è quella, sempre apprezzata dagli sviluppatori indie, del post-apocalittico mescolato a elementi fantasy e tribalismo, un terreno fertile per creare un mondo affascinante pur senza dover ricorrere a enormi città open world o a costosi sistemi di intelligenza artificiale.
Vediamo quindi come il team nordico se l’è cavata all’interno della nostra recensione!
Versione provata: PlayStation 5 Pro
C’era una volta…
Il fulcro narrativo di Echoes of the End ruota attorno a Ryn, una giovane donna appartenente a una casta di individui chiamati Vestigi, dotati di poteri straordinari. La particolarità della ragazza è il suo braccio magico, un’arma e uno strumento potentissimo che, però, lei stessa teme di usare. Questo timore affonda le radici in un incidente avvenuto durante l’infanzia: nel tentativo di aiutare il fratello, Ryn ha perso il controllo dei suoi poteri, procurandogli gravi ustioni al collo e al volto. Da allora, la protagonista vive in bilico tra il desiderio di aiutare e la paura di fare del male.
La vicenda prende il via quando i due decidono di partire per una missione che, come spesso accade nei videogiochi, ha l’obiettivo ultimo di salvare il mondo. La loro avventura, però, viene bruscamente interrotta dall’arrivo di un regime totalitario che domina la terra di Aema. Il fratello viene rapito e Ryn, rimasta sola, trova un alleato inaspettato in Abram Finley, un uomo dal passato misterioso e dalle competenze complementari alle sue. Insieme intraprendono un viaggio che non solo ha lo scopo di salvare il fratello, ma che li porterà, inevitabilmente, a confrontarsi con le forze oscure che minacciano l’intero mondo.
La trama non brilla per originalità: il “viaggio dell’eroe” è uno schema consolidato e qui viene riproposto con pochi strappi alla regola. Molti snodi narrativi risultano prevedibili, e chi è avvezzo a questo tipo di storie riuscirà a intuire i colpi di scena con largo anticipo. Tuttavia, la scrittura non è priva di fascino, complice anche una scelta di doppiaggio particolare: gli attori islandesi recitano in inglese, e l’accento conferisce ai dialoghi un’intonazione diversa dal solito, quasi straniante, che contribuisce a dare identità al mondo di gioco. Si percepisce chiaramente che il team di sviluppo ha investito passione e impegno nella costruzione di questo universo narrativo, e questo basta a mantenere vivo l’interesse fino ai titoli di coda.
Combattimento…a braccio
Sul piano del gameplay, Echoes of the End si colloca nel genere dell’action-adventure in terza persona, prendendo spunto da titoli più blasonati come God of War e Hellblade. L’avanzamento si svolge in ambienti lineari, con sequenze di arrampicata, salti su cornicioni e passaggi da un’area all’altra scanditi da piccoli enigmi ambientali. L’esplorazione è volutamente contenuta e non punta sulla libertà, bensì sulla progressione guidata.
La vera peculiarità risiede nelle abilità di Ryn. Il suo braccio magico le consente di manipolare la realtà circostante: può riparare ponti e edifici crollati, “riavvolgendo” il tempo per riportarli al loro stato originario o, al contrario, distruggerli nuovamente per aprire nuove vie. Questa meccanica diventa il cuore della risoluzione dei puzzle. Abram, dal canto suo, può mettere in stasi alcuni oggetti, mantenendoli nello stato temporaneo creato da Ryn mentre lei interagisce con altri elementi dello scenario.
Con l’avanzare dell’avventura, le capacità si ampliano: Ryn acquisisce la possibilità di osservare il passato, rivelando trappole o strutture nascoste nel presente. Queste sezioni aggiungono tensione, poiché a volte il percorso apparentemente sicuro nasconde pericoli mortali, e la chiave per sopravvivere è fidarsi della visione storica del mondo. Gli enigmi, pur non essendo mai eccessivamente complessi, riescono a mantenere il giocatore coinvolto grazie alla varietà delle situazioni e alla necessità di combinare più poteri.
Tecnicamente qualcosa da eccepire
Se dal punto di vista artistico Echoes of the End riesce a stupire grazie a scenari naturali mozzafiato, architetture suggestive e un uso intelligente della luce, sul piano tecnico emergono limiti evidenti. La lista dei problemi è lunga: muri invisibili che impediscono di superare ostacoli ridicolmente bassi, collisioni poco convincenti, compenetrazioni di modelli e glitch scenografici oltre ad una nutrita presenza di bug (almeno nella versione provata).
A questi si aggiungono problemi grafici più seri: riflessi psichedelici e distorti delle texture che variano in base all’angolo della telecamera. In alcuni casi tale effetto risulta davvero fastidioso soprattutto se rimane attiva l’impostazione dedicata all’HDR.
Nonostante ciò, è impossibile negare il fascino complessivo del mondo di gioco: le ambientazioni sono curate e suggestive, e la direzione artistica riesce a sopperire, almeno in parte, alle carenze tecniche. Si percepisce chiaramente che il team ha dovuto fare compromessi, concentrando le risorse sulle scene chiave e lasciando alcune aree secondarie meno rifinite.

Riassunto
Riassunto
Echoes of the End è un titolo che vive di contrasti: ambizioso ma imperfetto, tecnicamente incerto ma artisticamente ispirato, lineare ma arricchito da meccaniche interessanti. È il classico gioco che non tutti apprezzeranno: chi cerca un’esperienza senza bug e rifinita in ogni dettaglio potrebbe trovarlo frustrante, mentre chi è disposto a perdonare qualche difetto in cambio di atmosfera e personalità lo troverà un’esperienza degna di nota.
Pro
Artisticamente apprezzabile Il gameplay è vario tra azione ed enigmiContro
Tecnicamente rivedibile Storia banale- Valutazione7
Scrivi un commento