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[RECENSIONE] Blue Fire

Un insolito misto di generi, che si scoprono con sempre maggior chiarezza mano a mano che si avanza tra gli androni e i dungeon di una magione ormai corrotta: questo è Blue Fire, il titolo sviluppato da ROBI Studios e disponibile su Steam, XboX One, Playstation 4 e Nintendo Switch.

Badate, Blue Fire non è certo una passeggiata: il titolo offre un’interessante commistione tra metroidvania, souls-like e platform che sfocia in un livello di difficoltà davvero sfidante. La situazione a tratti peggiora a causa di una telecamera scomoda e di checkpoint decisamente distanziati tra loro.

Ma scopriamo insieme, nel dettaglio, le caratteristiche di Blue Fire nella nostra recensione.

Versione provata: PC

Il castello sospeso

Il protagonista di Blue Fire è un piccolo ninja dalle fattezze quasi “chibi”, con un simpatico testone e un viso ricoperto da una maschera. Il malcapitato combattente è dotato di una rapidità sovraumana che gli permette di saltare e di schizzare in avanti con scatti repentini. È inoltre in grado di combattere utilizzando attacchi magici (una barriera e attacchi dalla distanza) e delle spade gemelle, che vediamo equipaggiate sulla sua schiena.

Il nostro protagonista si risveglia (come in ogni degno souls-like) in un luogo ostile e corrotto dal male. La corruzione si manifesta nella presenza di agglomerati di materia oscura. Scopriremo ben presto di trovarci in un gigantesco castello sospeso, una vera e propria magione fatta di ampie sale con statue di dèi, dungeon e templi. Per chissà quale motivo, il protagonista è l’unico essere in grado di combattere la corruzione e i nemici scaturiti da essa. Nel castello però non ci sono solo creature ostili: di tanto in tanto incontreremo altri misteriosi figuri, npc amichevoli che faranno partire quest secondarie, ci daranno nuovi poteri e utili informazioni riguardo la storia del posto: il mondo in cui è ambientato Blue Fire si chiama Penumbra e ha bisogno di tutto l’aiuto possibile per tornare ai suoi antichi fasti.

La trama del titolo è sicuramente marginale, ma assistere a una cutscene dopo ore e ore di esplorazione al cardiopalma risulta decisamente soddisfacente.

Il vero fulcro di Blue Fire è un gameplay ricco di elementi tratti da diversi generi videoludici, che ci ricorderanno di volta in volta altri titoli famosi: da Hollow Knight a Dark Souls, da Super Meat Boy a Zelda.

Schiva, salta, combatti, non cadere!

L’abbiamo detto nell’introduzione alla recensione, lo ribadiamo qui: Blue Fire presenta un livello di sfida notevole, quindi se cercate un’avventura giocosa e poco impegnativa questo titolo non fa per voi.

L’esplorazione è il cuore pulsante del titolo, anche se la mappa di gioco è di fatto costituita da un’unica, lunga strada da percorrere per poter sbloccare determinati poteri e nuove aree. Il backtracking tipico del genere metroidvania subentrerà solo in un secondo momento, dopo aver raggiunto una svolta di trama e aver conseguentemente sbloccato il teletrasporto tra Statue (i “falò” di Blue Fire). Fino a quel momento, tornare sui propri passi risulta abbastanza inutile.

Si procede in aree molto ampie, che apparentemente danno la sensazione di lasciare possibilità di scelta al giocatore. In realtà se si imbocca una via sbagliata è impossibile proseguire, in quanto al momento non si possiedono chiavi o poteri adatti. L’esplorazione risulta quindi alquanto lineare. Il titolo contiene un interessante sistema di shortcut e cancelli/porte da sbloccare: se durante la prima esplorazione dell’area possono volerci anche ore ad attraversare una zona, ripercorrerla in seguito risulta invece decisamente più rapido e diretto grazie alle nuove vie che ci siamo aperti con fatica in precedenza.

I nemici che incontreremo lungo il cammino sono prevedibili ma abbastanza letali: bastano pochi colpi per mandare KO il protagonista, se non si sta attenti. Saettare tra i nemici o attaccarli dalla distanza attraverso l’apposito incantesimo risulta quindi la scelta migliore, nella maggior parte dei casi. In Blue Fire non esiste stamina, ma possiamo usare la magia in modo limitato consumando il mana a nostra disposizione. Possediamo alcune cure che ci consentono di ricaricare PV e mana. Una volta esaurite le cure, ci vorrà davvero molta fortuna per trovarne un’altra randomicamente negli elementi distruttibili dello scenario, dai quali traiamo anche i soldi necessari per sbloccare Statue, ascensori e acquistare oggetti. All’inizio il nostro borsello sarà decisamente limitato, ma è possibile ottenere borselli più grandi proseguendo nell’avventura.

Una volta che si incappa nel game over, si viene teletrasportati o all’inizio dell’area o, se l’abbiamo sbloccata, alla Statua dell’area stessa che costituisce il checkpoint più vicino. Perdiamo i soldi accumulati ma non oggetti, armi ed eventuali passaggi sbloccati. In perfetto stile souls-like, è possibile recuperare ciò che abbiamo perso tornando nel punto in cui siamo morti e ricongiungendoci col nostro spiritello lasciato indietro senza morire una seconda volta.

Nonostante i passaggi già sbloccati rimangano aperti, la frustrazione in seguito a una morte deriva dal fatto che le aree risultano parecchio vaste e vedersi ricomparire all’ultima Statua raggiunta (magari ore prima) non è certo piacevole.

Per arricchire il tutto vi sono le emote da sbloccare presso apposite statue, pagando una cifra abbastanza irrisoria. Lasciamo a voi il piacere di scoprire a cosa serve fare ballare buffamente il vostro personaggio ma vi avvertiamo… potrebbe essere un po’ deludente.

Esplorando l’oscuro castello di Penumbra, il giocatore deve fare i conti non solo con i nemici, ma anche con… la gravità. La vera difficoltà di Blue Fire sono infatti le meccaniche platform che costituiscono sia l’esplorazione ordinaria (ci troveremo a dover saltare su piattaforme semoventi, correre lungo i muri, raggiungere sezioni sopraelevate entro un limitato periodo di tempo) che degli speciali livelli chiamati “Vuoti”. Completare i Vuoti è fondamentale per migliorare la propria salute e rappresentano una sfida interessante: i giocatori più testardi hanno trovato pane per i loro denti!

Si entra in un Vuoto attraverso diverse statue disseminate nel mondo di gioco. Una volta teletrasportati nella nuova area, ci troveremo davanti a una sfida platform dove dovremo raggiungere l’uscita dell’area raccogliendo, nel frattempo, delle sfere luminose. Tra piattaforme semoventi, balzi vertiginosi, corse sulle pareti e quant’altro, completare il Vuoto potrebbe richiedere anche un’oretta buona di tentativi: badate bene, ogni volta che si cade si deve ricominciare da capo, senza alcun checkpoint lungo la via. Questa meccanica porta necessariamente ad affrontare lunghe sezioni trial & error, dove a volte si comprende il da farsi ma non si riesce a metterlo in pratica in quanto sono richiesti riflessi perfetti e una precisione millimetrica. La telecamera, i colori piatti e la profondità di campo sono nemici terribili, che spesso provocano frustrazione (il personaggio sembra riuscire ad appendersi a una sporgenza ma all’ultimo ci si accorge di essere troppo lontani. Oppure, lo scatto da fare è chiaro, ma una telecamera decisamente scomoda impedisce di prendere bene la mira). I Vuoti hanno diversi livelli di difficoltà, ma non seguono una progressione: potremmo incontrare una sfida facile e a pochi minuti di distanza un Vuoto decisamente più difficile e complesso.

Le vaste aree di gioco sono caratterizzate da nemici diversi e ambientazioni differenti, e sono spesso divise da cutscenes o boss fight piuttosto semplici.

Una sfida per veri ninja

La scintilla che rende Blue Fire un titolo accattivante e spinge il giocatore a proseguire è sicuramente l’esplorazione e la voglia di cimentarsi in nuove sfide e nuovi scenari. Purtroppo lo stile grafico del titolo risulta in generale non molto ispirato, con un design piatto, aree decisamente spoglie e modelli curiosi ma non particolarmente ben riusciti.

I Vuoti e le sfide a tempo rappresentano un bello stacco dall’esplorazione canonica, che presenta in realtà diversi problemi: il combattimento con le spade non è per nulla soddisfacente a causa di hitbox non accuratissime e meccaniche abbastanza legnose. Pararsi, ad esempio, risulta quasi sempre controproducente, in quanto si rischia di venire sbalzati giù dalla piattaforma su cui ci troviamo o in una pozza d’acqua. I danni da caduta esistono e sono alquanto fastidiosi, se non si riesce ad appoggiarsi a qualche parete e si finisce rovinosamente alcuni livelli dello scenario più in basso. Gli enigmi ambientali che portano all’apertura di cancelli o al raccogliere le chiavi sono semplici ed intuitivi, la maggior parte delle volte basta proseguire lungo la strada per trovare la soluzione che cerchiamo.

Il comparto audio è buono, con musiche abbastanza ispirate che contribuiscono a donare quell’atmosfera avventurosa essenziale per la riuscita di un titolo del genere.

Punti di forza

  • Una vera chicca per gli amanti delle sfide e del platforming
  • Tante aree da esplorare

Punti di debolezza

  • Scenari e personaggi bruttini da vedere
  • Sistema di combattimento legnoso
  • A tratti frustrante

Blue Fire è un mix di generi che prende a piene mani da Dark Souls, Hollow Knight, Super Meat Boy e quant’altro. L’esplorazione si divide in combattimenti (alquanto legnosi) e fasi platform da fiato sospeso, che metteranno a dura prova i più testardi e gli appassionati del genere. Le ore di gioco possono variare molto a seconda della vostra abilità, ma ne serviranno almeno una decina per esplorare tutto il corrotto castello sospeso di Penumbra. Chi è in cerca di un’avventura tranquilla e rilassante si tenga alla larga dal titolo di ROBI Studios. Per gli amanti dei Souls e dei platform che invece cercano un avversario degno sul quale testare le proprie capacità e la propria pazienza, Blue Fire potrebbe essere la chicca che fa per voi.

Scritto da
Chiara Ferrè

Ciao, sono Chiara. Cresciuta a pane, Harry Potter e Final Fantasy, ho da sempre una grande passione per la narrazione in tutte le sue forme. Cerco campi di battaglia, magici cappelli, lucertoloni volanti. Ho una penna e non ho paura di usarla.

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