[RECENSIONE] Visage

Nell’ormai lontano 2014, Hideo Kojima ci aveva fatto sognare con P.T., il “Playable Teaser” del suo gioco horror di Silent Hill. In una manciata di minuti quella demo era riuscita a diventare iconica, trasformandosi, nella sua terrificante semplicità, in un modello per tanti altri sviluppatori di giochi horror. Visage, sviluppato dal piccolo team di SadSquare Studio, è tra i titoli che omaggiano e prendono a piene mani dall’originale progetto di Hideo Kojima ormai arenatosi. Visage però non è solo P.T.: il titolo infatti si sviluppa in diversi capitoli strutturati differentemente l’uno dall’altro, andando a fare l’occhiolino a diversi altri videogiochi horror come Resident Evil, Layers of Fear, Amnesia e Outlast.

Analizziamo insieme il titolo per scoprire se il gioco di SadSquare Studio riesce efficacemente nel suo intento.

Versione provata: PC

 

 

UNA STRANA BRUTTA STORIA

Già dai primi minuti di gioco, Visage ci mette in guardia: non si tratta di un’esperienza facile o per i deboli di cuore. Il gioco non si basa su una trama lineare ma fa della narrazione silenziosa e ambientale il suo fulcro. Durante l’intera avventura infatti ci saranno soltanto pochissime cinematiche, peraltro molto disturbanti.

Si inizia con una scena tutt’altro che idilliaca: un uomo ha sequestrato e legato a delle sedie una donna, una ragazzina e un ragazzo. Nonostante i loro pianti disperati, i tre verranno uccisi brutalmente con un colpo di pistola alla testa. Il crudele assassino si suicida subito dopo, ma sembra sopravvivere in qualche strano modo: ci si ritrova all’interno di una grande casa, apparentemente abbandonata.

Visage è un horror psicologico in prima persona che non prende per mano il giocatore, ma lo lascia libero di esplorare e di comprendere da solo le meccaniche base per proseguire negli avvenimenti. Pur non presentando una storia chiara e intelleggibile, il titolo riesce a catturare l’attenzione grazie agli eventi paranormali che si manifestano col trascorrere dei minuti, mano a mano che ci si inoltra sempre più nelle varie stanze della casa. L’elemento più riuscito di Visage è proprio quest’atmosfera, l’apparente immobilità che viene improvvisamente smentita da qualche evento inspiegabile.

Ad eccezione di alcune schermate (piuttosto invasive e forse non così necessarie) di tutorial, nessuno ci dice cosa fare: possiamo solo iniziare a esplorare ed esaminare i vari oggetti che troviamo nelle stanze. Ci aggiriamo dunque in soggiorno, nelle camere dei ragazzi, nello studio, in cucina, in lavanderia, nel garage e nei vari ambienti dell’ampia abitazione: brancoliamo letteralmente nel buio. Col passare delle ore, capiamo: il gioco è strutturato in capitoli, questi però possono essere affrontati in ordine casuale. Per dare inizio a un capitolo è necessario raccogliere un determinato oggetto, che farà mutare la casa di conseguenza e ci porterà quindi a dover compiere determinate azioni e risolvere enigmi per proseguire.

Il capitolo di Lucy è dedicato a una bambina ed è molto lineare: dovremo agire infastiditi da un letale fantasma. Il capitolo di Rakar è simile a quello di Lucy ma ci porta all’esterno della casa per la maggior parte del tempo, catapultandoci in un ospedale da incubo: qui sarà fondamentale non perdersi e fuggire dai nemici. È presente inoltre un capitolo che si basa per lo più sul collezionare oggetti. Il capitolo di Dolores invece è sicuramente il più riuscito dell’intero titolo: ispirato a Resident Evil e Silent Hill, si pone come un vero e proprio rompicapo composto da diversi puzzle che il giocatore deve risolvere muovendosi tra le varie stanze della casa. Consigliamo di inziare da questo, in quanto dà l’opportunità di imparare a muoversi a dovere tra le tantissime stanze della labirintica abitazione, offrendo anche enigmi interessanti e suggestivi che purtroppo non si ripresenteranno più nel corso degli altri capitoli.

 

RINTOCCHI, RANTOLI E LAMPADINE ROTTE

Il gameplay di Visage sembrerebbe, a giudicare dalle prime ore, basato su un meccanismo survival horror legato all’illuminazione della casa: il nostro protagonista non è in grado di rimanere per troppo tempo al buio, per non impazzire ha bisogno di fonti di luce come una lampada, un lampadario o una candela. Le presenze demoniache che infestano la casa si divertono a spegnere le luci e a rompere le lampadine, aumentando lo stato di stress del nostro protagonista che viene indicato da una macchia rossa con un cervello in basso a sinistra della schermata. L’assenza di ulteriori indicazioni grafiche contribuisce a mantenere un’ottima atmosfera e a garantire la totale immersione.

Per esplorare e per non incappare nel game over bisogna quindi rimanere lucidi e proseguire gestendo bene il proprio inventario. Oltre agli Oggetti Chiave, possiamo portare con noi un limitatissimo numero di Oggetti Dinamici, cioè dei consumabili come accendini, candele, pillole per ripristinare la salute mentale del protagonista e altri strumenti indispensabili per proseguire che potranno essere impugnati anche a due mani. Le candele aiutano il protagonista a rimanere sano di mente ma si spengono molto facilmente se non appoggiate negli appositi spazi sparpagliati nella casa, mentre l’accendino aiuta il giocatore a vedere nel buio ma non mantiene lucido il protagonista. Più il nostro personaggio si avvia verso la pazzia, più la casa diventa pericolosa: i fenomeni paranormali aumentano e rendono difficile proseguire, fino alla comparsa di nemici che ci uccideranno brutalmente.

Dopo le prime ore di gioco, una volta che ci si comincia ad orientare, accendere le candele diventa un’attività inutile oltre che tediosa: basta correre nei corridoi e nelle stanze che ormai conosciamo, accendendo le luci quando il gioco ce ne dà l’opportunità e proseguendo con gli accendini. Le candele rallentano il ritmo di gioco e non sono così essenziali per sopravvivere.

La giocosità del titolo è quindi determinata più che altro dagli eventi paranormali che si manifestano nella casa. Il rintocco improvviso di una pendola, le luci che si spengono e che saltano al nostro passaggio, le porte che si chiudono e si aprono, la radio, il telefono, le presenze: sono questi gli elementi che creano suggestione, che alimentano il mistero e la voglia di proseguire e risolvere ulteriori tasselli del puzzle.

Spaventare è molto difficile e Visage lo fa davvero bene, senza abusare dei jumpscares e puntando tutto sull’illuminazione, sul sound design e su eventi generati proceduralmente che riescono sempre a sorprendere il giocatore. Vi assicuriamo che la sensazione di puro terrore che si prova intravedendo per la prima volta una figura umana all’interno della casa è davvero sensazionale.

Il lavoro di SadSquare Studio ha idee originali e presenta scenari difficili da dimenticare. Tuttavia, il titolo ha difetti molto marcati che, a lungo andare, inficiano l’esperienza generale e la rendono a tratti frustrante, macchinosa e poco divertente sotto molti punti di vista.

 

TERRORE DIFETTOSO

Il gameplay di Visage è devastato da un sistema di comandi inutilmente macchinoso e poco efficace: si perde decisamente troppo tempo per riuscire a capire come aprire uno sportello, come prendere in mano un oggetto, riporlo nell’inventario, utilizzarlo o lasciarlo cadere. Compiere una semplice azione come accendere una candela e posizionarla nello scenario richiede diversi passaggi e un eccessivo premere di tasti, difficili da ricordare all’inizio. Raccogliere un oggetto lasciato cadere a terra è un’impresa titanica.

Dal punto di vista tecnico l’impatto generale è buono: gli interni della casa sono molto curati e realistici, ricchi di mille oggetti esaminabili che ci raccontano la storia di chi un tempo abitava le diverse stanze. In alcuni capitoli però il titolo si spinge anche all’esterno dell’abitazione, mostrando altre ambientazioni a tratti suggestive e a tratti molto meno interessanti. L’ospedale ad esempio si limita ad essere un’ambientazione stereotipata e per nulla stimolante, fatta di un labirinto di corridoi tutti uguali.

Come già accennato in precedenza, il gioco non ci indica mai cosa fare se non attraverso poche schermate di tutorial e qualche suggerimento che compare a schermo dopo aver esaminato determinati elementi. Ci è capitato più volte che le scritte di suggerimento continuassero a comparire a casaccio anche dopo diversi minuti dal loro primo trigger, in situazioni concitate e non opportune.

Oltre ai comandi decisamente scomodi, Visage presenta infine un altro problema non trascurabile: in determinate sezioni si è tormentati da nemici incredibilmente veloci che portano a inevitabili e continui game over. Questo è un difetto ricorrente in titoli del genere, che dovrebbe decisamente spingere gli sviluppatori a trovare soluzioni diverse. L’impossibilità di esplorare e di comprendere il da farsi o la strada da imboccare a causa dei game over rovina totalmente l’atmosfera e l’immersività: morire in continuazione perché non c’è tempo per orientarsi e capire la situazione non è divertente, non è spaventoso e non aggiunge nulla all’esperienza, anzi, la rende tediosa e inutilmente frustrante.

A causa dei difetti appena elencati, Visage si presenta quindi come un’esperienza esaltante ma solo a tratti, per poi ricadere in problemi dovuti all’inesperienza del team e a idee non sviluppate nel modo corretto.

 

PUNTI DI FORZA

  • Atmosfere davvero da brividi
  • Sound design ottimo

 

PUNTI DI DEBOLEZZA

  • Comandi macchinosi
  • Trama pressoché inesistente
  • Il capitolo di Dolores offre un’esperienza nettamente superiore rispetto agli altri

 

 

Visage riesce a essere davvero spaventoso ed inquietante, partendo da P.T. ed esplorando diverse meccaniche prese a piene mani da altri capolavori del genere horror. Pur offrendo scenari e idee decisamente interessanti, l’intera esperienza (di circa 15 ore) risulta irrimediabilmente rovinata da comandi macchinosi e meccaniche superflue, che rendono alcune sezioni più frustranti che intrattenenti. La trama infine si conclude in un nulla di fatto, non andando a parare da nessuna parte. Il gioco è un puzzle horror abbastanza ostico e decisamente sconsigliato ai deboli di cuore.

Scritto da
Chiara Ferrè

Ciao, sono Chiara. Cresciuta a pane, Harry Potter e Final Fantasy, ho da sempre una grande passione per la narrazione in tutte le sue forme. Cerco campi di battaglia, magici cappelli, lucertoloni volanti. Ho una penna e non ho paura di usarla.

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