Home Cinema Licantropus, quando la Marvel lascia spazio alla creatività (e all’horror) | Recensione

Licantropus, quando la Marvel lascia spazio alla creatività (e all’horror) | Recensione

La serialità Marvel, cosa assurda se pensiamo che una delle maggiori critiche mosse negli scorsi anni ai film della Casa delle Idee è proprio l’aver portato sul grande schermo il concetto di serie TV, non sta funzionando a dovere. A fronte di prodotti di qualità, come WandaVision e Loki (che infatti è finora l’unica serie ad avere avuto il via libera per una Stagione 2), le altre Disney+ Original proposte da Kevin Feige hanno raccolto pochi consensi positivi in confronto ai film, basti pensare a The Falcon and the Winter Soldier, Moon Knight e l’attuale She-Hulk: Attorney at Law. Le serie TV erano l’occasione per i Marvel Studios di sperimentare ed espandere i propri personaggi, ma per ora c’è poco da festeggiare. E dunque, dato che questo brand non può essere lasciato in pace, ecco che arriva qualcosa di totalmente differente.

Licantropus, in lingua originale Werewolf by Night, è un prodotto davvero particolare. Innanzitutto è il primo delle Special Presentation, un formato che i Marvel Studios intendono sfruttare maggiormente in futuro. È inoltre il primo lavoro da regista di Michael Giacchino, ben noto compositore che più volte ha lavorato con la Marvel (la trilogia di Spider-Man, Thor: Love and Thunder) ma che ora si siede dietro la macchina da presa. Rappresenta, infine, il debutto di una categoria tutta nuova di personaggi della Casa delle Idee che, a partire soprattutto da Blade, diventeranno sempre più presenti: i mostri.

Il nuovo formato da 50 minuti circa, il materiale estremamente particolare, le idee di Giacchino, la natura stessa del progetto. Licantropus è qualcosa di completamente nuovo per il Marvel Cinematic Universe, nelle intenzioni e nella realizzazione, ed è evidente che la libertà creativa concessa al regista-compositore (Giacchino si è occupato anche della colonna sonora, per non farsi mancare nulla) sia stata la formula vincente di un progetto nato forse per caso e pronto invece a diventare un riferimento per le future Special Presentation targate Marvel.

Una libertà che negli ultimi due anni abbiamo visto soprattutto al cinema, basti pensare a progetti come Eternals, Doctor Strange nel Multiverso della Follia e Thor: Love and Thunder (che sì ha i suoi enormi difetti, ma è pur sempre un lavoro frutto della sola mente di Taika Waititi), ma molto meno alle serie Disney+. Paradossalmente, il progetto che finora ha avuto più libertà è She-Hulk, che non sta raccogliendo grandi pareri positivi nonostante la leggerezza.

Con Licantropus le cose sono molto diverse, ed era chiaro sin dal primo trailer. L’intero film (per la TV) è realizzato in bianco e nero, fa chiaramente parte del MCU come tutti i prodotti dei Marvel Studios ma non per questo limita il suo potenziale per abbracciare easter egg, cameo o riferimenti di qualche tipo. Se non sapessimo che fa parte del MCU, a dire il vero, non ce ne accorgeremmo neppure, anche per come Licantropus affronta la sua storia. Il progetto è infatti un chiaro omaggio al grande cinema dei mostri degli anni ’30 e ’40, come gli indimenticabili Frankenstein, La Mummia e, naturalmente, L’Uomo Lupo, tanto da riuscire a giustificare anche abbigliamenti e ambienti al limite del kitsch nei loro vari elementi.

La storia segue alcuni famosi cacciatori di mostri, riuniti per un evento più unico che raro. Il custode della Bloodgem, mistica pietra in grado di controllare le creature mostruose, è infatti deceduto, e occorre trovare un sostituto al più presto. Alla lotta per il controllo di questo manufatto prendono parte diversi volti di questa enigmatica setta, ma a emergere sono soprattutto Elsa Bloodstone (Laura Donnelly), la cui famiglia è legata da tempo a questo manufatto, e Jack Russell (Gael Garcia Bernal), cacciatore avvolto nel mistero e afflitto da una maledizione. L’intreccio narrativo è facile da sbrogliare, e dopo pochi minuti risulta già abbastanza evidentemente dove Licantropus andrà a parare, ma la vera protagonista è l’atmosfera di cui è permeato il film.

Gli omaggi ai classici monster movie di quasi un secolo fa sono ben evidenti, e inoltre Licantropus non si fa scrupoli nel mostrare combattimenti e morti brutali, sfruttando con sapienza l’espediente del bianco e nero per evitare di mostrare il sangue (sia mai, qualcuno pensi ai bambini). Tecnicamente parlando, il film è godibile e fruibile con grande passione, riuscendo a dosare azione e riflessione senza far mancare l’aspetto horror, che in effetti i Marvel Studios stanno esplorando sempre di più negli ultimi tempi – Doctor Strange 2 è un altro facile esempio di questo. Horror che si percepisce nella costruzione dei momenti di tensione, nelle inquadrature, negli sguardi dei personaggi. Giacchino, prendendo esempio dai classici del passato, confeziona un prodotto che funziona in ogni aspetto, facendo inoltre assaporare allo spettatore la giusta tensione di fronte ai momenti critici.

Elsa e Jack, in particolare, sono lo specchio di questa tensione continua, tra mostri assetati di sangue e labirinti nei quali si ritrovano. Lei, fredda e determinata, sembra l’opposto di lui, più solare e apparentemente inesperto di fronte a queste minacce, eppure nulla, in Licantropus, è come sembra. Non parliamo di clamorosi stravolgimenti o colpi di scena imprevisti, sia chiaro. Forse risulta in questo il solo punto debole di Licantropus, quello cioè di non aver voluto fino in fondo sorprendere lo spettatore. La sceneggiatura, tuttavia, si dimostra solida, e riesce ad approfondire i giusti personaggi che tengono in piedi il racconto, evitando di perdersi in chiacchiere con i volti minori.

Non manca qualche gustoso riferimento ai fumetti, come l’inclusione di Man Thing (in effetti, questo era l’unico modo per introdurre una creatura così particolare), e non è da escludere che in futuro sentiremo nuovamente parlare di Elsa Bloodstone e Jack Russell. Per il momento, comunque, il loro è un racconto a sé stante, un’operazione perfetta nelle intenzioni e nella realizzazione, che al contrario di quasi tutte le serie dei Marvel Studios non si perde in momenti tediosi e brodaglie allungate per riuscire a rispettare le ferree regole della TV.

Scritto da
Andrea "Geo" Peroni

Entra a contatto con uno strano oggetto chiamato "videogioco" alla tenera età di 5 anni, e da lì in poi la sua mente sarà focalizzata per sempre sul mondo videoludico. Fan sfegatato della serie Kingdom Hearts e della Marvel Comics, che mi divertono fin da bambino. Cacciatore di Trofei DOP.

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