Home Cinema Resident Evil: la serie tv Netflix di cui nessuno sentiva il bisogno | Recensione

Resident Evil: la serie tv Netflix di cui nessuno sentiva il bisogno | Recensione

Se volete vedere un bel prodotto adrenalinico con gli zombie, guardate All of Us are Dead.

Se volete sentir parlare di conflitti tra sorelle, guardate Arcane.

Se volete immergervi nel mondo di Resident Evil… beh, giocate un Resident Evil.

La nostra recensione della serie TV Netflix Resident Evil potrebbe anche finire qui, con questi brevi e concisi consigli. Se siete però curiosi di approfondire, e avete bisogno di qualche argomentazione in più per comprendere come mai questo nuovo prodotto della piattaforma di streaming non ci ha convinti, allora leggete pure i prossimi paragrafi: tranquilli, non ci saranno spoiler.

Resident Evil: la trama della serie Netflix tra stereotipi e inconcludenze

La buon vecchia cara Netflix non naviga proprio in acque limpide e serene ultimamente. Di certo nemmeno i vari tentativi di adattare il mondo videoludico di Resident Evil per farlo approdare in quello cinematografico e delle serie tv hanno avuto particolare successo, ma probabilmente il punto più basso l’abbiamo raggiunto proprio con questa nuova proposta di luglio 2022.

La serie tv chiamata semplicemente Resident Evil è costituita da 8 episodi da un’oretta scarsa l’uno, che faticano ad intrattenere a causa di una resa visiva davvero poco accattivante, dei personaggi macchietta e una trama che fa acqua da tutte le parti. Non c’è davvero nessun guizzo di originalità in ciò che vediamo a schermo, e anche quei pochi tentativi di dare un’anima a questo prodotto vengono inevitabilmente spazzati via da una sceneggiatura pigra, vista e rivista, e da scelte narrative davvero al limite del ridicolo.

Perché sì, insomma… l’aggiunta di canzoni da teen drama per sottolineare lo stato d’animo dei personaggi, con tanto di lyrics a tema, quasi ci ha fatto pensare ad una macabra parodia di High School Musical, piuttosto che a un adattamento di Resident Evil.

https://www.youtube.com/watch?v=uIdjcDTc9Vk

Ma veniamo alle note più dolenti, che non riguardano gli effetti speciali o la personalità così totalmente generica dell’intero prodotto: i personaggi e la trama. L’intera narrazione è suddivisa su due piani temporali differenti, che si alternano costantemente dal primo all’ultimo episodio: l’ambientazione nei giorni nostri è dedicata al racconto del passato delle due protagoniste, le sorelle Jade e Billie Wesker, mentre il loro presente è in realtà l’anno 2036. Scopriamo così i pregressi dell’apocalisse zombie e l’adolescenza delle due, ma al contempo seguiamo Jade nella sua vita da adulta, in un mondo ormai contaminato dal virus.

Wow”, alcuni di voi potrebbero pensare. Peccato che questo espediente non sia utile alla comprensione dell’intreccio ma anzi, contribuisca a creare dubbi e a spezzare il ritmo, rendendo il tutto davvero poco intellegibile senza creare alcun tipo di particolare colpo di scena (sono prevedibili). È solo… confusionario.

È vero che la saga videoludica di Resident Evil non offre esattamente le trame più credibili e realistiche mai scritte, ma qui siamo proprio su un altro livello. Verso il finale, tutto succede così a caso da strappare qualche risata (altro che thriller o horror).

La linea temporale “passata”, quella che racconta quindi l’apparente vita normale delle due sorelle, risulta nel suo complesso più interessante e convincente di quella post-apocalittica, che invece soffre di una protagonista che vorrebbe essere il simbolo di un women power che in realtà si basa sul nulla. Jade e i pochi personaggi che le girano attorno sono mal caratterizzati e poco interessanti. Non c’è pathos, non c’è ansia, non c’è il senso di pericolo costante che dovrebbe caratterizzare il genere. C’è un po’ di gore, quello sì, e abbiamo apprezzato.

Non approfondiremo ulteriormente gli altri personaggi, il cast non è ricchissimo. Tra tutti spiccano Albert Wesker (Lance Reddik), padre delle due sorelle (la sua storia è a dir poco improbabile) e la melliflua Evelyn (Paola Núñez), a capo della Umbrella.

Quanto Resident Evil c’è nel prodotto Netflix?

La risposta è poco. Forse niente. E non è nemmeno il problema più grave, alla fine. Paradossalmente questo Resident Evil potrebbe infatti venire più apprezzato dai non fan del franchise videoludico, che è vero, si perderebbero i riferimenti e le strizzatine d’occhio ma eviterebbero di sentirsi in qualche modo offesi da un prodotto così manchevole.

I riferimenti al Virus T, ai personaggi storici del franchise e alla Umbrella sono parecchi, ma nonostante ciò la serie non ha nulla a che fare con lo spirito originario dei videogames. Difficilmente riusciamo a parlare anche solo di “ispirazione”, perché molti di questi elementi sono stati snaturati o inseriti a caso, in un fanservice poco riuscito.

Gli zombie non sono affatto il centro della narrazione, le ambientazioni non sono interessanti ma risultano anch’esse stereotipate e prive di anima, così come i personaggi. Saltano fuori nomi noti, nemici noti, ma a che pro?

Peccato anche per alcuni infetti giganteschi, che avrebbero potuto dare quel quid in più almeno alle situazioni più concitate, ma che in realtà non rappresentano alcun reale pericolo. La protagonista è praticamente immortale, o una gran fortunella. Di chi muore ci frega meno di zero, visto che li abbiamo conosciuti da letteralmente una manciata di minuti.

La serie Netflix Resident Evil è un esperimento mal riuscito sia per i fan del franchise, sia presa in sé e per sé, volendo ignorare i riferimenti ai videogames. Una tamarrata priva di fascino e priva di una vera idea alla base, incapace di creare un intreccio anche lontanamente interessante o adrenalinico. La cosa più spaventosa che ci presenta è il finale aperto: non sia mai che decidano di realizzare un seguito.

 

 

Scritto da
Chiara Ferrè

Ciao, sono Chiara. Cresciuta a pane, Harry Potter e Final Fantasy, ho da sempre una grande passione per la narrazione in tutte le sue forme. Cerco campi di battaglia, magici cappelli, lucertoloni volanti. Ho una penna e non ho paura di usarla.

2 Commenti

  • Sono d’accordo. Ho staccato all’episodio 4. Mi hanno dato fastidio i dialoghi tra le due sorelle: inverosimili sia nel passato che nel presente.

  • Posso dire che la delusione è stata grande anche per me. A un certo punto sembrava che stessi guardando uno di quei film drammatici da teenager. Ho interrotto a metà del primo episodio. Tutto troppo lento, noioso e sinceramente questi salti temporali non hanno fatto altro che peggiorare la visione rendendo la storia poco fluida! Davvero un peccato!

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