Nel mondo dei videogiochi, successo e insuccesso sono due facce della stessa medaglia. Ogni anno il mercato viene inondato da titoli di ogni genere, alcuni destinati a entrare nell’immaginario collettivo e altri, invece, a svanire rapidamente tra scaffali e cataloghi digitali. Non sempre un flop commerciale coincide con un gioco mediocre: anzi, spesso dietro a vendite deludenti si nascondono produzioni ambiziose, idee innovative e persino capolavori di nicchia che non hanno trovato il pubblico giusto al momento giusto. Il mercato, d’altronde, è spietato: bastano una campagna marketing mal gestita, un lancio affrettato o la concorrenza di un titolo più atteso per condannare un progetto costato anni di lavoro e milioni di dollari.
Negli ultimi anni non sono mancati esempi clamorosi: giochi che, sulla carta, avevano tutto per sfondare — grafica all’avanguardia, nomi di richiamo dietro allo sviluppo, promesse di rivoluzionare un genere — e che invece hanno visto le aspettative sgretolarsi di fronte ai numeri delle vendite. Altri, invece, sono stati frutto di scelte e concezioni difficili da comprendere, con le aziende che si sono ritrovate tra le mani grossi guai da gestire.
Questo articolo vuole ripercorrere alcuni di quei casi emblematici: i flop commerciali più discussi e sorprendenti degli ultimi anni di questa generazione attuale. Non per celebrare i loro fallimenti, ma per capire cosa non ha funzionato, quanto hanno influenzato gli studi di sviluppo e cosa ci insegnano sul delicato equilibrio tra creatività, mercato e tempismo nel mondo del gaming.
E attenzione, non si parlerà tanto di grandi delusioni in fatto di aspettative (ne avevamo parlato qui), ma di veri e propri flop commerciali che hanno portato, in alcuni casi, a conseguenze disastrose. Presto vedrete di cosa parliamo…
Babylon’s Fall
Babylon’s Fall è stato un live service a dir poco clamoroso. Clamoroso in negativo, naturalmente.
Un titolo che sicuramente non ha bisogno di presentazioni, né dal punto di vista del gameplay né tantomeno per quello che riguarda il pensiero della critica e del pubblico. Babylon’s Fall rappresenta indubbiamente il disastro videoludico-mediatico più rilevante del 2022, e una vera e propria macchia sul curriculum di Platinum Games. A confermare le impressioni pessime ci aveva pensato Square Enix, che nel febbraio 2023, appena un anno dopo l’uscita, chiuse per sempre i server di questa robaccia. Un fallimento dal quale non si salva davvero nulla.
Saints Row
Ancora oggi mi chiedo cosa ci trovassero alcuni giocatori nel reboot di Saints Row al punto da dire “almeno è divertente”. Non solo la storia e i personaggi erano imbarazzanti, ma anche a livello di gameplay non c’è davvero niente di divertente. Perché a quel punto, se dobbiamo usare questo metro di paragone, persino Goat Simulator diventa un gioco imperdibile.
Saints Row ha provato a riavviare un franchise nel peggior modo possibile: facendogli perdere tutta la sua folle identità. Un meritatissimo disastro commerciale, anche se dispiace per la chiusura conseguente degli sviluppatori finiti in quel fallimentare conglomerato di Embracer che non ne ha imbroccata quasi nessuna.
Forspoken
Al pari di Saints Row, anche Forspoken di Square Enix è stato accusato di essere un videogioco woke slop. A dire il vero, buona parte dei videogiochi in questa lista sono stati additati dalla comunità anti-woke come fallimento proprio a causa di questa filosofia. Ma siamo sicuri che la causa sia aver inserito donne mascolinizzate o pronomi? Non ne sarei così sicuro.
Nel caso di Forspoken, poi, parliamo di una sorta di tech demo spacciata per immensa produzione tripla A di Square Enix. Niente di più lontano dalla realtà: un mondo spoglio e privo di interesse, che lo hanno condannato all’oblio. È stato un flop? Beh, ha solo portato Square a chiudere lo studio di sviluppo e a rinunciare definitivamente (e finalmente) al Luminous Engine, quindi sì, lo è stato.
Gotham Knights
Non siamo di fronte a nulla di paragonabile a Batman Arkham, ma neppure niente di così disastroso a livello qualitativo. Il problema vero di Gotham Knights è l’aver voluto cambiare in corsa la sua natura live service multiplayer, con la conseguente incapacità di WB Montreal di trovare un’efficace quadratura del cerchio, oltre comunque a una serie di altri problemi.
Gotham Knights, semplicemente, è un gioco carino da giocare, ma niente di più. A livello commerciale, invece, è stato un tonfo quasi epocale per DC – ma tranquilli, c’è chi ha fatto peggio.
Redfall
Parlo in prima persona: non ho mai capito la natura di un gioco come Redfall, che voleva palesemente ricalcare la componente casual di un Far Cry a discapito di quello che Arkane ha sempre fatto al meglio, cioè titoli con un design intricato e spettacolare. Come temevo, un floppone. Ma floppone grosso. Il primo grande tonfo di ZeniMax da molti anni, proprio nel momento in cui Xbox voleva tirare fuori gli artigli. Persino Phil Spencer è arrivato a scusarsi per lo stato in cui venne lanciato.
Il fatto è che poi Redfall è andato talmente male da portare Microsoft a chiudere il team di Arkane Austin, responsabile di questo suicidio creativo. Se Deathloop ci aveva conquistati solo poco tempo prima, Redfall era crollato sotto il peso di aspettative che comunque, perlomeno da parte mia, erano basse già in partenza.
Dustborn
Il director Ragnar Tørnquist assicura che Dustborn non è stato un flop, ma basta farsi un giro su SteamDB per rendersi conto che si tratta semplicemente di dichiarazioni di facciata per nascondere una verità evidente e tutti: è un gioco nel quale non ha funzionato nulla.
Dustborn, da molti etichettato come videogioco propagandistico woke ben prima della sua uscita, aveva fatto parlare di sé quando addirittura l’Unione Europa aveva deciso di co-finanziare il progetto. Forse il flop del videogioco dimostra che ormai il pubblico, di qualsiasi genere e identità, è arrivato al punto di detestare forzature che hanno come unico scopo la propaganda fine a sé stessa. Ne riparleremo tra poco.
Prince of Persia: The Lost Crown
Un insuccesso totalmente immeritato. Prince of Persia: The Lost Crown è un metroidvania action molto interessante, sicuramente lontano dalla grande saga delle Sabbie del Tempo che Ubisoft propose ormai più di 20 anni fa, ma comunque capace di farsi valere. Almeno ai voti della critica, perché i risultati commerciali sono stati devastanti.
È sempre un peccato quando un gioco non riesce a raccogliere quanto meriterebbe, e forse The Lost Crown è quello che in questa lista si avvcina di più al concetto di insuccesso immeritato. Ubisoft si è detta scontenta delle vendite, e probabilmente ci siamo giocati un potenziale sequel. Va detto, comunque, che questo Prince of Persia è uscito in un momento storico nel quale tutto quello che porta il marchio Ubisoft viene praticamente boicottato a prescindere, quindi non è neanche colpa sua.
Unknown 9: Awakening
Un flop tale da portare Bandai Namco ad annullare completamente i piani per il futuro del franchise, con Awakening che resterà quindi l’orribile primo e unico capitolo di Unknown 9.
Lo studio Reflector Entertainment, poco dopo l’uscita di questo abominio, ha annunciato la fine del franchise Unknown 9. Lo studio era stato acquisito da Bandai Namco nel 2020 proprio per lavorare sull’IP crossmediale, che avrebbe dovuto espandersi con almeno due sequel, fumetti, romanzi e web series. Non vedremo assolutamente nulla di tutto questo: il flop ha costretto Reflector a effettuare dei tagli al personale e rivedere i piani futuri. Se non altro, lo studio è ancora in vita, ma lavorerà a un’IP già esistente di Bandai Namco.
Dragon Age: The Veilguard
Qui siamo dalle parti del disastro del Titanic: BioWare è la nave, Veilguard l’iceberg contro il quale si è scontrata. Lo studio sotto il controllo di Electronic Arts ha partorito un gioco di ruolo tutto sommato buono nelle meccaniche ludiche, ma distrutto dall’infarcitura di messaggi politici casuali e mal contestualizzati che hanno allontanato molte persone. Non si tratta di boicottare l’inclusività; semplicemente, occorrono modi e tempi giusti per promuoverla.
Veilguard è stato un pesantissimo flop per EA, ma la cosa bella sono le scuse che il colosso americano ha cercato di accampare. Andrew Wilson, CEO di EA, ha ad esempio affermato che l’insuccesso di Veilguard deriva dal fatto che il gioco non è un live service, come inizialmente invece doveva essere. Sì, è sicuramente quello il problema…
MindsEye
A volte, molte volte, anticipare i tempi di una release si rivela essere un guaio. Sinceramente, non sappiamo se altri 6 mesi di sviluppo avrebbero salvato MindsEye, ma mamma mia che obbrobrio di gioco.
Questo mezzo clone di Grand Theft Auto che ha cercato però di virare verso un titolo maggiormente al servizio della storia, a conti fatti, ha fallito su tutta la linea: acerbo, graficamente arretratissimo, generalmente imbarazzante. Ed è fatto da ex membri di Rockstar Games, dunque non gli ultimi arrivati. Lo studio Build a Rocket Bay è stato subito colpito da forti licenziamenti, con il CEO Benzies che addirittura ha parlato di sabotaggi e giochi di potere che hanno danneggiato MindsEye. Sì, certo.
Suicide Squad: Kill the Justice League
Suicide Squad è davvero la quintessenza della noia. I fan di Rocksteady aspettavano da anni un seguito di Arkham Knight, o comunque un titolo che rimettesse in mostra la bravura di questo team che per ben 9 anni non ha pubblicato nulla. E invece, Suicide Squad: Kill the Justice League è tutt’altro: un titolo multiplayer live service con Deadshot, Harley Quinn e vari altri personaggi, contraddistinto dall’anonimato totale in quasi tutte le sue forme, cercando di rielaborare formule alla Destiny 2 come struttura ma senza riuscire ad azzeccare quasi nulla.
Molti hanno poi visto il trattamento di alcuni personaggi come irrispettoso nei confronti di una serie come Arkham amata da tutti (anche se la storia post-lancio ha sistemato parecchi problemi), ma è stata sicuramente una strana direzione da prendere per l’ArkhamVerse. Anche il gameplay ha lasciato molti giocatori delusi, con l’esperienza che richiedeva un’enorme quantità di grinding e non offriva niente di originale. Un flop commerciale pesantissimo, per una Warner che credeva, non si sa perché, moltissimo in questo progetto.
MultiVersus
Intanto che ci siamo, un altro live service di Warner. MultiVersus, picchiaduro brawler basato sulle IP di Warner sullo stile di Smash Bros. di Nintendo, è uno dei pochi giochi ad aver avuto due chance e ad averle fallite entrambe: venne lanciato in beta, i giocatori si allontanarono in massa dopo pochissimo tempo, venne chiuso per poi riaprire più di un anno dopo, e per essere di nuovo chiuso dopo poco tempo.
In realtà, è difficile dire cosa davvero non andasse in MultiVersus, un gioco che poteva ritagliarsi una piccola nicchia di utenti. Di fronte a questa chiusura così affrettata, l’unica spiegazione che ci siamo dati è che Warner avesse prospettive di profitti completamente irrealizzabili, cosa che ha condannato molte altre aziende e altri studi in questi ultimi anni. Insieme a Suicide Squad, è il responsabile di perdite per centinaia di milioni di dollari.
Skull and Bones
Skull and Bones. Ci sarebbe da parlare per ore e ore di cosa non va in questo titolo. Un prodotto tutto sommato capace di farsi apprezzare da una piccola schiera di utenti, ma impresentabile per molte ragioni. Una di queste è l’essere arrivato più o meno con 5 o 6 anni di ritardo.
10 anni circa di sviluppo per creare un gioco povero, talmente povero di meccaniche e dinamiche apparentemente fondamentali da apparire come un normalissimo MMO free to play infarcito di microtransazioni. Skull and Bones non è stato minimamente in grado di catturare nuovamente l’attenzione dei fan di Black Flag, neppure con la promessa che sarebbe stato il primo progetto AAAA dell’azienda francese. È scomparso dalle cronache del web in pochi giorni – e noi siamo tra coloro che più hanno trovato pregi, rimasti comunque confinati alla mediocrità. Un tonfo galattico per le casse di Ubisoft.
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Concord
Qui è proprio come sparare sulla croce rossa. Concord è stato un fallimento totale dal punto di vista commerciale, mentre la critica, in qualche modo, ha concordato (ah ah…) sul fatto che il gioco possedesse alcune basi interessanti, anche se già viste in mille altre occasioni. Ma il vero problema è stato il disinteresse totale da parte della community – e a questo ci aggiungiamo un certo boicottaggio per la presenza, a dire il vero minuscola, dei pronomi che tanto hanno dato fastidio a molti.
Nel giro di pochi giorni, dopo ben otto anni di sviluppo e, si vocifera, 400 milioni di dollari di budget, è accaduto l’impensabile: gioco chiuso per studiare vie alternative, sviluppatori incapaci di trovarle, e così Sony chiude anche Firewalk. Che oggi, appunto, non esiste più, e il nostro pensiero va anche e soprattutto ai poveri dipendenti che per anni e anni hanno lavorato a un progetto nato e pensato molto male, con scarsissima visione sul futuro e ancor meno lungimiranza da parte dei dirigenti Sony della passata gestione.
Final Fantasy XVI
Chi scrive, pur riconoscendone tutti i limiti sul fatto ad esempio che la componente ruolistica sia stata quasi del tutto abbandonata, ha tuttavia apprezzato Final Fantasy XVI. Ciò non toglie comunque, come detto, tutti i suoi difetti, così come il fatto che si sia rivelato essere un flop bello pesante per le tasche di Square Enix.
Girovagando in rete, non si capisce quasi nulla del suo budget produttivo: c’è chi parla di appena 59 milioni di dollari, e chi invece parla di quasi 300 milioni – il producer Yoshida aveva dichiarato che SE avesse stanziato un budget enorme per il progetto, dunque fatichiamo a credere alla prima ipotesi. Comunque, il dato oggettivo è che Final Fantasy 16 è andato male. Ha venduto poco su PS5, dove era esclusiva temporale; è andato maluccio su Steam; quest’anno è stato poi lanciato su Xbox, registrando vendite sostanzialmente insignificanti. Un altro gioco che, in casa Square Enix, fallisce tutte le aspettative.
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