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[Recensione] Call of Duty: Black Ops Cold War

Quello di Black Ops Cold War, a giudicare dalle notizie che hanno invaso internet sin dall’estate dello scorso anno, deve essere stato uno sviluppo inteso come “corsa contro il tempo”. Se i report che la stampa specializzata ha gettato in rete sono esatti, e numerose prove sembrano dimostrare che è così, Treyarch (insieme a Raven, per la prima volta nella storia del franchise indicato come co-sviluppatore del progetto) ha avuto meno di 2 anni per creare da zero il nuovo sparatutto della serie Call of Duty, impresa quasi disperata considerando che da alcuni anni la rotazione imposta da Activision consentiva circa 3 anni di sviluppo a ogni software house.

E invece lo studio di Santa Monica, che con Black Ops 4 ha perso un po’ di lucidità – probabilmente anche a causa di questo “imprevisto”, ossia lo sviluppo frettoloso del nuovo gioco – ha dovuto rimboccarsi le maniche e darsi da fare, smontando l’idea di Sledgehammer Games che non piacque ad Activision e costruendo, insieme appunto a Raven, un’esperienza tutta nuova in poco tempo. La risposta si chiama Black Ops Cold War, quello che potremmo definire come un usato sicuro, se ci passate il termine. Invece di pensare a un reboot o a una IP completamente inedita, Treyarch, visti anche i tempi a disposizione, decide di restare nel suo più riuscito franchise, tornando però sui propri passi. Stop a gadget futuristici, il setting è quello della Guerra Fredda, lo stesso che rese glorioso il ciclo vitale dell’indimenticabile Call of Duty: Black Ops di cui questo nuovo Cold War è una sorta di sequel. Non mancano, ovviamente, le classiche modalità multiplayer e Zombies, un marchio di fabbrica di Treyarch, anch’esse, chi più e chi meno, rivisitate e adattate al nuovo modo di intendere Call of Duty. La corsa contro il tempo di Treyarch ha funzionato? Ne parliamo qui oggi, nella nostra recensione di Call of Duty: Black Ops Cold War.

Versione provata: PS4 Pro.

BLACK OPS: BACK IN TIME

Una volta riusciti a superare il fastidiosissimo bug che impedisce di utilizzare un controller wireless su PS4 per proseguire la campagna single player (per fortuna esiste una soluzione abbastanza semplice, ma è la riprova di un elemento di cui discuteremo successivamente) veniamo travolti da un mare di ricordi, che riaffiorano sempre più col proseguire della storia. Treyarch, per questo nuovo Black Ops Cold War, ha optato per un vero e proprio ritorno al passato, che non si riferisce solamente al contesto storico di ambientazione della produzione – è il primo “passo indietro” nel franchise di Black Ops, che torna all’epoca della Guerra Fredda tra USA e URSS già esplorata nel primo capitolo della serie – ma anche alla struttura di una storia da vivere in primissima persona e che punta su un effetto sorpresa che ci ha fatto tornare alla mente le magnifiche sequenze di Mason e Woods all’epoca del primo Black Ops.

In effetti, gli sviluppatori hanno scelto non tanto di seguire il realismo che Infinity Ward ha voluto imprimere alla sua campagna single player di Modern Warfare, un concentrato di sequenze crude e che mostravano gli effetti della guerra da tutti i lati. No, Treyarch ha optato per tornare a fare quello che sa fare meglio, ossia puntare sull’effetto sorpresa e dare in pasto al giocatore un vero e proprio thriller politico e di spionaggio che fa eco a tante pellicole cinematografiche di Hollywood, un settore nel quale la serie ha sempre brillato. C’è il contesto storico giusto, quello di un conflitto tra USA e URSS che ha originato infinite, e talvolta fantasiose, storie intorno a operazioni segrete, esperimenti indecifrabili, complotti e molto altro ancora. Ci sono i personaggi, da quelli ben noti e amati come Woods e Mason a carismatiche nuove figure come Adler, il cui passato è tutto da scoprire in questa nuova storia. Ci sono le esplosioni, i frenetici scontri a fuoco, le sequenze adrenaliniche, le letali sezioni da svolgere in totale silenzio, i colpi di scena.

Gli ingredienti per rendere la campagna di Black Ops Cold War intrigante al punto giusto sono amalgamati senza troppe sbavature, lasciando il fianco forse a qualche contenuto secondario di poca importanza. Una delle novità più pubblicizzate nel corso della campagna promozionale è stata la possibilità di scoprire alcune vie extra per così dire nel percorso narrativo, sequenze della storia che offrono uno scorcio più ampio su ciò che è la campagna ma totalmente secondarie ed evitabili. L’ultima parola non è stata usata senza cognizione di causa: nel caso in cui non siate maniaci del completismo, non troviamo molte motivazioni alla ricerca e al completamento di tutti gli obiettivi secondari, che non sono altro che un modo neanche troppo ispirato per allungare un brodo, la campagna single player, che si attesta come sempre su una durata di circa 5 ore. Il vero motivo per rivivere la storia potrebbe invece essere quello di scoprire tutti i finali alternativi, alcuni dei quali davvero sorprendenti – anche se, essendo il gioco incastrato all’interno di un contesto storico realistico e di un franchise che ha già esplorato più epoche successive alla Guerra Fredda, potrete immaginare facilmente che non tutti i finali sono da considerarsi come canonici ovviamente. La cosa toglie un po’ di pathos, un po’ di immersione nella storia che viene raccontata, ma se non altro è interessante seguire tutti i filoni che Treyarch ha preparato.

Ciò che aumenta il legame del giocatore con la storia è inoltre il vero protagonista di tutto questo, che è come se fossimo noi. Un soldato semplice, un uomo qualunque che ha però un enorme scopo come scopriremo mano a mano che ci avviciniamo al gran finale. Colui che impersoniamo non è un grande eroe di guerra o un esemplare di carne da macello inviata in un punto qualsiasi del mappamondo per risolvere un conflitto. La possibilità di interagire con gli altri personaggi della storia, come Adler e Hudson, amplia inoltre la rosa di caratterizzazione del protagonista. Altra novità riguarda infatti l’HUB tra una missione e l’altra dove siamo chiamati ad esaminare nel dettaglio tutti gli indizi raccolti ed eventualmente tornare sui nostri passi se notiamo che è stato scoperto qualcosa di nuovo. Insomma, qualche novità qua e là, qualche enigma da risolvere che mette (un minimo) in azione il cervello, e che intervalla l’azione veloce e frenetica di COD.

Il problema nasce semmai quando consideriamo la campagna nel suo insieme, e cioè come un’ennesima riconferma e riproposizione di meccaniche già viste e riviste in più occasioni non solo nella serie di Call of Duty. Le varie aggiunte, come le citate missioni secondarie, sono qualcosa che avevamo già visto all’epoca di Infinite Warfare. Le missioni “alternative”, come una serie di compiti da portare a termine in un particolare ed evocativo edificio della campagna, sono pur sempre ottime e forse sono anche uno dei momenti più riusciti della storia nonostante i ritmi lenti. Il fatto è che la campagna di Black Ops Cold War, in fin dei conti, non offre davvero nulla di innovativo, o per il quale si dica che vale la pena acquistare il gioco per viverla, e questo rappresenta un passo indietro da un Modern Warfare che aveva cercato (e trovato) una via diversa, più matura se vogliamo per rappresentare la guerra.

Se a questo ci aggiungiamo vari problemi tecnici che affliggono il gioco – il già citato bug del controller PS4 che ha dell’incredibile, ma possiamo citare anche degli evidentissimi problemi all’IA nemica e soprattutto a quella alleata che offre quasi sempre il peggio di sé, con NPC che si piazzano esattamente davanti a voi mentre state sparando e provocano il game over per fuoco amico costringendovi a ripetere la sezione – capirete che la campagna di Black Ops Cold War non è certo il modo migliore per consigliare a un giocatore l’acquisto del titolo. Si tratta, come purtroppo capita da molti anni a questa parte, di un contenuto che oseremmo definire extra, qualcosa che esula dall’intera anima del gioco. Un buon esercizio di storytelling e rappresentazione con un graditissimo ritorno al passato della serie, questo sì, ma niente di più.

LA GUERRA CHE FU, OGGI

Il primo impatto che si ha di fronte al comparto multigiocatore di Black Ops Cold War è quello di essere tornati nel passato, in quel glorioso passato di Treyarch per il feeling e la struttura del gameplay sui primi due capitoli della serie Black Ops. Torna il classico sistema delle classi con un’arma primaria e una secondaria, entrambe peraltro dotate di numerosissimi accessori (scelta ottima ripresa da Modern Warfare), gli slot per l’equipaggiamento tattico e letale, le 3 specialità e lo slot inoltre per un’abilità a discrezione del giocatore, che può essere ad esempio una mina anti-uomo o una torretta di contraerea utilissima per abbattere gli UAV che sicuramente sorvoleranno la zona dopo pochi secondi dall’inizio di una partita.

Il feeling con le armi è molto buono (i fucili da cecchino in particolare hanno recuperato lo smalto di un tempo), il time to kill e i suoni sono scelti adeguatamente e non rischiano di provocare i fastidiosi effetti visti al lancio di Modern Warfare dove era sostanzialmente impossibile sperare di non essere sentiti o di rispondere al fuoco nemico, e le mappe (poche a dire il vero, solo 9 al momento) hanno un design intrigante e variegato, tra ambientazioni più o meno riuscite che riescono comunque a bilanciare tra scontri a medio, corto e lungo raggio con continuità. Eppure, il multiplayer di Black Ops Cold War è ben lontano dal ritenersi perfetto.

Oltre a una serie di bug che ancora una volta, dopo la campagna, affiggono anche il comparto multiplayer (così come Zombies), i giocatori che si addentrano nei frenetici scontri di Black Ops Cold War devono da subito fare i conti con sbilanciamenti importanti nelle armi e nel design delle classi, e con scelte che non convincono ancora oggi dopo più di una settimana passata a testare a fondo il gioco. Il caso della mitraglietta MP5 è emblematico: arma disponibile sin da subito, estremamente performante, con un rateo di fuoco clamoroso che, abbinato alla potenza, la rendeva l’arma definitiva quasi addirittura sul lungo raggio, dove in certi casi e con i giusti accessori era inarrestabile. L’arma è stata recentemente nerfata, dunque Treyarch ha riconosciuto di avere alcuni problemi, ma gli sbilanciamenti sono ancora tanti. Armi come il fucile M16 o l’AUG sono una sicurezza totale nell’affrontare un conflitto a fuoco – a patto di avere una buona mira, unico requisito necessario per vincere con armi di questo tipo – e questo spinge molti giocatori a restare in disparte per cercare di sorprendere coloro che utilizzano le bocche da fuoco più potenti. Negli scontri ravvicinati anche i fucili a pompa, in particolar modo l’Hauer, sembrano impotenti di fronte a queste armi, poiché difficilmente eliminerete con solo colpo del canna liscia e il suo lento rateo di fuoco certo non aiuta.

Il risultato è che tantissimi giocatori, oggi, finiscono con l’utilizzare sempre le solite armi, un problema che Treyarch purtroppo ha sempre avuto e che qui viene accentuato da un’altra componente che non abbiamo compreso pienamente. I giocatori, tramite una particolare Wildcard (che fanno il loro ritorno), hanno la possibilità di equipaggiare addirittura 6 specialità, diventando con la combinazione giusta delle macchine inarrestabili – Antischegge ad esempio è a dir poco fondamentale, in quanto riduce quasi del 75% gli effetti di una granata esplosiva – ma anche in questo caso non è chiaro cosa abbia spinto Treyarch a creare un dislivello tale tra le Specialità 2 e 3, con la prima di esse che risulta quasi completamente superflua e con la seconda che è invece fin troppo ricca di possibilità fondamentali, specialmente in partite competitive come Cerca e Distruggi.

Un vero peccato dover evidenziare questi problemi in un titolo che chiaramente ha cercato di proporre un lavoro fresco con il sapore del passato, ma se non altro sappiamo che le cose cambieranno – i bilanciamenti sono già all’ordine del giorno, a pochi giorni dal lancio – e che altri cambiamenti invece convincono. L’idea di ristrutturare il sistema delle scorestreaks, che ora funzionano con un timer di ricarica dopo essere state utilizzate e che permettono di accumulare punti anche dopo essere stati eliminati (molti, molti più punti saranno necessari, ovviamente), ha limitato la presenza continua di elicotteri, armi letali sul campo di battaglia e molto altro. Di contro, i giocatori, che hanno capito che ottenere le ricompense più elevate è difficile, rispondono equipaggiando continuamente UAV e contrattacchi UAV, il che forse rovina un po’ i piani degli sviluppatori che speravano di variegare la scelta.

Un buco nell’acqua, almeno per il momento, è rappresentato dalla modalità Assalto, una modalità su larga scala che fa il filo alla Guerra Terrestre di Modern Warfare e che riporta in scena ancora una volta i mezzi armati, che anche stavolta sono un oggetto di forte dibattito. Per quale motivo un giocatore dovrebbe scegliere di non restare a bordo di un carro armato per più tempo possibile, anche a costo di non puntare per forza gli obiettivi della partita? Per nessuno, poiché il carro armato è un concentrato di potenza e precisione che devasta senza troppi problemi tutti coloro che si parano di fronte ad esso. Certo, può essere inteso come una scelta realistica, il problema è che in un multiplayer frenetico, rapido, veloce e senza esclusione di colpi come Call of Duty, tutto ciò non ha senso.

IL RITORNO DEI NON-MORTI

Con la Guerra Fredda e Treyarch tornano anche gli Zombies, una delle modalità secondarie più riuscite della storia di Call of Duty e che da molti giocatori viene considerato il pacchetto forte dell’esperienza. Per questo nuovo capitolo, gli sviluppatori hanno deciso di fare, ancora una volta, un passo indietro da Black Ops 4, amato/odiato (soprattutto la seconda cosa) per il suo stravolgimento nel sistema di gameplay di Zombies. Su Cold War si torna infatti al classico sistema dei perk acquistabili presso i distributori, a meccaniche familiari ma che vengono a loro volta approfondite e variegate legandole a doppio filo al comparto multiplayer. Ciò indica una perdita di identità? Vediamo nel dettaglio cosa accade.

Vi avvisiamo, non ci dilungheremo eccessivamente sulla disamina della modalità Zombies, già approfondita sufficientemente in un articolo dedicato che potete recuperare cliccando qui. È d’obbligo però raccontare quanto basta della nuova esperienza, per darvi modo di capire cosa accade a coloro che si imbattono per la prima volta in Black Ops Cold War Zombies.

Quella che ha inizio su Die Maschine, la prima e finora unica mappa della modalità Zombies del gioco, è in qualche modo una diretta conseguenza di ciò che è accaduto sulla serie Black Ops fino agli eventi di Tag der Toten, che nel 2019 hanno chiuso definitivamente la storia Etere e la vita dei personaggi da tanti amati. Ora, con questo nuovo capitolo, si apre una sorta di gigantesca Fase 2 di quella storia, nella quale assistiamo alle conseguenze della discesa dell’universo nell’Etere Oscuro. Scopriamo infatti che i nazisti prima e i russi poi hanno cercato di sfruttare un’antica struttura tedesca, nota un tempo come Nacht der Untoten, per alcuni esperimenti sulla fisica quantistica, che hanno portato alla formazione di portali misteriosi che sembrano condurre a un’altra dimensione. Nel 1983 l’area di contenimento di questo progetto, chiamato Endstation, viene violata, e questo costringe la squadra di Grigori Weaver e Samantha Maxis (eccola, è proprio lei) a mettersi in moto per cercare un modo di contenere la fuga dei non-morti e soprattutto chiudere un portale che rischia di liberare gli effetti devastanti dell’Etere Oscuro sul mondo.

Partendo dalla vecchia ambientazione di Nacht der Untoten, Die Maschine amplia – neppure troppo, ma ne siamo felici dato che le mappe Zombies troppo grandi non sono una gran sicurezza di perfezione, anzi… – l’area che tutti conosciamo con un bunker sotterraneo e alcuni metri quadrati visitabili all’esterno dell’impianto, e naturalmente non mancano le immancabili wonder weapon, segreti e easter egg tutti da scoprire (in realtà il main easter egg è già stato risolto, e qui potete leggere e guardare la nostra guida completa). Detto così, sembra che la modalità Zombies non sia cambiata di una virgola, e invece Black Ops Cold War ha introdotto diversi e importanti cambiamenti. Gli zombie, ad esempio, lasciano spesso cadere a terra strumenti che possiamo utilizzare presso i tavoli da lavoro, questa volta ripensati rispetto al passato e dedicati alla costruzione di equipaggiamento come granate tattiche e addirittura killstreak prese direttamente dal multiplayer, come un elicottero d’assalto che può aiutarvi a sbrogliare una situazione troppo problematica. È stata inoltre introdotta una meccanica di rarità delle armi, che, alla stregua di un Fortnite, consente di variegare più o meno con costanza la bocca da fuoco utilizzata senza particolari limitazioni – anche se, in fin dei conti, troverete come sempre il setup che offre il maggiore rendimento, in particolare l’arma speciale RIP Shockwave abbinata a una Ray Gun o al sorprendente fucile a pompa Gallo S12.

La modalità funziona come sempre a ondate infinite di zombie (è però possibile richiedere un’estrazione rapida per ottenere alcune ricompense tra cui ulteriori Cristalli di Aetherium per potenziare le abilità, a patto di riuscire a eliminare tutti gli zombie in zona), ma appunto, come vi abbiamo appena detto, sono state applicate diverse funzioni del multiplayer. Oltre a quelle già citate, abbiamo scordato di parlare dei personaggi giocabili, che qui non sono più particolari volti creati appositamente per questa modalità ma che sono invece anonimi soldati che si rivelano essere gli stessi operatori del multiplayer. Nulla a che vedere insomma con il carisma di Richtofen & Co. dei precedenti titoli, e la mancanza di personalità, almeno per ora, si fa vedere. Zombies ha, secondo noi, la possibilità per esprimersi in un modo nuovo ma allo stesso tempo famigliare, ma solo il tempo ci dirà se la scelta di Treyarch di puntare su questo ecosistema condiviso con il multiplayer si rivelerà essere riuscita oppure no.

Sempre per il lato Zombies, segnaliamo il ritorno di Dead Ops Arcade, con la terza iterazione della serie arcade. Come già accaduto su Black Ops III, con DOA2, anche qui ci troviamo di fronte a un twin stick shooter con visuale dall’alto e decisamente impegnativo, con inoltre varie nuove meccaniche, funzionalità e simpatiche trovate, tra cui l’inclusione di un bonus che trasforma la visuale in prima persona – feature recuperata dalle custom map realizzate dagli utenti nel corso degli anni sulla serie Black Ops. Come sempre, DOA3 è una bella sorpresa e un ulteriore modo per variare l’offerta. Stessa cosa si potrebbe dire per la modalità Zombies Carneficina, attualmente disponibile esclusivamente su PS4 e PS5 e che sarà disponibile sulle altre piattaforme solo dal novembre del 2021. In Carneficina, due giocatori subiscono per così dire gli effetti dell’Etere Oscuro che fa sentire le sue anomalie in alcune delle mappe multiplayer del gioco, con meccaniche simili a quelle che troviamo in Die Maschine ma, in questo caso, con una sopravvivenza più concentrata e senza dover pensare a troppe questioni come armi speciali, easter egg e così via. Anche in questo caso, come per DOA3, una modalità che può contribuire ad aumentare la longevità del gioco, anche se a dire il vero non ci ha sorpreso più di tanto.

PUNTI DI FORZA

  • La campagna ha l’antico sapore di Black Ops
  • Multiplayer funzionale…
  • Modalità Zombies interessante e rinnovata

PUNTI DEBOLI

  • Troppi, troppi bug
  • … ma con alcune (tante anzi) scelte che non convincono
  • I contenuti non sono molti (per ora)
  • Graficamente, un passo indietro da Modern Warfare

Call of Duty: Black Ops Cold War lo fa capire sin da subito, da quando abbiamo iniziato a scorgere le prime notizie e immagini di questo progetto: si tratta di un titolo che ha fatto il più possibile per essere qui, nel poco tempo che gli è stato messo a disposizione. Probabilmente tra 12 mesi, quando si concluderà il ciclo vitale del gioco e con il lancio di COD 2021, lo sparatutto di Treyarch e Raven sarà molto cambiato e tanti dei suoi problemi saranno risolti, e forse ci ritroveremo di fronte a un gioco completamente diverso sotto certi aspetti. Per ora, però, i problemi sono tanti. Se la scelta di optare per un ritorno al contesto della Guerra Fredda e a un certo modo di raccontarla è stata da noi premiata, così come la scelta di rinnovare una modalità Zombies prigioniera di sé stessa soprattutto su Black Ops 4, non possiamo fare a meno di evidenziare grossi problemi con il bilanciamento generale del multigiocatore, con la scarsità di mappe (una scelta però fatta in previsione delle Stagioni) e con un preoccupante numero di bug che rovinano l’esperienza, alcuni dei quali davvero incomprensibili. La strada da fare per migliorare, per Black Ops Cold War, è tanta. Se non altro, il gioco riesce nel suo classico intento di intrattenere e divertire, e questo già è un buon punto di partenza per mettere una pezza laddove ci sono evidenti problemi.

Ringraziamo Activision Italia per il codice review di Call of Duty: Black Ops Cold War.

Scritto da
Andrea "Geo" Peroni

Entra a contatto con uno strano oggetto chiamato "videogioco" alla tenera età di 5 anni, e da lì in poi la sua mente sarà focalizzata per sempre sul mondo videoludico. Fan sfegatato della serie Kingdom Hearts e della Marvel Comics, che mi divertono fin da bambino. Cacciatore di Trofei DOP.

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