She’s Leaving è il titolo di debutto di Blue Hat Studio, uno studio indipendente che ha deciso di entrare nel mondo dei survival horror con un’idea tanto semplice quanto ambiziosa: mettere il giocatore nei panni di un analista forense. In un genere spesso dominato da soldati, civili armati o personaggi dotati di abilità fuori dal comune, la produzione sceglie un approccio più realistico, puntando su vulnerabilità, investigazione e tensione psicologica.
Fin dal primo trailer, il gioco è riuscito ad attirare l’attenzione grazie a un’atmosfera cupa e opprimente. La location principale, avvolta da neve e silenzio, trasmette immediatamente un senso di isolamento e pericolo imminente. Non si tratta solo di un luogo spaventoso da esplorare, ma di uno spazio che sembra custodire una verità oscura, pronta a emergere pezzo dopo pezzo. È proprio questo mix di mistero, realismo e horror a rendere She’s Leaving interessante fin dal primo sguardo.
Sarà quindi riuscita questa opera prima ad entrare nel pantheon del genere? Scopriamolo insieme all’interno della nostra recensione.
Versione provata: PlayStation 5
Analizzare la trama
La storia di She’s Leaving ruota attorno a Charles Dalton, un analista forense specializzato nello studio delle tracce ematiche. Egli viene inviato nella remota regione innevata di Haywood per indagare sulla scomparsa di diverse persone. Ben presto tuttavia, le varie prove sembrano convergere verso un unico luogo: la Tudor Mansion, una grande e decadente dimora che diventa il fulcro dell’intera indagine.
Una volta varcata la soglia della villa, il gioco chiarisce subito una cosa fondamentale, ossia che Charles non è solo. A differenza di molti survival horror, la minaccia non è soprannaturale. Non ci sono mostri, creature mutate o presenze demoniache. Il pericolo è umano, concreto e per questo ancora più inquietante: un presunto serial killer, principale sospettato della sparizione delle vittime.
Il gioco si concentra in particolare sull’ultima persona scomparsa, una giovane donna, e costruisce la narrazione attorno alla ricostruzione degli eventi che hanno portato alla sua sparizione. La storia non viene mai raccontata in modo diretto o invasivo, ma si sviluppa gradualmente attraverso l’esplorazione e l’osservazione. Analizzare una macchia di sangue, leggere un appunto lasciato in una stanza o ascoltare le conversazioni radio con il partner di Charles contribuisce a ricomporre il quadro generale.
Questo approccio funziona molto bene e rende il giocatore parte attiva dell’indagine. Ci si sente davvero nei panni di un investigatore che cerca di comprendere cosa sia successo, piuttosto che di un semplice spettatore. A rafforzare ulteriormente la narrazione contribuisce un buon lavoro di doppiaggio, credibile e ben interpretato, anche se occasionalmente alcune battute cercano di alleggerire la tensione in modo un po’ forzato.
Nel complesso, la storia rappresenta uno dei punti di forza di She’s Leaving: non rivoluzionaria, ma sufficientemente coinvolgente da spingere il giocatore ad andare avanti e a voler scoprire la verità nascosta tra le mura della Tudor Mansion.
Prova a prendermi
Il gameplay di She’s Leaving si distingue principalmente per l’uso di vere pratiche forensi. Il giocatore è chiamato ad analizzare le tracce di sangue presenti nell’ambiente, identificandone la tipologia e la dinamica. Ogni scelta influisce sulla progressione narrativa e sul dialogo con il partner di Charles.
Indovinare la risposta corretta restituisce una notevole soddisfazione, perché dà l’impressione di aver realmente compreso cosa sia accaduto sulla scena del crimine. Al contrario, sbagliare porta all’accumulo di Brain Fog, una meccanica che rappresenta il senso di colpa e lo stress professionale del protagonista. Quando il livello di Brain Fog aumenta, Charles si muove più lentamente, riflettendo il suo stato mentale confuso.
Sulla carta, si tratta di un’idea interessante, ma nella pratica risulta poco incisiva. Il Brain Fog svanisce troppo rapidamente, riducendo l’impatto delle scelte sbagliate. Una gestione più severa di questa meccanica avrebbe potuto aumentare la tensione e rendere ogni decisione più significativa, oltre a incentivare la rigiocabilità.
Al di fuori delle indagini forensi, il gameplay diventa purtroppo piuttosto ripetitivo. Gran parte del tempo viene spesa alla ricerca di chiavi e combinazioni per aprire porte e casseforti, seguendo una struttura che ricorda i classici survival horror come Resident Evil 2. Tuttavia, in She’s Leaving questo sistema è utilizzato in modo eccessivo: circa l’80% della progressione si basa su questo schema, che finisce per risultare stanco e poco creativo.
A complicare le cose c’è la presenza costante del serial killer, che pattuglia i corridoi della villa. Inizialmente la sua presenza è davvero inquietante e costringe il giocatore a pianificare attentamente i propri spostamenti. Con il passare delle ore, però, il nemico perde gran parte del suo impatto. Il suo comportamento non evolve mai e le interazioni si riducono sempre allo stesso schema, ossia fuggire o usare il taser per stordirlo temporaneamente.
L’assenza di variazioni, nuove abilità o sorprese rende il killer più un ostacolo fastidioso che una vera minaccia, spezzando parte della tensione che il gioco riesce a costruire nelle fasi iniziali.
Stato dell’arte
Dal punto di vista artistico, She’s Leaving svolge un ottimo lavoro nel creare un’atmosfera coerente e opprimente. La Tudor Mansion è un ambiente ben progettato, ricco di stanze anguste, corridoi silenziosi e dettagli inquietanti. L’ambientazione innevata esterna rafforza il senso di isolamento e contribuisce a rendere il mondo di gioco credibile e immersivo.
Tecnicamente, il titolo non punta a stupire, ma si mantiene su un livello più che discreto. Le animazioni sono funzionali, senza particolari picchi qualitativi, mentre il comparto sonoro gioca un ruolo fondamentale nel mantenere alta la tensione. I rumori ambientali, i passi lontani e le comunicazioni radio contribuiscono a creare un costante senso di allerta.
Il doppiaggio, come già accennato, rappresenta un valore aggiunto importante, rendendo i personaggi più credibili e aiutando l’immersione narrativa.

Riassunto
Riassunto
She’s Leaving è un survival horror che punta tutto su un concept originale e realistico. Le meccaniche forensi e la storia ben raccontata riescono a distinguere il titolo dalla massa, soprattutto per chi è appassionato di true crime e investigazioni. Tuttavia, un gameplay ripetitivo e poco rifinito ne limita il potenziale, impedendogli di raggiungere livelli più alti. Ciononostante, la produzione dimostra che Blue Hat Studio ha idee valide: con una maggiore cura nell’esecuzione, il futuro dello studio potrebbe riservare sorprese ancora più interessanti.
- Valutazione6.5




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